I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Le antenne di telefonia non sono un servizio pubblico

immagine non disponibile

di Alessandro Merciari (*) - Rubrica a cura di Anutel

Da diversi anni assistiamo ad una intricata vicenda che vede contrapposti gli interessi degli enti locali da quelli delle diverse società che installano le antenne di telefonia mobile. Tema molto importante, con risvolti delicati, sia per gli enormi benefici economici tratti dalle compagnie che sfruttano queste installazioni, sia per i sacrifici imposti alla salute dei cittadini che devono giocoforza convivere con queste infrastrutture posizionate su terreni e fabbricati del proprio comune.

È proprio in forza di questi due principi, il beneficio economico e il sacrificio imposto alla collettività, che i Comuni in questi anni hanno imposto agli operatori delle telecomunicazioni, obblighi economici compensativi di vario genere, stipulando concessioni-contratti per la posa in opera delle antenne. In questi contratti viene pattuito un canone di concessione/locazione adeguato ai valori di mercato, certamente diverso dalle tariffe previste dalle discipline della Tosap, del Cosap e ora del Cup, applicate alle sole occupazioni realizzate su aree appartenenti al patrimonio indisponibile dell'ente.

Complice una normativa sempre più orientata a tutelare la diffusione delle comunicazioni elettroniche, le varie compagnie telefoniche, da qualche tempo, hanno iniziato, in molte realtà del territorio nazionale, a disattendere agli impegni presi con le singole Amministrazioni locali, ritenendo di dover sottostare solo ed esclusivamente al versamento previsto dal comma 831-bis della legge 160/2019.

La posizione portata avanti da questi operatori, che si contrappone totalmente a quella condotta dai Comuni, si basa sul presupposto che le proprie occupazioni devono sempre essere considerate come effettuate su area appartenente al patrimonio indisponibile, proprio per la natura dell'occupazione stessa. In altri termini, anche il suolo appartenente al patrimonio disponibile dell'ente, nel momento in cui viene destinato ad ospitare un'antenna della telefonia, diventa indisponibile per destinazione del terreno all'espletamento di un servizio pubblico. Principio che ritroviamo espresso nell'articolo 826 del Codice civile che stabilisce a questo proposito: «…fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio».

Da questa totale contrapposizione di pensiero nasce un intricato contenzioso di difficile soluzione. Da una parte chi chiede che sia sempre applicata la disciplina privatistica prevista per le occupazioni realizzate su beni appartenenti al patrimonio disponibile, dall'altra chi invece vuole sempre applicata la norma speciale prevista per le occupazioni realizzate su beni appartenenti al patrimonio indisponibile.

La sentenza della Corte d'Appello di Venezia
In questo quadro di totale incertezza, arriva una sentenza della Corte d'Appello di Venezia che potrebbe far luce sulla vertenza. I giudici infatti hanno dovuto valutare la controversia proposta da un Comune del trevigiano che si era visto negare il versamento dei canoni di locazione pattuiti, ritenuti dalla compagnia telefonica, superati dal disposto della Legge 160 del 2019. Proprio l'effetto della contrapposizione spiegato pocanzi. I magistrati veneziani affrontano il tema ponendosi in un'ottica a sostanziale sostegno della posizione assunta dagli enti locali. Nella loro valutazione, infatti, hanno escluso che le antenne della telefonia mobile rappresentino un servizio pubblico. Da qui la considerazione che queste occupazioni saranno soggette al pagamento di canoni di locazione tutte le volte che insistono su aree appartenenti al patrimonio disponibile degli enti. Viene di fatto respinta e sconfessata la posizione delle compagnie che ritenevano di vedersi applicato, sempre, il Canone Unico Patrimoniale nella misura di 800 euro annuali, ritenendo che il suolo occupato dovesse, in ogni circostanza, essere considerato indisponibile per la destinazione a servizio pubblico a cui era destinato con l'atto di concessione.

I giudici invece hanno dato ragione al Comune, condannando i gestori delle antenne al pagamento dei canoni di locazione contrattualmente pattuiti, senza possibilità di vedersi applicato il canone unico patrimoniale. Una sentenza che in questi termini potrebbe aprire scenari importanti per i molti Comuni interessati alla vertenza.

