Prevenzione incendi nei luoghi di lavoro, ecco come cambiano le regole tecniche
Le novità contenute nei tre decreti ministeriali che prenderanno il posto della normativa del 1998
Criteri semplificati per la definizione delle misure di prevenzione e protezione nei luoghi definiti a basso rischio d'incendio. Qualificazione dei docenti che tengono corsi per gli addetti all'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze. Qualificazione anche dei tecnici che effettuano manutenzioni e controlli sugli impianti e le attrezzature antincendio. Sono questi i tre pilastri su cui poggia la riscrittura della normativa antincendio nei luoghi di lavoro, attualmente affidata in parte al Dlgs 81 del 2008, ma soprattutto al Dm 10 marzo del 1998. Presto saranno abbandonati i contenuti del decreto del 1998 che – va ricordato – stabiliscono i criteri per la valutazione del rischio incendi nei luoghi di lavoro, regolano le misure di prevenzione e protezione da adottare e quelle organizzative e gestionali da attuare durante il normale esercizio dell'attività e in caso di incendio.
Sono in fase di scrittura, infatti, tre decreti interministeriali (saranno firmati dai ministeri dell'Interno e del Lavoro) che andranno a sostituire la normativa del 1998, così come era stato previsto dal "testo unico" sulla sicurezza. Le bozze sono state tutte già presentate al Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi, dove dovranno essere licenziate definitivamente per essere poi inviate a Bruxelles per le verifiche di rito. Per ora l'entrata in vigore è prevista dopo 180 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Dunque, dovrebbero poter essere operative già dal prossimo anno. L'impatto sui docenti, sui tecnici manutentori, sui progettisti e sui datori di lavoro sarà di non poco conto.
Criteri semplificati per i luoghi di lavoro a basso rischio
I progettisti dovranno innanzitutto fare i conti con un cambio di paradigma, in quanto, per i luoghi a basso rischio d'incendio, le misure di prevenzione e protezione dovranno essere definite utilizzando il cosiddetto «mini-codice», ossia una regola tecnica che ricalca l'impostazione del Codice di prevenzione incendi (Dm 3 agosto 2015), basata essenzialmente sulla valutazione del rischio. Soprattutto, se il luogo di lavoro non è a basso rischio, allora il riferimento normativo sarà il Codice di prevenzione incendi che, diventato ormai obbligatorio per ben 42 delle 80 attività cosiddette «soggette», a cui si aggiungeranno le autorimesse dal 19 novembre 2020, costituirà sempre più il principale punto di riferimento per i progettisti.
Ai fini dell'applicazione dei criteri semplificati per la valutazione del rischio incendi nei luoghi di lavoro, l'ultimo schema di Dm definisce a basso rischio quelli ubicati nelle attività cosiddette «non soggette» e prive di Rtv, rispondenti ad ulteriori sette requisiti: il luogo di lavoro deve afferire ad un unico responsabile, l'affollamento complessivo non deve oltrepassare la soglia di 100 occupanti, la superficie lorda non deve superare i mille mq, i piani devono essere compresi tra le quote -5 e +24 metri, non devono essere detenuti o trattati materiali combustibili o sostanze e miscele pericolose, infine non devono effettuarsi lavorazioni pericolose che potrebbero generare un incendio. Dunque, per quanto riguarda la definizione delle misure di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro, la ratio è la seguente: per le ex 42 attività «non normate» il riferimento è il Codice, per quelle «normate» si impiega la relativa normativa tecnica (Rtv prescrittiva o del Codice).
Quanto alle attività «non soggette e non normate», se queste rientrano nella definizione di basso rischio, si seguono i criteri semplificati; se anche uno solo dei sette requisiti individuati nella definizione di basso rischio, non è rispettato, allora si fa ricorso alla Rto del Codice. Va anche considerato che è in corso una revisione dell'elenco delle attività soggette a controllo da parte dei Vigili del fuoco, contenuto nel Dpr 151 del 2011. Stando all'ultima bozza del nuovo elenco (si veda l'articolo pubblicato su Edilizia e Territorio lo scorso 29 maggio), saranno riviste anche alcune soglie di assoggettabilità, per cui alcune attività attualmente «soggette» potrebbero in futuro non esserlo e questo potrebbe avere come conseguenza l'ampliamento della sfera d'azione dei criteri semplificati per la valutazione del rischio nei luoghi di lavoro.
