I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

L’autotutela diventa obbligatoria

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di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

Il decreto attuativo della delega fiscale (legge 111/2023), relativo alle modifiche allo statuto del contribuente (legge 212/2000), Dlgs 219/2023 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2024, ha modificato la disciplina dell’autotutela degli atti tributari, disciplina già da tempo presente nelle norme riguardanti i provvedimenti amministrativi (articolo 21-nonies della legge 241/1990).

In particolare, il nuovo articolo 10-quater dello statuto disciplina l’esercizio del potere di autotutela obbligatoria da parte dell’amministrazione finanziaria, mentre il successivo articolo 10-quinquies quello di autotutela facoltativa.

In base alle nuove norme introdotte nell’articolo 1 dello statuto dal Dlgs 219/2023, le disposizioni in materia di autotutela sono obbligatorie per l’amministrazione finanziaria, mentre valgono come norme di principio per le regioni e gli enti locali nell’adeguamento dei rispettivi ordinamenti. Tuttavia, il comma 3-ter dell’articolo 1 chiarisce che i medesimi soggetti, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono prevedere garanzie per il contribuente inferiori a quelle assicurate dalle citate disposizioni dello statuto, ma solo stabilire eventualmente livelli di tutela ulteriori.

Come è noto, l’autotutela costituisce un potere discrezionale per le amministrazioni pubbliche, da esercitarsi, con riferimento a provvedimenti amministrativi viziati, sulla base della valutazione dell’interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell’atto. Anche nell’ordinamento tributario la Corte di cassazione ha sempre affermato che l’esercizio di tale facoltà sia discrezionale; tuttavia, il Governo, nell’attuazione della delega fiscale, ha ritenuto che tale orientamento non tenga in debita considerazione la peculiarità del rapporto tributario che afferisce a diritti soggettivi, fondato sull’articolo 53 della Costituzione. Per tali motivi, ha introdotto la previsione dei casi in cui l’esercizio di tale potere sia obbligatorio, in buona sostanza riprendendo le casistiche già previste dal Dm 37/1997, attuativo della previgente disciplina dell’autotutela contenuta nell’articolo 2-quater del Dl 564/1994, contestualmente abrogata dal Dlgs 219/2023. L’articolo 10-quater stabilisce, infatti, che l’amministrazione finanziaria procede ad annullare d’ufficio, quindi anche senza istanza di parte, gli atti impositivi o rinuncia all’imposizione, nei seguenti casi in cui l’atto è manifestatamente illegittimo: errore di persona; errore di calcolo; errore sull’individuazione del tributo; errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziari;, errore sul presupposto dell’imposta; mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti; mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza. Si tratta delle stesse casistiche previste dal Dm 37/1997 (eccetto la doppia imposizione e la sussistenza dei requisiti per deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi precedentemente negati; mentre è previsto in più l’errore sull’individuazione del tributo). L’esercizio dell’autotutela obbligatoria è possibile anche nel caso di pendenza di giudizio o di atti definitivi (inoppugnabili per scadenza dei termini), mentre l’obbligo non ricorre nel caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione (senza limitare più la fattispecie alle sole sentenze di merito e non anche a quelle meramente procedurali, come aveva ritenuto la giurisprudenza), ovvero qualora sia trascorso un lasso di tempo congruo che la norma individua in un anno dalla mancata impugnazione dell’atto viziato. Ciò in quanto il legislatore, in questo caso, valuta che il consolidamento della posizione tributaria faccia ritenere prevalente l’interesse pubblico alla conservazione del credito e, quindi, il principio costituzionale del pareggio di bilancio, rispetto a quello di ripristino della legalità nel rapporto tributario. La norma, inoltre, circoscrive l’ambito della responsabilità dell’amministrazione finanziaria, nelle valutazioni prese in merito all’autotutela, ai soli casi di dolo e non anche di colpa grave, come prevede normalmente la norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 20/1994 per la responsabilità amministrativo-contabile.