Il quadro normativo

Nell'ambito della disciplina del Canone Unico, il Legislatore nel luglio 2021 ha introdotto, con la conversione in legge del Dl n. 77 una importante novità nella disciplina delle occupazioni realizzate dagli operatori che forniscono servizi di reti e infrastrutture di comunicazione elettroniche. Si tratta del comma 831-bis articolo 1 Legge 160/2019, con il quale si è chiuso il cerchio sulla disciplina delle occupazioni realizzate per i servizi di pubblica utilità.

Come noto, la nuova norma ha imposto l'applicazione della tariffa forfettaria per tutte le occupazioni realizzate da infrastrutture di comunicazione elettronica che non sono già attratte dalla previsione contenuta nel precedente comma 831.

La norma prevede: «831-bis. Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all'indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all'articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».

Da notare come il Legislatore scriva «…sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente...». Una definizione particolare che riconduce l'applicazione del canone a tutte le occupazioni realizzate nel territorio comunale. Come interpretare questa definizione? Si vogliono ricomprendere nel canone anche le antenne realizzate su beni appartenenti al patrimonio disponibile degli enti? O viceversa il legislatore ha voluto dare una indicazione generica lasciando fermi i presupposti che vogliono attratti nell'ambito del Canone Unico solo le occupazioni realizzate sul demanio e sul patrimonio indisponibile degli enti? Un bel rompicapo che si va ad inserire in una vicenda già molto intricata. Sulla questione si sono formate diverse visioni, anche se la più verosimile appare quella che vuole comunque rispettato il presupposto del Cup individuato al comma 819, escludendo così dall'ambito applicativo le occupazioni realizzate su aree appartenenti dal patrimonio disponibile, genericamente non attratte dal nuovo canone ma viceversa soggette alla normativa privatistica.

L'applicabilità del comma 831-bis si ritiene quindi riservata alle sole occupazioni realizzate sul patrimonio indisponibile degli enti, così come disposto dallo stesso comma 819 della Legge 160/2019. Presupposto legato poi, in materia di telecomunicazioni, all'articolo 93 del Dlgs 259/2003, ovvero al Codice delle comunicazioni elettroniche, che ha vietato ai Comuni e alle Province di gravare con ulteriori prestazioni patrimoniali autoritative gli impianti di comunicazione elettronica installati sul demanio e sul patrimonio indisponibile. Dettato che si pone in linea con la riserva di legge relativa di cui all'articolo 23 della Costituzione, in forza della quale ogni imposizione patrimoniale dev'essere presidiata da una fonte primaria che ne definisca «i presupposti soggettivi e oggettivi», pur potendo demandarsi alla regolamentazione secondaria la concreta attuazione del tributo.

In funzione di questa interpretazione, si devono definitivamente distinguere due ipotesi. La prima riguarda gli impianti di rete insistenti sul suolo pubblico demaniale o patrimoniale indisponibile in forza di una concessione amministrativa, cui oggi fa seguito l'imposizione del Canone Unico Patrimoniale, subentrato ai prelievi Tosap e Cosap. La seconda invece riguarda gli impianti che possono essere dislocati sul patrimonio disponibile degli enti locali previa stipulazione di locazioni e/o diritti di superficie regolati dalla disciplina civilistica.

I principi richiamati nella sentenza

I giudici della Corte d'Appello di Venezia ritengono che sia corretto richiedere il pagamento del Cup solo quando si realizzano sia requisiti soggettivi, sia oggettivi. Il fatto che nell'area concessa si realizzi un servizio di telecomunicazione non è questo di per sé motivo sufficiente per determinarne l'indisponibilità. Un'area destinata all'installazione della infrastruttura di telecomunicazione non sarebbe da valutare come destinata a servizio pubblico comunale e quindi, rientrerebbe automaticamente nel patrimonio disponibile dell'ente, ergo sarebbe naturalmente applicabile la normativa di diritto privato. In questo senso bene farà l'ente locale a continuare ad applicare un canone di locazione non trovando presupposto la disciplina del canone unico.

Per il giudice, infatti, la cessione in godimento a favore della società di gestione della rete di telefonia, al di là del nomen iuris che le parti abbiano dato al rapporto, viene ad inquadrarsi nello schema privatistico della locazione e pertanto il canone pattuito è pienamente legittimo ed esigibile.

I giudici chiariscono come l'installazione di un'antenna non possa ritenersi servizio pubblico in quanto, per il loro utilizzo, i consumatori pagano alle compagnie, delle tariffe soggette alla concorrenza di mercato. inoltre valutano, la manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale sull'area di concedere il suolo pubblico per l'installazione dell'infrastruttura, come soggetta al regime privatistico in quanto l'area viene distolta dalla propria funzione di soddisfacimento di un interesse pubblico.

