I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Le ultime pronunce sulla gestione dei rifiuti

di Mauro Calabrese

Gestione Rifiuti - Rifiuti urbani - Determinazione Tariffa rifiuti - Corrispettivo del servizio - Metodo normalizzato - «chi inquina paga» - Interessi collettivi - Rappresentatività - Legittimazione

In materia di tutela degli interessi collettivi espressi da soggetti esponenziali sorti in modo spontaneo, come i comitati, è necessario, ai fini della legittimazione processuale, l’effettiva rappresentatività del soggetto, ovvero l’effettiva attitudine a rappresentare una determinata categoria organizzata, in assenza di un’espressa previsione legislativa che direttamente riconosca legittimazione a determinati soggetti, passando dagli interessi diffusi, comuni a tutti gli individui di una certa formazione sociale non organizzata, agli interessi collettivi, attraverso portatore un ente esponenziale di un gruppo non occasionale; l’effettiva rappresentatività va individuata a) nella finalità di protezione dell’interesse collettivo quale scopo cui è preordinata l’attività dell’ente in base alle finalità statutarie; b) nella struttura organizzativa stabile, tale da consentire al soggetto di svolgere con continuità la propria attività a protezione dell’interesse collettivo; c) nella «vicinitas», ovvero la “prossimità” tra l’interesse che si assume leso e la finalità statutaria dell’ente.
La tariffa comunale del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, dovuta da chiunque possegga o detenga immobili, a qualsiasi uso adibiti, che producano rifiuti urbani, è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, per fasce di utenza e territoriali, quale corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricompresi i costi di realizzazione e di esercizio dell'impianto per lo smaltimento in discarica, i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestione successiva alla chiusura, oltre ai costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade, per la copertura dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti.
Ai sensi del comma 11 dell’articolo 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006, ai fini della determinazione della tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani da parte degli Enti locali, sino all’emanazione del regolamento, recante la definizione dei criteri generali per la determinazione delle componenti dei costi e della tariffa, continuano ad applicarsi i criteri e le condizioni previste dal Dpr n. 158 del 1999, recante norme per la elaborazione del cd «metodo normalizzato» o presuntivo, che non si discosta dal principio comunitario «chi inquina paga», postulando in ogni caso un meccanismo di proporzionalità con criteri di calcolo riferiti alla potenzialità della produzione annua di rifiuti per ogni singola categoria economica, sia per le utenze domestiche che per quelle non domestiche.
Ferma la legittimità del ricorso al metodo presuntivo, a fronte dell’avvio del sistema di raccolta porta a porta, che certamente agevola una più puntuale ed equa ripartizione dell’onere del servizio, i provvedimenti comunali relativi alle determinazione delle tariffe dei rifiuti devono essere caratterizzati da una congruenza esterna, dovendo essere idonei a rivelare la ragionevolezza del percorso logico seguito dall’Amministrazione locale nel processo di individuazione dei coefficienti per le diverse aree del territorio e per le diverse categorie e tipologie di utenze (Nel caso deciso viene accolto il ricorso del comitato spontaneo dei liberi professionisti, contro il provvedimento comunale di determinazione della tariffa dei servizio dei rifiuti urbani che applica, con riferimento alla categoria degli studi professionali, la tariffa massima, senza avere esaustivamente esplicitate, sulla base di evidenze congrue ed affidabili anche sul piano della prossimità temporale, le ragioni alla base di tale determinazione).

Tar del Lazio, Roma Sezione II bis, 1° giugno 2020, n. 5788

  

Gestione dei rifiuti urbani - Piano regionale - Emergenza rifiuti - Competenza funzionale - Enti locali - Legittimazione processuale - Interesse ad agire - Vicinitas

