Fisco e contabilità

L’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani con delibera comunale richiede le quantità

Senza la specifica illegittima la decisione dell’ente locale

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di Luigi Lovecchio

La deliberazione comunale di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani è illegittima se non contiene anche l'indicazione delle quantità massime assimilabili. In tal caso, al contribuente spetterà l'esonero dalla tassa, laddove dimostri quali sono le superfici ove i rifiuti sono prodotti nonché la corretta gestione degli stessi. La conferma giunge dalla Cassazione, nell'ordinanza 32603/2021.

La Corte ricorda innanzitutto la differenza tra recupero di rifiuti assimilati agli urbani e produzione di rifiuti speciali. Nel primo caso si avrà diritto a una riduzione della quota variabile della tariffa, proporzionale alle quantità avviate al recupero, nel secondo caso spetta invece un abbattimento della superficie imponibile. A quest'ultimo riguardo, la pronuncia segnala che nella Tia (articolo 49, Dlgs 22/1997) la quota fissa di tariffa, essendo riferita ai costi generali del servizio, resta dovuta anche sulle superfici produttive di rifiuti speciali. Non è così, tuttavia, nella Tari, poiché la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 649, legge 147/2013, stabilisce chiaramente che le aree che producono rifiuti speciali non si considerano ai fini del tributo, senza distinguere tra quota fissa e quota variabile.

Fino alla fine dello scorso anno, i Comuni avevano il potere di assimilare i rifiuti delle attività economiche, speciali per natura, ai rifiuti urbani. Allo scopo, occorreva attenersi ai criteri qualitativi stabiliti nella delibera interministeriale del 27 luglio 1984 che indicava le tipologie di sostanze assimilabili. La delibera comunale doveva inoltre indicare i limiti quantitativi massimi di rifiuti assimilati che il servizio pubblico era in grado di gestire, fissati sulla base delle capacità tecniche del servizio stesso.

Sul punto, la Cassazione ha dunque confermato che, in assenza dell'assimilazione quantitativa, la delibera locale è illegittima e va dunque disapplicata dal giudice. Gli effetti di tale disapplicazione, sempre secondo l'opinione della Corte, non consistono nell'automatica esenzione delle aree utilizzate dall'impresa. Occorre infatti che il contribuente dichiari le superfici esenti e dimostri che su di esse si formano prevalentemente rifiuti speciali. L'operatore economico deve altresì provare la corretta gestione dei rifiuti speciali.

In realtà, una volta che sia accertato che la delibera comunale è illegittima, se ne dovrebbe concludere che la totalità dei rifiuti dell'impresa è speciale, poiché gli operatori commerciali per definizione non producono rifiuti urbani. Ne consegue che l'unica prova cui il produttore sarebbe tenuto riguarda le modalità di gestione degli stessi.

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