Il fatto che le compagnie telefoniche svolgano la propria attività economica in un regime di libero mercato farebbe quindi venire meno la caratteristica di indisponibilità dell'area occupata.

Questo il principio fondamentale su cui si basa la sentenza. L'installazione di un'antenna di telefonia mobile su un terreno o un immobile pubblico, non rientra nel presupposto per l'applicazione della disciplina pubblicistica, proprio per l'utilizzo dell'area a cui viene tolta la sua originale finalità. Per conservare il carattere di bene indisponibile, presupposto per l'applicazione della normativa sul canone unico, il terreno comunale dovrebbe essere destinato a servizi di competenza dell'Ente locale territoriale e sicuramente tra questi non rientra il servizio di telecomunicazioni, fisse e mobili.

La prospettiva

Cosa riserverà il futuro è difficile da prevedere, il tema è particolarmente complesso, le posizioni in campo sono totalmente contrapposte e la normativa si è dimostrata di difficile interpretazione per i molti e disorganici interventi del Legislatore e per la variegata disciplina regolamentare adottata in questi anni dai diversi enti locali.

In questi mesi abbiamo assistito ad iniziative delle compagnie telefoniche che, con l'introduzione del comma 831-bis, non hanno più versato i canoni fissati nei contratti di locazione sottoscritti con i comuni, in alcuni casi hanno avanzato proposte per la cessione del diritto di superficie con pagamenti una tantum, in altri casi invece hanno smesso di versare canoni dal valore di 20mila euro e oltre l'anno, per sostituirli con versamenti autoliquidati di euro 800 forfettari.

Insomma, un susseguirsi di rapporti compromessi con pesanti ripercussioni sulle entrate dei Comuni che facevano affidamento sulle somme richieste. Una escalation che non prometteva nulla di buono per le pubbliche amministrazioni interessate e che oggi, invece, vedono in questa sentenza una possibilità concreta di inversione di tendenza.

In questo senso, la sentenza della Corte d'Appello di Venezia potrebbe formare un nuovo orientamento e riportare le occupazioni, realizzate dalle compagnie telefoniche, nell'alveo della disciplina privatistica, ridando così forza alle amministrazioni comunali che vedrebbero ristabilito il diritto di incassare i canoni di locazione già fissati nei contratti sottoscritti.

(*) Docente Anutel
-----------------------------

LE PROSSIME INIZIATIVE ANUTEL

INZIATIVE IN PRESENZA

- Rimini, 16/01/2023: La disciplina del canone unico patrimoniale (comma 816 legge 160/2019) e del canone mercatale (comma 837 legge 160/2019) a due anni dalla loro introduzione nel sistema delle entrate locali (9,00-14,00)

VIDEOSEMINARI "ANUTEL"

LE PROSSIME INIZIATIVE PER IL SETTORE TRIBUTARIO

-16/12/2022: La riforma della giustizia tributaria (9,30-11,30)

- 10 - 12 - 17 - 19 -24 - 25 gennaio 2023: Corso di abilitazione per accertatore delle entrate locali - Legge 296/2006, articolo 1, comma 179

LE PROSSIME INIZIATIVE PER IL SETTORE FINANZIARIO

- 14/12/2022: I compiti e le funzioni dell'economo comunale (15,30-17,30)

LE PROSSIME INIZIATIVE PER ALTRI SETTORI

- 17/12/2022: Il sistema anticorruzione alla luce del PNA 2022-2024 (9,00-12,00)

CORSO PER GLI ORGANISMI INDIPENDENTI DI VALUTAZIONE (OIV)

PROGRAMMAZIONE, PERFORMANCE E RISK MANAGEMENT NEGLI ENTI LOCALI

Corso che consente l'acquisizione dei crediti formativi richiesti dalla legge ai componenti degli OIV.
Corso FAD 2023: Programmazione, Performance e Risk Management negli Enti Locali
- IL CORSO si terrà a partire da GENNAIO 2023 fino a FEBBRAIO 2023 (30/1 – 3-6-10-13-17-20-24-27/2) dalle ore 13 alle ore 16).
http://www.anutel.it/data/allegati/iniziative/corsofadGenFeb23.pdf