Personale

Pianificazione «integrata», ma solo dal 2022

A fine anno il documento unico su personale, digitale, anticorruzione e trasparenza

di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

Per semplificare la vita delle Pa arriva il piano integrato di attività e organizzazione. Ma si tratta dell’ennesimo adempimento? Cerchiamo di dare una risposta oggettiva.

Dalla lettura dell’articolo 6 del decreto reclutamento si rileva che l’obbligo riguarda tutte le amministrazioni con più di 50 dipendenti, anche se il comma 6 prevede un piano-tipo semplificato anche per gli enti di minori dimensioni. Ne dovrebbe conseguire che, in forma breve o completa, tutta la Pa dovrà redigere il piano. Il documento dovrebbe riassumere una serie di altri piani la cui approvazione è stata via via introdotta nel corso del tempo: si va dal piano della performance al piano triennale del fabbisogno di personale, dal piano della digitalizzazione al piano anticorruzione e trasparenza. L’elenco effettivo deve essere individuato con uno o più Dpr, da emanare entro 60 giorni, con la conseguenza che gli adempimenti connessi ai piani assorbiti saranno abrogati.

L’obbligo del nuovo piano integrato scatta già da quest’anno e il termine per la sua approvazione è il 31 dicembre. Trattandosi dell’individuazione di obiettivi da perseguire e di strategie e azioni da intraprendere, sembra logico pensare che il piano da adottare entro la fine dell’anno riguardi il periodo 2022/2024, avendo validità triennale con aggiornamento annuale. Sempre entro il 31 dicembre, va pubblicato sul sito dell’amministrazione e inviato alla Funzione pubblica, che lo inserirà nel relativo portale.

Se questa impostazione sarà confermata, dovrebbe essere scontato che, per l’anno in corso, si continua nella gestione e nell’approvazione dei singoli piani. D’altro canto questi ultimi sono già stati approvati dalla maggioranza delle amministrazioni. Si tratterebbe, quindi, di riapprovarli in diversa forma e, probabilmente, con eguale contenuto. Inoltre, per il decreto reclutamento, entrato in vigore il 10 giugno, il termine di conversione scade agli inizi di agosto. In aggiunta, si dovrebbero attendere i tempi del Dpr. Non assumerebbe, quindi, grande significato approvare il nuovo documento di programmazione a ottobre/novembre con riferimento alla stessa annualità della sua adozione.

Se così raccontata l’introduzione del piano integrato sembra una soluzione positiva, nella gestione quotidiana delle amministrazioni la faccenda si complica. Se si escludono gli enti grandi, dove il processo di approvazione richiede tempi talmente lunghi da non consentire una revisione nel corso dello stesso anno, per la maggioranza delle amministrazioni medie e piccole la fusione dei vari piani in unico documento comporta un appesantimento burocratico. Si pensi a un Comune che oggi, in corso d’anno, aggiorna, magari più volte, il piano triennale del fabbisogno di personale a seguito delle dimissioni di dipendenti, o vuole aggiungere un obiettivo rilevante nel piano della performance. Dal prossimo anno dovrà riapprovare l’intero piano integrato di attività e organizzazione, con ripubblicazione sul sito istituzionale e reinvio alla Funzione pubblica.

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