Personale

Perde l'indennità Inps il dipendente malato che esce di casa nelle fasce di reperibilità per ritirare le analisi

di Daniela Dattola

La lettura corretta dell’articolo 5, comma 14, del Dl 463/1983 convertito dalla legge 638/1983, consente al lavoratore in malattia di assentarsi dal domicilio durante le fasce di reperibilità solamente se ricorre un giustificato motivo con onere della prova a suo carico.
In caso contrario, non ricorrendo cioè l’ipotesi dell’indifferibilità e dell’urgenza dell’attività da svolgere, ivi compresa quella di recarsi a ritirare i referti delle analisi cliniche alle quali si era sottoposto in precedenza e di recarsi dall’odontoiatra per farsi curare risultando in tal modo assente durante due visite mediche di controllo, il dipendente perde il diritto all’identità di malattia stabilita dalla norma in commento. Così ha affermato la Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, con la sentenza n. 19668/2019.

La questione
L’Inps ha ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello che, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva accolto l’impugnazione del dipendente volta al riconoscimento dell’indennità di cui si discute, assumendo che il Giudice di Seconde Cure avrebbe violato sia l’articolo 5, comma 14, Dl 463/1983 che gli articoli 2697 Cc e 115 Cpc.
Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale di merito si sarebbe limitata a verificare la sussistenza dei fatti dichiarati dal dipendente, senza erroneamente accertare la ricorrenza nel caso di specie di un giustificato motivo da ritenersi giuridicamente e socialmente apprezzabile.
In particolare, il ricorrente ha osservato come la giurisprudenza di legittimità considera il giustificato motivo quale:
- “… clausola elastica che implica la necessità di accertare la sussistenza o di una causa di forza maggiore o di una situazione che, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da comportare la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell’assicurato” (Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 3921/2007);
- onere per il lavoratore di reperibilità alla visita medica di controllo “… che non contrasta con il carattere pubblico dell’assicurazione, tanto più che può essere fornita con un minimo di diligenza e disponibilità, atteso l’ambito molto limitato delle fasce di reperibilità per cui non risulta nemmeno gravoso o vessatorio” (Corte Costituzionale, sentenza 78/1988).

La sentenza
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione, affinché la stessa proceda all’accertamento delle circostanze sulle quali si fonda il diritto del lavoratore, assente dal proprio domicilio in occasione delle visite di controllo, a mantenere intero l’importo dell’’indennità di malattia, alla luce dei seguenti principi di diritto.
L’articolo 5 comma 14, Dl 463/1983 prevede testualmente che il lavoratore ingiustificatamente assente alla visita medico-fiscale decade dal trattamento economico di malattia per l’intero periodo sino a 10 giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo.
Ciò posto, secondo la sentenza in rassegna, il lavoratore viola il proprio dovere di cooperazione con l’Ente previdenziale, non solo se durante le fasce di reperibilità non è presente nella propria abitazione, ma anche se, pur presente, serba una condotta che impedisce l’esecuzione del controllo per incuria, negligenza od altro motivo non giuridicamente e non socialmente apprezzabile e ad egli imputabile (cfr Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 5000/1999, la quale ha espresso detto principio, in uno con il riconoscimento del diritto del lavoratore a poter fornire la prova dell’osservanza del dovere di diligenza).
Diversamente opinando, il potere del debitore Inps di verificare positivamente, prima di pagare, la ricorrenza del fatto generatore del debito, in ragione del fine pubblico di impedire abusi di tutela, sarebbe vanificato dalla facoltà del lavoratore di sottrarsi alla verifica se non per serie e comprovate ragioni. Ad esempio, per l’esigenza improcrastinabile di recarsi presso l’ambulatorio del medico curante (cfr Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 18718/2006).
Per giunta, la violazione dell’obbligo di reperibilità è giustificabile unicamente se il lavoratore comunica tempestivamente agli organi di controllo l’allontanamento dall’abitazione: in caso di omessa o tardiva comunicazione, infatti, anche se il diritto all’indennità non viene meno, spetterà al lavoratore, preteso creditore, giustificare tale omissione o ritardo (cfr Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 15766/2002).

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