I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

La necessità della dichiarazione Tari per la riduzione delle superfici tassabili

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di Matteo Vagli (*) - Rubrica a cura di Anutel

La superficie da sottoporre a tassazione, per una utenza non domestica, è quella rilevata dalla planimetria catastale depositata dalla stessa parte con Docfa all’agenzia del territorio «dovendo ogni sua riduzione “passare” attraverso una dichiarazione che innesta un procedimento amministrativo funzionale all’accertamento della effettiva praticabilità della riduzione tariffaria, cosa che nella specie non è mai avvenuta».

È questa la sintesi del principio affermato dalla Corte di giustizia di secondo grado della Toscana con la Sentenza n. 209 del 19 febbraio 2025, con cui viene accolto il solo appello incidentale promosso dal Comune avverso la Sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente escludendo una parte della metratura soggetta a tassazione.

Il caso

La vicenda trae spunto da un ricorso presentato da una contribuente avverso un avviso di accertamento per omessa dichiarazione Tari relativo a un’utenza non domestica che svolge attività di ristorazione.

L’ente, a fronte della totale mancanza di alcuna dichiarazione da parte della contribuente, si è limitato a ritenere idoneo, quale base imponibile accertabile ai fini Tari, il dato presente in catasto partendo dall’assunto, più volte espresso dalla suprema Corte di cassazione (ad esempio sezione V, sentenza n. 16138 del 11 giugno 2024) secondo cui «Il presupposto impositivo della Tari è costituito dalla disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e (così) la tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con una presunzione iuris tantum di produttività che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell’area. Tanto le deroghe alla tassazione quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione. La causa di esclusione dell’obbligo del tributo è integrata dalle condizioni di obiettiva impossibilità di utilizzo dell’immobile, condizioni che non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente, e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo - com’è evidente - le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile».

Parte ricorrente, dal canto suo, ha contestato la legittimità dell’avviso di accertamento mettendo in evidenza, oltre al vizio di motivazione derivante dalla mera indicazione catastale, la minore metratura sulla quale sarebbe stata esercitata l’attività di ristorazione con particolare riguardo all’uso di porticati esterni che, a suo dire, sarebbero completamente esclusi dalla tassazione dal regolamento comunale.

Il giudice di prime cure, dopo aver nominato apposito Ctu per verificare la misurazione effettiva di tutto l’immobile, prendeva atto che le misure rilevate risultavano esattamente quelle descritte dall’ente nell’avviso di accertamento derivanti dalle risultanze catastali e non quelle, di gran lunga inferiori (circa la metà), asserite dal ricorrente.

Ciò nonostante, in maniera del tutto inaspettata, provvedeva ad accogliere parzialmente il ricorso in quanto dal Ctu era risultato un ipotetico utilizzo di un porticato di cui l’ente non avrebbe fornito adeguata prova.

Da qui è nato l’appello incidentale dell’ente (il ricorrente, da parte sua, ha proposto l’appello principale affidandosi agli stessi motivi, già bocciati in primo grado) teso a dimostrare l’errore del Giudice di primo grado sotto tre punti di vista:

1) Se la parte non assolve all’onere di preventiva informazione, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo. La denuncia (o variazione) assolve infatti alla finalità di portare a conoscenza dell’ente impositore quali sono i locali occupati o detenuti e quelli per i quali sussistono - secondo il contribuente - i requisiti della esenzione, così da consentire all’ente di avere un quadro completo della produzione di rifiuti sul territorio, del soggetto responsabile, e di avviare gli opportuni controlli nonché di organizzare la gestione del servizio; al tempo stesso essa integra la dichiarazione della volontà di avvalersi del beneficio per i locali indicati come superficie non tassabile. Per queste ragioni, la sua carenza non è emendabile se non per il futuro, e cioè con riferimento agli anni di imposta non ancora scaduti. Solo se il contribuente ha presentato la denuncia o la variazione, potrà integrare, in caso di contestazione, in via stragiudiziale ovvero anche in giudizio, la prova della effettiva destinazione dei locali (principio espresso dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 25435/2023)

2) In ogni caso, l’Ente non è tenuto a provare alcunché in quanto, ammesso e non concesso che fosse stato possibile dare una prova, questa era sicuramente a carico della contribuente e giammai dell’ente impositore in virtù del principio per cui le norme di esenzione non trovano mai immediata applicazione automatica se non dichiarata.

3) Nel caso in cui i precedenti punti non fossero stati presi in considerazione dal giudice [come successo in primo grado], dalla Ctu non risultava, comunque, una esclusione totale dell’utilizzo del porticato.

Il principio affermato dal giudice di secondo grado

Ebbene, a fronte delle tre eccezioni sollevate, la Corte toscana ha accolto pienamente l’appello incidentale proposto dal Comune accogliendo in toto i primi due motivi e ritenendo, comunque, fondato anche il terzo, ancorché inutile ai fini della decisione.

Si legge infatti che «Non è revocabile in dubbio, per l’esistenza di una copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità (peraltro gran parte di essa è stata prodotta dall’ente nelle proprie deduzioni) che l’area astrattamente assoggettabile al tributo Tari è esattamente quella individuata dall’Ente locale, dovendo ogni sua riduzione “passare” attraverso una dichiarazione che innesta un procedimento amministrativo funzionale all’accertamento della effettiva applicabilità della riduzione tariffaria, cosa che nella specie non è mai avvenuta».

Il Giudice di appello non ritiene corretto l’operato del giudice di prime cure nel momento in cui «l’unica riduzione dell’area assoggettabile al tributo è venuta dalla Autorità giudiziaria che, tuttavia, si è fondata su un rilievo del Ctu in ragione del quale non vi è prova di una destinazione continuativa e stabile di utilizzo del porticato all’attività di ristorazione».

La conclusione di questo ragionamento è che «il CTU non dubita di un tale utilizzo [del porticato, ai fini della ristorazione], ma si limita a dichiarare non provata la sua continuativa utilizzazione a tale scopo, il che avrebbe sì potuto implicare una eventuale riduzione tariffaria, purché il contribuente avesse innestato la procedura di cui sopra si è già fatto riferimento, il che, si ribadisce, è esattamente quello che non è accaduto nella specie […]. La decisione di primo grado pertanto va in parte qua riformata e va dichiarata legittima la pretesa originaria dell’ente locale».

In pratica, il giudice toscano fa proprio il principio espresso dalla Suprema corte secondo cui se non è stato avviato un procedimento amministrativo con una preventiva comunicazione o informazione all’ente circa la presenza di eventuali aree non tassabili, tale possibilità è preclusa all’autorità giudiziaria indipendentemente da ogni tipo di prova.

In altri termini, abbiamo una sorta, per così dire, di “effetto ghigliottina” per cui, a fronte di una mancata dichiarazione, ogni tipo ulteriore di ragionamento diventa precluso, superfluo ed inutile ai fini del giudizio.

Tradotto in termini operativi, ciò significa che, una volta emesso un Avviso di accertamento per omessa dichiarazione basato sulle semplici risultanti catastali di occupazione/detenzione dell’immobile, il contribuente non potrà più far valere in giudizio le proprie ragioni adducendo l’effettiva spettanza, anche se concreta e reale, della riduzione: di fatto, quindi, la dichiarazione diventa la “condicio sine qua non” per poter fruire di una diminuzione di superficie imponibile e la sua omissione non può essere sanata per le annualità passate, valendo soltanto per quelle future.

(*) Docente anutel

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