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La tassazione delle pertinenze alla luce del nuovo prospetto delle aliquote Imu

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di Matteo Vagli - Rubrica a cura di Anuel

Il Dm 6 settembre 2024, integrando e correggendo il precedente Dm 7 luglio 2023, ha dato efficacia, a partire dall’anno 2025, alla procedura prevista dai commi 756 e 757 della legge 160/19 che fino a ora era stata disattesa.

Mentre il comma 756 afferma il principio secondo cui gli Enti locali, in deroga alla loro potestà regolamentare (articolo 52 del Dlgs 447/1997) possono differenziare le aliquote Imu di cui ai commi da 748 a 755 «esclusivamente con riferimento alle fattispecie individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze», ponendo di fatto un limite esplicito alla loro autonomia impositiva, il comma 757 disciplina il percorso amministrativo da seguire per la corretta validità ed efficacia delle rispettive delibere di approvazione che deve passare necessariamente per l’applicazione presente nel Portale del federalismo fiscale.

Lo stesso ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), nel comunicato stampa del 28 novembre scorso, ha ricordato che «in considerazione dell’obbligo, a decorrere dall’anno d’imposta 2025, di adottare il prospetto delle aliquote dell’Imu, si ricorda che, in mancanza dell’elaborazione e della trasmissione dello stesso tramite l’apposita procedura informatica, si applicano le aliquote di base di cui ai commi da 748 a 755 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019. Si evidenzia che questa conseguenza riguarda anche il caso in cui il Comune abbia stabilito, nel rispetto dei requisiti previsti dal menzionato comma 755, l’aliquota dell’Imu oltre la misura massima dell’1,06 per cento (cosiddetta maggiorazione). Le aliquote di base continuano ad applicarsi sino a quando il Comune non approvi una prima delibera secondo le modalità sopra indicate».

Ciò significa che, se nel portale non si riesce a caricare una particolare aliquota con determinate caratteristiche, non è più possibile, per l’ente, deliberarla.

Molti Comuni si stanno accorgendo che alcune ipotesi prima previste non possono più essere replicate e, tra queste, si annovera la tassazione da applicare agli immobili che sono considerati pertinenza di altri immobili.

Le linee guida elaborate dal ministero citano al riguardo la “consolidata giurisprudenza” per giustificare l’eliminazione di questa possibilità di differenziazione.

Sotto questo punto di vista, a titolo esemplificativo, si può leggere l’ordinanza n. 17883 del 01-06-2022, della Corte di cassazione civile Sez. VI secondo la quale «la nozione di pertinenza ai fini della esclusione del relativo autonomo assoggettamento ad imposta, si fonda su un accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’articolo 817 del codice civile, ossia della destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra e su uno soggettivo, consistente nella volontà di dar vita a un vincolo di accessorietà durevole, restando peraltro irrilevanti le risultanze catastali, aventi una valenza meramente formale (per questa affermazione di principio si veda, tra altre, Sez. 5 -, Sentenza n. 27572 del 30/10/2018 Sez. 5, Sentenza n. 18470 del 21/09/2016)».

Nella medesima Ordinanza, la Corte ha chiarito anche la necessità di tenere conto, ai fini di una corretta valutazione della pertinenza sotto il profilo probatorio, «dell’ulteriore principio che ai fini dell’accertamento del vincolo di pertinenza e, quindi, dell’operatività del Dlgs. n. 504 del 1992, articolo 2, il contribuente è tenuto a dimostrate la sussistenza dei presupposti, oggettivo e soggettivo, di cui all’articolo 817 del codice civile, trattandosi di una deroga alla regola generale di imposizione (Cassazione n. 13606 del 2018; Cassazione n. 18470 del 2016)».

Tuttavia, la mancanza di un’autonomia impositiva per le pertinenze porta anche la Corte di cassazione a ritenere necessaria la dichiarazione quale elemento imprescindibile per fruire dell’esenzione, se collegata all’abitazione principale, o della aliquota agevolata, se correlata ad altro immobile.