A fronte della dichiarazione di situazioni di emergenza, come nel caso dell’emergenza rifiuti nel territorio regionale con gestione affidata al Commissario di nomina governativa, la competenza funzionale inderogabile a decidere sulla legittimità dei provvedimenti commissariali spetta al Tar del Lazio.
In materia ambientale (e specialmente di gestione dei rifiuti), ai fini della sussistenza della legittimazione e dell’interesse ad agire di una amministrazione comunale, nella sua qualità di ente esponenziale della collettività insediata nel territorio, è sufficiente la «vicinitas», intesa come vicinanza dei soggetti che si ritengono lesi al sito prescelto per l’ubicazione di una discarica avente potenzialità inquinanti, non potendo loro addossarsi il gravoso onere dell’effettiva prova del danno subito.
Tale «vicinitas» non può intendersi quale stretta contiguità geografica con il sito assunto come potenzialmente dannoso, giacché la portata delle possibili esternalità negative di una discarica avente impatto sull’ambiente non si limita certo ad investire i soli terreni confinanti, che al più sono destinati a sopportarne le conseguenze più gravi, trattandosi comunque di sito di trattamento rifiuti avente potenzialità inquinante, non potendo il riconoscimento della legittimazione attiva essere subordinato alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità dell’impianto di discarica, dovendosi ritenere sufficiente una prospettazione delle temute ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate vicinanze dell'impianto da realizzare. (Nel caso deciso, riconosciuta la legittimazione e l’interesse ad agire di un Comune per l’impugnazione del provvedimento del Presidente della Regione Puglia, in qualità di Commissario governativo all’emergenza rifiuti, di integrazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate con individuazione del sito di localizzazione dell’impianto complesso di trattamento e smaltimento per i rifiuti urbani, costituito da centro di selezione, linea di biostabilizzazione e annessa discarica di servizio, in un’area localizzata nell’ambito del territorio compreso tra due Comuni)

Tar del Lazio, Roma Sezione I Quater, 27 giugno 2020, n. 7252

  

Gestione dei rifiuti - Inquinamento - Responsabilità- Discarica comunale - Accertamento del responsabile - Istruttoria - Presunzione - Criterio del più probabile che non

In materia di accertamento del soggetto ritenuto responsabile dell’inquinamento da bonificare, inquinamento causato dall’illecito smaltimento di rifiuti eterogenei interrati nei suoli di proprietà comunale con superamento dei valori limiti inerenti allo zinco, l’applicazione dell’articolo 244 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 presuppone l’accertamento della responsabilità dell’inquinamento e, in particolare, l’accertamento di chi ne sia il responsabile, nonché del nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all’effetto consistente nella contaminazione.
L’attività di accertamento impone, dunque, che l’indagine e la valutazione dei suoi risultati sia condotta in modo da ponderare tutti gli elementi emersi, senza tralasciare nessuno dei possibili decorsi causali alternativi che emergono dagli elementi raccolti, poiché la completezza dell’istruttoria e l’approfondimento dei suoi possibili risvolti sono necessari affinché l’impiego del criterio di probabilità logica o razionale, secondo il criterio causale del «più probabile che non» adoperato per compiere l’accertamento del nesso di causalità, non trasmodi in accertamenti superficiali e lacunosi, che individuino erroneamente il responsabile dell’inquinamento o comportino che possibili corresponsabili si sottraggano agli oneri economici discendenti dall’attività di ripristino.
Mentre nel diritto penale l’accertamento delle responsabilità deve essere effettuato «al di là di ogni ragionevole dubbio» ai sensi dell’articolo 533, comma 1, del Codice di Procedura Penale), in tema di inquinamento rileva il criterio di «maggiore probabilità» per verificare quali siano stati i nessi di causalità e le relative responsabilità: il nesso di causalità può essere ravvisato quando siano stati esclusi o ritenuti non esclusivamente rilevanti sul piano logico i possibili decorsi causali alternativi e risulti che quello concretamente individuato sia la causa o anche la concausa dell’evento-inquinamento.

Consiglio di Stato, Sezione IV, 30 giugno 2020, n. 4120

 

 Gestione Rifiuti - Rifiuti urbani - Servizio Comunale - Affidamento del servizio - Unione di Comuni - Delega di finzioni - Mandato con rappresentanza

L’istituto giuridico dell’agire per altri si concreta nell’istituto di diritto amministrativo della delega di funzioni e in quello parallelo di diritto civile del mandato con rappresentanza, vigendo in entrambi i casi la regola che le vicende del rapporto fra preponente e preposto sono in linea di principio irrilevanti per il terzo di buona fede: pertanto, l’eventuale revoca della delega o del mandato non può avere efficacia che per il futuro, rimanendo inopponibile al terzo che precedentemente ha contrattato con il rappresentante delegato, venendo altrimenti violati l’affidamento del terzo stesso e la certezza dei rapporti giuridici. (Nel caso deciso, riguardo all’appalto per l’affidamento del servizio di raccolta rifiuti ed igiene urbana stipulato da una Unione di Comuni, quale soggetto attuatore delegato delle funzioni amministrative dei singoli Enti locali, è stato considerato priva di effetto, se non per il futuro, nei confronti della società appaltatrice del servizio rifiuti, il recesso del singolo Comune dalla convenzione).

