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Prodotti per le costruzioni e reazione al fuoco, corsa a ostacoli per ottenere la classificazione europea entro il 28 aprile

Giombattista Traina (Istituto Giordano): Prove più lunghe e complesse, mancano le indicazioni per eseguire i test, chi parte adesso non farà in tempo

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di Mariagrazia Barletta

Per la reazione al fuoco dei prodotti da costruzione si avvicina la transizione completa ai metodi di prova e di classificazione del sistema europeo. Sistema che manda in pensione la vecchia omologazione rilasciata in classi italiane. Dal 28 aprile, infatti, non sarà più possibile commercializzare prodotti con omologazione in classi italiane di reazione al fuoco ai fini dell'installazione nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi. È l'effetto del decreto del ministero dell'Interno 14 ottobre 2022 che rimanda al sistema europeo per la determinazione delle prestazioni di reazione al fuoco di qualsiasi prodotto da costruzione.

Più precisamente, per i prodotti da costruzione per i quali non è possibile applicare la procedura ai fini della marcatura Ce, ossia quei prodotti per i quali non esiste ancora una norma armonizzata e nemmeno un documento di valutazione europea (Ead) per il rilascio delle valutazioni tecniche europee (Eta), il certificato di classificazione deve essere rilasciato seguendo i metodi di prova della norma En 13501-1 e la classe di reazione al fuoco sarà quella europea, dunque caratterizzata da lettere. Per la reazione al fuoco – va ricordato – esistono sette classi principali (euroclassi) identificate con una lettera, A1 indica i materiali incombustibili, ossia che, sottoposti al calore o al fuoco, non bruciano, non aiutano la combustione e non sprigionano gas infiammabili. Le lettere A2, B, C, D e F identificano i materiali combustibili, con velocità di combustione crescente dalla lettera A2 alla F. Vi è poi un'ulteriore classificazione dei materiali per le classi da A2 a D che dà indicazioni riguardo alla produzione di fumo e al gocciolamento di materiale fuso durante la combustione.

Come si diceva, ai fini dell'installazione nelle attività soggette (quelle elencate nell'allegato I al Dpr 151 del 2011), i prodotti da costruzione con omologazione e prestazione di reazione al fuoco espressa in classi italiane possono essere immessi sul mercato fino al 27 aprile 2023. Inoltre, i prodotti omologati secondo il sistema italiano possono essere installati nelle attività soggette solo fino al 27 ottobre 2023. Sono queste le regole transitorie stabilite con il Dm 14 ottobre 2022, che però – va precisato – è stato più severo per i prodotti da costruzione per gli involucri delle attività soggette, vietando l'installazione di quelli omologati in classi italiane sin dalla sua entrata in vigore (27 ottobre 2022). Nulla cambia, invece, per le procedure di omologazione di mobili, imbottiti, tende, bedding eccetera, non essendo classificabili come prodotti da costruzione.

Quali sono, allora, le categorie di prodotti interessate dalla transizione che si completerà in due fasi, prima con lo stop alla commercializzazione e poi con il divieto di installazione nelle attività soggette? A rispondere è Giombattista Traina, ingegnere, direttore del laboratorio di reazione al fuoco dell'Istituto Giordano. Tra i prodotti che non potranno essere più essere classificati secondo il sistema italiano, «vi sono i canali di ventilazione, che andranno riclassificati con i metodi europei, tra l'altro con esiti molto diversi perché la prova è differente. Vi sono anche i pavimenti soprelevati perché hanno una norma di prodotto che non è armonizzata». Ad essere interessati da questo passaggio dal sistema di classificazione italiano a quello europeo vi sono anche «le lastre di ceramica per pavimentazioni, che hanno sul retro una finitura. Si tratta di lastre di grandi dimensioni che necessitano di una rete di rinforzo sul retro abbinata ad un collante, altre volte presentano una stratificazione di sughero o altro che determina l'uscita dallo scopo della norma armonizzata sulle ceramiche», spiega ancora Traina.

