I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

L’impatto del collegio consultivo tecnico negli appalti pubblici

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di Gianluca Russo (*) – Rubrica a cura di Anutel

Seppur sorto in carenza di una specifica direttiva europea, il Dlgs n. 36/2023, ha in ogni caso aperto definitivamente le porte ai principi generali, caratterizzanti l’essenza della nuova materia dei contratti pubblici.

Quelli del nuovo codice, mirano non solo ad orientare l’interpretazione e l’applicazione delle singole disposizioni ma fungono da veri e propri “garanti” anche in termini di efficienza dei correlati procedimenti amministrativi.

Risultato, fiducia, accesso al mercato, possono a pieno titolo, essere considerati dei veri “principi-valori” in quanto aperti a una pluralità indeterminata di applicazioni.

Il primo, come noto, prevede che l’affidamento e l’esecuzione del contratto debbano avvenire con la massima tempestività e poter garantire il miglior rapporto qualità prezzo.

Nell’alveo dello stesso, il legislatore in una logica “deflattiva del contenzioso” e quindi di estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto, ha riformulato l’istituto del collegio consultivo tecnico (Cct) conformandolo a rimedio stragiudiziale di carattere generale.

Non a caso, lo stesso (già temporaneamente introdotto per i lavori, con gli articoli 4 e 5 Dl n. 76/2020 in novella del Dlgs n. 50/2016) oggi disciplinato negli articoli 215-219 del Dlgs 36/2023, ha come obiettivo principale la risoluzione rapida delle eventuali controversie sorte durante l’esecuzione di appalti pubblici di rilevante importo.

Il collegio consultivo tecnico ispirato in sostanza ai modelli internazionali di Dispute Board, adottati con successo in progetti infrastrutturali di particolare complessità, si prefigge come obiettivo quello di evitare che eventuali contenziosi insorti tra committente e appaltatore, nell’esecuzione del contratto d’appalto, possano pregiudicare l’esecuzione tempestiva degli stessi e comprometterne appunto il risultato.

L’estensione obbligatoria (al di sopra della soglia dell’importo di 1 milione di euro), anche alle forniture di beni e servizi, rappresenta l’elemento che ha destato almeno in prima battuta, maggiori perplessità, poi però dissoltesi in divenire.

Esprime pareri o, in assenza di una espressa volontà contraria, adotta determinazioni aventi natura di lodo contrattuale ai sensi dell’articolo 808-ter del codice di procedura civile.

Le decisioni hanno carattere vincolante, consistono in determinazioni direttamente costitutive di diritti e obblighi in capo alle parti.

In altre parole, l’articolo 215, comma 2, Dlgs 36/2023, nel richiamare l’articolo 808 ter Cpc, impone che la costituzione del Cct dia l’avvio a un procedimento ad hoc destinato a sfociare in una decisione assimilabile a un lodo arbitrale irrituale.

L’inosservanza dei pareri o delle determinazioni dello stesso è valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali.

L’operatività, è strettamente relegata alla fase di esecuzione del contratto a differenza del parere di precontenzioso Anac, che, ai sensi dell’articolo 220, è invece deputato alla risoluzione di problematiche insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara.

Come spesso accade però, non sempre i buoni propositi si trasformano in concrete realtà e la chiave di lettura, è nella maggior parte dei casi da rinvenirsi nell’ostinazione ad averli.

Invero, a ormai un anno e mezzo dall’entrata in vigore del nuovo codice, le statistiche degli addetti ai lavori, fanno registrare nell’utilizzo dell’istituto in questione, un impatto poco significativo in termini di “alleggerimento” del contenzioso.

L’eventuale inosservanza degli obblighi contrattuali derivanti dalla determinazione avente valore di lodo (articolo 808 ter Cpc) postula, seppure in seconda battuta, un giudizio ordinario da incardinarsi dinanzi al giudice ordinario, con conseguente frustrazione del carattere deflattivo di cui lo stesso dovrebbe esserne appunto intriso.

Anche la sola funzione consultiva, sembra svilirne la sostanza, almeno in termini di effettivo impatto sull’economia complessiva della procedura di gara.

Apprezzabile invece, la poliedricità del Cct che può, come sopra descritto, sia assumere la veste di organo consultivo tecnico, con effetto di moral suasion (e come tale insuscettibile di dar luogo a inadempimento), sia di collegio arbitrale irrituale.

Possiede in ogni caso, il potenziale per diventare un pilastro fondante nella modernizzazione del sistema degli appalti pubblici e se opportunamente rivisitato, potrebbe migliorare l’efficienza e la trasparenza del settore, contribuendo in tal modo a recuperare la fiducia degli operatori economici e dei cittadini nel sistema degli appalti pubblici.

Questa però si sa, non è cosa semplice, come dire che collegio a parte, la forma non è certo sostanza.

(*) Docente Anutel

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