I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

La distinzione «evanescente» tra alloggi sociali e meri alloggi

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di Domenico Occagna (*) - Rubrica a cura di Anutel

La sezione tributaria della Suprema Corte, con le ordinanze n. 6380 dell’8 marzo 2024, 14511 e 14515 del 23 maggio 2024 (Est. Dell’Orfano), ha ritenuto che, nonostante l’espressa previsione di una detrazione di duecento euro, anche gli alloggi degli enti di edilizia residenziale possano beneficiare dell’esenzione dall’Imu come alloggi sociali.

Con ciò ribaltando le conclusioni cui era precedentemente pervenuta con l’ordinanza n. 22954 del 27 luglio 2023 (Estensore Paolitto): «ne riesce, pertanto, evidente che - continuando a formar oggetto del trattamento di favore la detrazione di imposta prevista per gli “alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, (…) detta detrazione si pone in termini di incompatibilità con la riconosciuta esenzione”».

Il contenuto delle tre ordinanze

I tre provvedimenti, del tutto analoghi e sovrapponibili nel contenuto, premettono che non esiste alcuna «coincidenza tra gli immobili regolarmente assegnati dagli ex Iacp e gli “alloggi sociali”, atteso che il legislatore, nell'ambito del medesimo contesto normativo, ha disciplinato autonomamente e differentemente le due fattispecie» e ribadiscono la necessità di interpretare in modo restrittivo le norme agevolative.

Ne conseguirebbe che «sono esenti dal pagamento non tutti gli alloggi Iacp ma solo quelli che abbiano le caratteristiche indicate nei parametri stabiliti dal decreto ministeriale del 22 Aprile 2008» e che «occorre, quindi, distinguere gli “alloggi sociali”, così come sopra definiti normativamente, dagli altri alloggi, siccome nella nozione di abitazione principale, per la quale è possibile applicare l'esenzione dell'imposta, vanno ricompresi anche gli immobili che, pur essendo di proprietà dell'ente, sono in sede di locazione destinati e inquadrabili tra gli alloggi sociali, in quanto idonei e volti a soddisfare la medesima finalità pubblica» (ordinanza Corte di cassazione 6380/2024).

Commento

L’analisi della normativa alla base delle tre ordinanze succitate e le relative conclusioni non appaiono persuasive e, stante la rilevanza anche economica della questione e il precedente di contenuto contrario, si auspica che la Suprema Corte riesamini e approfondisca ulteriormente la questione.

Va premesso che la detrazione di duecento euro è applicabile espressamente ai soli “alloggi regolarmente assegnati” (articolo 13, comma 10, Dl 201/2011 e articolo 1, comma 749, legge 160/2019). Va, dunque, esclusa la possibilità (vagheggiata da alcuni interpreti) che essa sia riferibile a eventuali unità abitative locate dagli enti a condizioni di libero mercato.

Ciò detto, l’alloggio sociale è definito come: «l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato» (articolo 1, comma 2, Dm 22/4/2008). Ma questa è, per l’appunto, la finalità istituzionale per la quale gli enti di edilizia residenziale pubblica (nel tempo, variamente denominati) sono stati creati sin dagli inizi del novecento. Se ci si limita a qualificare l’alloggio sociale sulla base di questa definizione e della sua finalità sociale deve necessariamente pervenirsi alla conclusione che non esistano alloggi degli enti di edilizia residenziale, effettivamente destinati a finalità istituzionali, che non abbiano tale qualità e, in quest’ottica, la legislazione del Lazio ha statuito espressamente che: «Per alloggi di edilizia residenziale pubblica (…) si intendono gli alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008» (articolo 1, comma 1-bis, legge 12/1999, aggiunto dall’articolo 9, comma 76, lettera a), legge Regionale 19/2022).

Va da sé che, se gli “alloggi regolarmente assegnati” fossero una mera species del più ampio genusalloggi sociali”, il rapporto tra norma di esenzione e di detrazione andrebbe necessariamente declinato in termini di specialità, con inevitabile incompatibilità della prima con la seconda. La tesi della compatibilità tra le due disposizioni postula, pertanto, la necessità di individuare delle caratteristiche distintive ulteriori, rispetto alla mera riconducibilità dell’alloggio all’edilizia sociale. Proprio il fallimento del tentativo di questa individuazione ne fa emergere l’intrinseca debolezza.

Quest’ultimo rilievo appare estensibile anche alle tre ordinanze della Suprema Corte succitate, le quali omettono di indicare le caratteristiche peculiari degli alloggi sociali che dovrebbero differenziarli dagli “altri alloggi” e che dovrebbero essere oggetto dell’accertamento dei giudici di merito. Solo nell’ordinanza 6380 è stato affermato che l’alloggio sociale «deve essere dunque “adeguato, salubre, sicuro e costruito o recuperato nel rispetto delle caratteristiche tecnico-costruttive indicate agli articoli 16 e 43 della legge 5 agosto 1978, n. 457” e “deve essere costruito secondo principi di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico, utilizzando, ove possibile, fonti energetiche alternative”, ed è altresì previsto quanto segue: “Nel caso di servizio di edilizia sociale in locazione si considera adeguato un alloggio con un numero di vani abitabili tendenzialmente non inferiore ai componenti del nucleo familiare - e comunque non superiore a cinque - oltre ai vani accessori quali bagno e cucina”» ma chi scrive non crede davvero che la Corte abbia inteso affermare che, a beneficiare della detrazione, siano al contrario gli alloggi inadeguati, insalubri, insicuri, sovraffollati e/o non realizzati a regola d’arte.

(*) Avvocato, docente Anutel

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