No alle quote vincolate all'interno del fondo di solidarietà comunale
La Corte costituzionale richiama il legislatore sulla necessità di adeguare alla tutela costituzionale riconosciuta all'autonomia finanziaria comunale la disciplina normativa che ha introdotto all'interno del fondo di solidarietà comunale delle specifiche componenti destinate al raggiungimento di specifici livelli essenziali e obiettivi di servizio.
La questione affrontata dalla Corte, con la sentenza n. 71/2023, riguarda il giudizio di legittimità costituzionale, sollevato dalla Regione Liguria su richiesta del Consiglio autonomie locali, avverso le disposizioni della legge di bilancio 2022 (Legge 234/2021), relative a specifici incrementi del fondo di solidarietà comunale con vincolo di destinazione sulla spesa. Incrementi previsti in funzione del raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni o di obiettivi di servizio riferiti agli asili nido (comma 172), al trasporto degli alunni disabili (comma 174) ed al settore sociale (con riferimento soli ai comuni di alcune Regioni, ad integrazione della norma statale già prevista dalla lettera d-quinquies del comma 449 della Legge 232/2016).
In particolare, veniva contestata la violazione del comma 1 dell'articolo 119 della Costituzione, in quanto vi sarebbe un'ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, mediante l'introduzione di vincoli di destinazione a risorse perequative; dei comma 3-4 del medesimo articolo, in quanto il fondo perequativo (il fondo di solidarietà comunale) non può avere vincoli di destinazione, dovendo garantire il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite ai comuni, tenendo conto delle diverse capacità fiscali dei territori. Il vincolo di destinazione introdotto «sottrarrebbe risorse destinate a garantire l'integrale esercizio delle funzioni in favore della generalità degli enti locali e non ridurrebbe il disavanzo tra valore complessivo dei fabbisogni standard, da un lato, e valore complessivo delle capacità fiscali, dall'altro». Infine, i ricorrenti contestano la violazione anche del comma 5 dell'art. 119, che prevede la possibilità di interventi speciali da parte dello Stato per le specifiche finalità stabile dalla norma, in quanto le norme contestate introducono invece delle risorse vincolate all'interno del fondo di solidarietà comunale, ossia il fondo perequativo, invece che prevedere contribuzioni speciali.
Il fondo di solidarietà comunale è sorto in attuazione di quanto previsto dai commi 3 e 4 dell'articolo 119 della Costituzione, sulla base della legge 42/2009, allo scopo di colmare le differenze di capacità fiscale tra i vari comuni, in modo da garantire il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali loro assegnate. In tale contesto, con la legge 228/2012 è stato disciplinato il fondo, con l'obiettivo di superare il modello di finanza derivata, sostituendo i trasferimenti statali con un fondo perequativo la cui distribuzione è basata sulla differenza tra le capacità fiscali dei territori e i fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali. Seppure con un percorso graduale, che vede crescere annualmente la quota ripartita in base a suddetta differenza e ridursi la quota basata sui dati storici, percorso che dovrebbe concludersi nel 2030.
Per fronteggiare invece specifiche necessità volte a promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato, a mente del comma 5 dell'articolo 119 della Costituzione, può prevedere interventi finanziari speciali.
La Corte ha ritenuto inammissibili le questioni sollevate, poiché la soluzione proposta dal ricorrente per porre rimedio alla contestata illegittimità, ossia l'eliminazione del vincolo di destinazione speciale delle risorse, inserendo la previsione che le stesse siano invece ripartite secondo la regola generale di suddivisione del fondo (basata sulla «differenza tra le capacità fiscali ed i fabbisogni standard»), non rappresenta l'unica possibile per rimediare al vulnus.
La Corte ha rivenuto nelle norme contestate un contrasto con le previsioni costituzionali poiché, nel sistema delineato dall'art. 119 della Costituzione, gli enti devono finanziare le funzioni fondamentali integralmente con le entrate proprie, con le compartecipazioni ai tributi erariali e con le quote del fondo perequativo «senza vincolo di destinazione». Afferma la Corte che "per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all'art. 119, terzo comma, della Costituzione». L'introduzione di quote vincolate nel fondo di solidarietà determina una compressione dell'autonomia degli enti locali. E' all'interno dei fondi perequativi speciali, di cui al comma 5 dell'articolo 119, che dovrebbero trovare collocazione gli stanziamenti con specifico vincolo di destinazione, finalizzati al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni. Non è invece possibile inserire tali stanziamenti nel fondo perequativo di cui al comma 3 dell'articolo 119, da ripartirsi solo in base alla differenze tra capacità fiscali e fabbisogni.
Tuttavia, la Corte non può intervenire con una pronuncia sostitutiva per eliminare il contrasto con le norme costituzionali, in quanto quella prospettata dai ricorrenti (la sostituzione del criterio di riparto delle maggiori somme previste) non è l'unica soluzione costituzionalmente adeguata, ma vi è invece un "ventaglio di soluzioni" idonee che spetta al legislatore individuare.
In conclusione, la Corte cede il passo al legislatore, pur rivolgendo allo stesso un deciso monito per un urgente intervento di riforma, allo scopo di adeguare il diritto vigente alla tutela costituzionale riconosciuta all'autonomia finanziaria comunale, al contempo bilanciandola con la necessità di non regredire rispetto all'«imprescindibile» processo di definizione e finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni.
Insomma, un altro capitolo della travagliata storia del fondo di solidarietà comunale.
(*) Vice presidente Anutel
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