Nella Sentenza n. 6281 del 2 marzo 2023, la Corte ha affermato che «al contribuente che non abbia evidenziato nella dichiarazione l’esistenza di una pertinenza non è consentito contestare l’atto con cui l’area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione, deducendo solo nel giudizio la sussistenza del vincolo di pertinenzialità (da ultimo, Sez. 5, n. 27573 del 30/10/2018, Rv. 650959 - 02; anche Sez. 6 - 5, n. 13017 del 24/07/2012, Rv. 623398, ed, in motivazione, tra le altre, Cass. n. 9790 del 2017; n. 2901 del 2017; n. 6139 del 2016; Cass. n. 25027 del 2009 e n. 19639 del 2009. […] Difatti, il vincolo di pertinenzialità è collegato a una precisa scelta del contribuente (il cosiddetto elemento soggettivo e, cioè, la scelta di destinare l’area a servizio dell’immobile principale), che deve essere necessariamente esplicitata per assumere rilievo. In altre parole, la dichiarazione/denuncia Ici, in ordine all’esistenza di un vincolo di pertinenzialità, assume non il valore di mera dichiarazione di scienza, ma (anche) di volontà, visto che il rapporto di pertinenzialità è collegato, oltre che all’elemento oggettivo e, cioè, alla destinazione durevole di un bene a servizio di un altro, in primo luogo a un elemento soggettivo ovvero a una scelta di destinazione – articolo 817 del codice civile - del proprietario dell’immobile o di chi abbia un diritto reale sul bene. Alle medesime conclusioni questa Corte è pervenuta anche con riferimento all’Imu (Sez. V n. 2143 del 24/1/2023, in cui si legge che “pur essendo venuto meno l’obbligo di dichiarazione Ici dal 18 dicembre 2007 …., ai sensi dell’ articolo 37, comma 53, del Dl n. 223 del 2006, convertito in legge n. 248 del 2006, questa disposizione espressamente ha previsto che restano fermi gli adempimenti attualmente previsti in materia di riduzione dell’imposta, sicché, ai fini dell’esclusione dell’autonoma imponibilità dell’area in esame, in quanto pertinenziale, è necessaria la specifica dichiarazione, da parte del contribuente, di tale qualifica”».

Stando, quindi, alla citata giurisprudenza di legittimità, la dichiarazione della pertinenza ha un effetto costitutivo ai fini dell’esenzione o della riduzione dell’aliquota da applicare e ciò che l’ente può e deve fare è soltanto verificare l’effettiva esistenza del vincolo di pertinenzialità, ovvero l’esistenza dei presupposti previsti dall’articolo 817 del codice civile dichiarati (e provati!) dal contribuente.

Ma, una volta che questi requisiti sono realmente esistenti, allora la tassazione dell’immobile pertinenziale deve essere la medesima di quello principale.

L’unica eccezione al principio sopra esposto può riguardare esclusivamente l’abitazione principale: in questo caso, infatti, è la legge stessa che, al comma 741, lettera b ultimo periodo, della legge 160/19, ha disposto il numero massimo di una unità di immobili per tipologia di classificazione in C2, C6 e C7 quale pertinenza dell’abitazione principale.

Ciò significa che se un soggetto ha una abitazione principale e due immobili classificati C2 dichiarati pertinenze dell’abitazione, su un immobile avrà diritto all’esenzione mentre sull’altro no; se invece i due immobili sono un C2 e un C6, allora entrambi possono essere considerati pertinenza dell’abitazione principale e non scontare il pagamento del tributo.

Al contrario, se un immobile, ad esempio dato in comodato d’uso, sconta una aliquota agevolata e questo immobile ha due pertinenze classificate C2 (anch’esse ovviamente rientranti nel contratto di comodato) entrambe le pertinenze scontano la tassazione dell’immobile dato in comodato senza possibilità per l’Ente di poter porre delle limitazioni quantitative o aliquote differenziate.

Nella realtà delle varie aliquote comunali, invece, accadeva che anche le pertinenze avessero una tassazione diversa o seguissero delle limitazioni quantitative così come accadeva per l’abitazione principale.

Ebbene, a partire dal prossimo anno, non sarà più possibile procedere a questa differenziazione in quanto questa ipotesi non è annoverabile nel portale del federalismo fiscale e, come tale, non può essere approvata dal Consiglio comunale, pena l’inefficacia della delibera stessa.

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