L’articolo 10-quinquies si occupa, invece, dell’autotutela facoltativa, evidenziando la facoltà ma non l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di intervenire sugli atti viziati anche in presenza di cause di illegittimità dell’atto o di infondatezza della pretesa diverse da quelle che danno origine all’autotutela obbligatoria. Vi rientrano, quindi, tutte le casistiche previste dal Dm 37/1997 non contemplate dall’articolo 10-quater, come la valutazione sui requisiti per beneficiare di deduzioni o detrazioni, in precedenza negate. Anche in questo caso non costituisce un limite all’esercizio del potere di autotutela la presenza di un giudizio o la definitività dell’atto. Pur se in tale fattispecie non vengono richiamati i limiti temporali o di presenza di giudicato, previsti invece per l’autotutela obbligatoria. Si tratta comunque di una facoltà, quella dell’articolo 10-quinquies, che richiede una valutazione discrezionale dell’ente. Anche in questo caso opera la limitazione alle solo ipotesi di dolo della responsabilità connessa all’esercizio dell’autotutela.

Da rilevare che il Dlgs 220/2023, di riforma del contenzioso sempre in attuazione della delega fiscale, prevede la possibilità per il contribuente di impugnare, avanti al giudice tributario, il rifiuto espresso o tacito all’istanza di autotutela, nei casi di autotutela obbligatoria e quello espresso, nel caso di autotutela facoltativa (articolo 19, comma 1, lettere g-bis e g-ter, Dlgs 546/1992). Il ricorso avverso il diniego tacito è proponibile trascorsi 90 giorni dalla presentazione dell’istanza.

Si tratta di norme che, pur riprendendo in larga parte una prassi operativa presente negli enti locali anche prima della novella, dovranno essere recepite nei regolamenti comunali.

Da rilevare, infine, l’abrogazione dell’articolo 2-quater del Dl 564/1994. La norma, nei primi commi (1 e 1-bis) disciplinava il potere di autotutela, rimandando a un Dm, potere la cui applicazione negli enti locali era rimessa dal comma 1-ter ai propri ordinamenti. L’abrogazione travolge anche la disposizione che prevedeva che nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 doveva intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato. Tuttavia, c’è da ritenere che tale potere permanga ancora oggi nell’autotutela facoltativa (pur se, come è noto, la sospensione incide sull’obbligo di pagamento derivante dall’atto impositivo e non anche sui termini di impugnativa dello stesso). Viene meno anche la disciplina dell’annullamento parziale. L’annullamento dell’atto viziato, come evidenzia l’art. 10-quinquies, può essere sia totale che parziale, allorquando riguarda solo una parte, quella viziata, dell’atto impositivo. Il comma 1-sexies dell’articolo 2-quater oggi abrogato, preservava la facoltà del contribuente, nel caso di annullamento parziale, di avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l’atto oggetto di annullamento o revoca, alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto, purché rinunci al ricorso. Questo avveniva, ad esempio, nel caso di ricorso avverso un atto impositivo; l’ente impositore, qualora rilevava la fondatezza e, quindi, l’illegittimità di una parte dell’atto, poteva annullare parzialmente lo stesso, consentendo al contribuente di beneficiare, per le sanzioni correlate alla parte non annullata dell’atto, delle facoltà di riduzione ammesse dalla norma (eccetto l’articolo 17, comma 2, Dlgs 472/1997), normalmente precluse dalla presentazione del ricorso, previa rinuncia alla prosecuzione del giudizio. Inoltre, viene abrogata anche la norma che vieta l’impugnazione dell’annullamento (comma 1-octies), pur se si tratta di un principio, nel caso dell’annullamento parziale, più volte ribadito dalla giurisprudenza.

(*) Vice presidente Anutel

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https://www.anutel.it/iniziative/Formazione_OIV.aspx