La qualificazione dei tecnici manutentori
Denso di novità è il capitolo della formazione, che riguarda trasversalmente molti dei soggetti coinvolti nella sicurezza dei luoghi di lavoro, quali: gli addetti al servizio antincendio, i relativi datori di lavoro, i docenti dei corsi per la sicurezza, e i tecnici che si occupano della manutenzione e dei controlli sugli impianti e le attrezzature antincendio. I tecnici manutentori dovranno infatti essere qualificati per poter intervenire su impianti e attrezzature antincendio. E questa è una novità assoluta e di impatto trattata in uno dei tre schemi di decreto che andranno a sostituire il Dm 10 marzo.
Più nel dettaglio, stando alla bozza di Dm, il tecnico - che «ha la responsabilità dell'esecuzione della corretta manutenzione degli impianti, delle attrezzature e degli altri sistemi di sicurezza antincendio, in conformità alla regola dell'arte e al manuale d'uso e manutenzione» - per essere qualificato deve seguire un percorso di formazione specifico, erogato da soggetti pubblici o privati. I docenti devono avere almeno un diploma di scuola media superiore e esperienza documentata almeno triennale nella formazione e nell'ambito della manutenzione degli impianti, delle attrezzature e dei sistemi di sicurezza antincendio. I contenuti minimi dei corsi di formazione, che devono prevedere anche una parte pratica, sono definiti dalla bozza di Dm. Per ogni sistema, impianto o attrezzatura (estintori, idranti, sprinkler, porte resistenti al fuoco, Irai, sistemi per lo smaltimento del fumo e del calore, etc..) sono definiti gli argomenti e la durata minima dei corsi, variabile da 12 a 40 ore.
Sono esentati dal frequentare il corso i tecnici che svolgono attività di manutenzione da almeno tre anni. Anche chi non è obbligato a seguire il corso, perché ha esperienza almeno triennale, per operare deve comunque sottoporsi al percorso di convalida dei requisiti, che comprende l'analisi del Cv, una prova scritta, una pratica ed una orale. La qualifica di tecnico manutentore è infine rilasciata dalle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco in seguito all'esito favorevole dell'esame (che si intende superato raggiungendo un punteggio minimo di 70 su 100).
Formazione degli addetti al servizio antincendio (e rispettivi docenti)
La normativa in fase di elaborazione interviene anche sull'aggiornamento periodico degli addetti al servizio antincendio. Il terzo decreto sulle misure organizzative e gestionali da attuare durante il normale esercizio dell'attività e in caso di incendio (sempre ancora in forma di bozza) contiene molte novità che riguardano la formazione. Innanzitutto la bozza fissa i contenuti minimi anche dei corsi di aggiornamento per gli addetti al servizio antincendio. Aggiornamento che andrà completato ogni cinque anni (in relazione al rischio, i corsi possono durare due, cinque o otto ore). Rispetto a quanto oggi dispone il Dm 10 marzo 1998 per i contenuti dei corsi di formazione per addetti antincendio qualche modifica c'è, ma i percorsi restano della durata di quattro, otto e sedici ore, a seconda del rischio e della complessità dell'attività.
Per la prima volta la bozza delinea i requisiti dei docenti dei corsi di formazione e di aggiornamento per addetti antincendio. Soprattutto, per i docenti nascerà un percorso abilitante che si concretizzerà in corsi (ed esami) ad hoc tenuti dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. In particolare, i professionisti iscritti negli elenchi degli esperti antincendio, che vorranno ricoprire il ruolo di formatori per la parte teorica e pratica dei corsi per addetti antincendio, dovranno frequentare (con esito positivo) un corso di 12 ore di esercitazioni pratiche tenuto dai Vigili del Fuoco. Secondo la bozza di Dm, sarà possibile inoltre essere esentati dal corso ed insegnare anche senza essere iscritti negli elenchi del Viminale, se si ha esperienza (documentata) come docenti in materia antincendio, sia in ambito teorico che in ambito pratico, di almeno 90 ore. I professionisti antincendio (iscritti nelle liste del ministero dell'Interno) potranno tenere corsi, per la sola parte teorica, senza dover frequentare il corso dei Vigili del Fuoco.
Inoltre tutti i docenti, compresi quelli dispensati dal percorso abilitante, dovranno aggiornarsi con cadenza almeno quinquennale. In cinque anni i docenti dei corsi teorico-pratici dovranno accumulare 16 ore di formazione (di cui quattro ore riservate alla pratica). Per chi insegna solo la parte teorica, tali ore scendono a 12. Diventano otto nel caso di docenti abilitati all'erogazione dei soli moduli dal contenuto pratico. Sempre stando ai contenuti della bozza, i corsi e i seminari per il mantenimento dell'iscrizione all'elenco del ministero dell'Interno dovrebbero essere validi anche per l'aggiornamento dei docenti, limitatamente alla parte teorica.