«Sono soggetti al nuovo regime di classificazione, qualora riescano ad avere una prestazione decente, anche i rivestimenti di pareti imbottite, tipicamente costituiti dall'accoppiamento di più prodotti, come il tessuto e la spugna, e poi tanti altri prodotti da costruzione che derivano dall'accoppiamento di più materiali». «Controverso, invece, il caso dei pannelli sandwich», riferisce sempre l'ingegnere. «Questi – prosegue – sono soggetti a marcatura Ce perché rientrano nell'ambito della norma En 14509 che si applica a determinati pannelli, non curvi, che hanno al loro interno un isolante termico in marcatura Ce, come l'Eps, il poliuretano, la lana minerale, e hanno un doppio paramento metallico continuo. Tutti quei pannelli sandwich che, invece, sono curvi, hanno dei fori, hanno un isolante diverso da quelli coperti da norma armonizzata, come ad esempio un alveolare a nido d'ape, vanno a finire fuori dallo scopo della norma En 14509. E quindi sembrerebbe che sia necessario applicare la procedura definita dal nuovo decreto». «Ma dei dubbi ci sono perché – spiega Traina – in alcuni casi si potrebbe pensare che tali prodotti potrebbero rientrare nello scopo delle norme sugli isolanti termici, in Eps, poliuretano o lana minerale, la cui norma armonizzata contempla appunto anche gli isolanti rivestiti con qualunque strato, metallico o non, purché abbia uno spessore inferiore a 3 millimetri». «Dunque, potrebbero forse esserci casistiche per cui si potrebbe ricadere nella norma armonizzata degli isolanti termici. Ma questo è un aspetto nuovo e delicato che va approfondito», precisa l'ingegnere.

Per molti prodotti, dunque, cambiano le modalità di prova e di classificazione che diventano molto più complesse, spiega ancora Giombattista Traina. E questo avviene perché si tiene conto di molte più variabili che attengono alle modalità di installazione, al tipo di substrato, alle modalità di fissaggio a quest'ultimo (il prodotto può essere incollato, fissato meccanicamente, etc..), al montaggio (in aderenza o con cavità ventilate o meno). «Tutto ciò determina difficoltà perché ogni prodotto deve essere montato allo stesso modo dai vari laboratori, in modo da avere classificazioni omogenee». Ecco perché il Dm 14 ottobre 2022 prevede l'istituzione, da parte della direzione centrale per la Prevenzione e la sicurezza tecnica, di un tavolo tecnico-consultivo cui partecipano rappresentanti del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e dei laboratori legalmente autorizzati. L'obiettivo è garantire l'uniformità delle procedure tecnico-amministrative. «In 30 anni e più i Vigili del Fuoco hanno emanato circolari, risoluzioni per regolamentare le modalità di test, di montaggio dei campioni, ora lo stesso percorso va fatto su un sistema nuovo e complesso», riferisce Traina.

«Adesso – prosegue – si dovrà aspettare del tempo per cui il comitato tecnico dovrà riunirsi più di una volta, in tempi speriamo non troppo lunghi, cercando di riuscire a tirar fuori delle soluzioni condivise cui faranno seguito delle risoluzioni che forniranno ai laboratori delle regole univoche per eseguire determinati test. Già abbiamo avviato dei primi incontri, ma siamo indietro. Purtroppo, non ci si può aspettare che una rivoluzione così grande venga risolta in pochi mesi», osserva Traina. Dunque, potranno incontrare qualche ostacolo i produttori che a ridosso del 27 aprile non vorranno farsi trovare impreparati e, per dare continuità alla produzione, vorranno far riclassificare un prodotto non più riconducibile alle vecchie classi italiane. «Per molti prodotti siamo ancora indietro perché bisogna considerare che dal momento in cui un produttore fa una domanda di certificazione a un laboratorio, questo ci metterà un mese o anche due per concludere tutta la procedura di test e di emissione del certificato, nonostante l'iter ora sia più breve perché non c'è più la fase di richiesta di omologazione al ministero. Quindi già se dovesse arrivare oggi un campione non ce la faremmo ad avere un certificato pronto per la data di scadenza del 27 aprile. In più, attualmente non abbiamo il riscontro su come fare i test a cui accennavo prima».

Il nuovo decreto introduce anche nuove misure per la classificazione e certificazione dei prodotti da costruzione già in opera, per i quali si intende conoscere la classe di reazione al fuoco. Il prelievo del campione va effettuato alla presenza del laboratorio legalmente autorizzato o di un professionista antincendio. Anche su questo punto, si riscontra qualche problema riferisce Traina. «Una delle criticità – spiega – riguarda le classi A1 e A2 dei prodotti non omogenei, quali i multi-layer, che hanno quindi una finitura, una verniciatura, un collante. Quando sono già installati in opera non è possibile risalire alla stratificazione in termini di spessori o determinare, ad esempio, quanti grammi di vernice ci sono al mq, non è possibile estrarre solo la parte di vernice per fare il potere calorifico, che è utile per le classi A1 e A2. In sintesi, non è possibile classificare un prodotto in A1 o A2 se il prodotto è già installato». Altre problematiche riguardano – spiega l'ingegnere – la possibilità di ricreare in laboratorio, nel modo più aderente possibile alla realtà, le giunzioni dei prodotti già in opera. «C'è anche da considerare – conclude Traina - che se prima per un prodotto in opera da testare bastava chiedere 3 mq per le campionature, ora bisogna rimuovere dai 15 ai 20 mq di prodotto per eseguire i test e in molti casi anche questo aspetto risulta essere critico e determinante per la scelta del test o della rimozione definitiva del materiale installato».

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