Consiglio di Stato, Sezione IV, 6 luglio 2020, n. 4330

  

Rifiuti - Inquinamento - Danno ambientale - Obblighi di bonifica - Chi inquina paga - Responsabilità del proprietario - Diritto di rivalsa

In applicazione del principio comunitario «chi inquina paga», ai sensi del Dlgs n. 152 del 2006, non è configurabile, in via automatica, come responsabilità oggettiva o per fatto altrui, una responsabilità in capo al proprietario dell’area inquinata e da bonificare per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri che questi abbia provocato, o contribuito a provocare, il danno ambientale: l’autorità competente deve accertare il nesso causale tra l’azione d’uno o più agenti individuabili ed il danno ambientale concreto e quantificabile, onde sia possibile imporre loro misure di riparazione, a prescindere dal tipo d’inquinamento.
La mera qualifica di proprietario del suolo non determina, di per sé sola, alcuna responsabilità conseguente al ritrovamento di rifiuti e il loro smaltimento nell’area di appartenenza: ai fini della configurabilità degli obblighi di rimozione e smaltimento, rivelandosi insufficiente la mera titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti, atteso che il legislatore richiede la sussistenza dell’elemento psicologico, e la necessità dell’accertamento della responsabilità soggettiva, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte degli organi preposti al controllo.
Pertanto, gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento, mentre laddove il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultino necessari sono adottati dalla Pubblica Amministrazione competente e le spese sostenute per effettuare tali interventi potranno essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero quella di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), a mezzo di azione in rivalsa verso il proprietario, che risponderà nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi e, a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato di un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare.

Consiglio di Stato, Sezione II, 2 luglio 2020, n. 4248

 

 Rifiuti Abbandonati - Ordinanza sindacale - Ordine di rimozione e bonifica - Proprietario del sito - Ordinanza contingibile e urgente - Responsabilità

Le ordinanze sindacali di rimozione dei rifiuti abbandonati, emesse ai sensi dell’articolo 192 del Dlgs. n. 152 del 2006 non hanno la natura contingibile e urgente propria delle ordinanze sindacali emesse ai sensi degli articoli 50 o 54 del Testo Unico degli Enti Locali (Tuel), il cui potere ha contenuto atipico e residuale e con funzione meramente ripristinatoria, che può pertanto essere esercitato, purché vi sia l’urgenza di intervenire con immediatezza su situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente, non fronteggiabili con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva.
Ne consegue che l’articolo 192 del Codice dell’Ambiente, prevedendo un ordinario potere d’intervento attribuito all’Autorità amministrativa in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, con accertamento in contraddittorio con il soggetto interessato della responsabilità a titolo di dolo o colpa, e rappresentando, quindi, una specifica norma di settore, esclude a priori la possibilità per l’ente di far uso, per garantire la rimozione dei rifiuti, del potere extra ordinem, proprio delle ordinanze contingibili ed urgenti.
Pertanto, in presenza di ordinanza sindacale contingibile e urgente di rimozione di rifiuti e di messa in sicurezza del suolo, sito in territorio comunale, nei confronti del proprietario dell’area, con riguardo all’individuazione del destinatario dell’ordine di eseguire le attività indispensabili per eliminare il pericolo, presupposto indispensabile è la concreta disponibilità del bene in capo a tale soggetto, con la conseguenza che l’Amministrazione comunale, a fronte di un imminente pericolo per l’incolumità pubblica, non è tenuta a un’approfondita istruttoria neanche sui profili di dolo o colpa, essendo questione da affrontare ex post ai fini della rivalsa dei costi sostenuti

Consiglio di Stato, Sezione II, 1° luglio 2020, n. 4183