Progressioni orizzontali, welfare integrativo e concorsi
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Il part-time nella valutazione delle progressioni orizzontali
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza del 19 febbraio 2024, n. 4313 ha ritenuto che la valutazione dell’anzianità di servizio nelle procedure per progressione economica non può essere ridotta in proporzione al regime orario ridotto (part-time) del dipendente. In questo istituto viene in considerazione la valutazione del servizio pregresso al fine del giudizio sul merito comparativo per attribuire una progressione economica e, sulla questione, i Giudici hanno ritenuto opportuno ribadire che «l’obiettivo di apprezzare in misura puntuale l’esperienza di servizio è in sé legittimo. Occorre, tuttavia, rammentare, in relazione al giudizio di adeguatezza e necessità dei mezzi impiegati, che, come risulta da giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, l’affermazione secondo la quale sussiste un nesso particolare tra la durata di un’attività professionale e l’acquisizione di un certo livello di conoscenze o di esperienze non consente di elaborare criteri oggettivi ed estranei ad ogni discriminazione. Infatti, sebbene l’anzianità vada di pari passo con l’esperienza, l’obiettività di un siffatto criterio dipende dal complesso delle circostanze del caso concreto, segnatamente dalla relazione tra la natura della funzione esercitata e l’esperienza che l’esercizio di questa funzione apporta a un certo numero di ore di lavoro effettuate». In altri termini, non può esserci alcun automatismo tra riduzione dell’orario di lavoro e riduzione dell’anzianità di servizio da valutare ai fini delle progressioni economiche.
Risorse per il welfare integrativo
La sezione regionale della Lombardia della Corte dei Conti, con la delibera n. 39/2024/Par del 16 febbraio 2024, conferma che le risorse stanziate dagli enti per le misure finalizzate al welfare integrativo, previste dall’art. 82 del CCNL 16 novembre 2022, hanno natura non retributiva, ma meramente contributiva previdenziale; sicché la relativa spesa non è assoggettata al limite del trattamento economico accessorio fissato dall’art. 23, comma 2, del Dlgs 75/2017 (tetto anno 2016).
Titolo di studio superiore nei pubblici concorsi
Nei pubblici concorsi, ove il titolo minimo richiesto per la partecipazione sia la laurea triennale, non è ragionevole (quindi, illegittimo) che l’amministrazione non valuti, tra i titoli aggiuntivi o ulteriori (con il punteggio previsto), il titolo superiore (laurea vecchio ordinamento, laurea magistrale, laurea specialistica); diversamente, si produrrebbe una disparità di trattamento tra candidati ammessi che hanno acquisito titoli di studio manifestamente diversi tra loro e che sono conseguiti al termine di percorsi didattici caratterizzati da peculiari insegnamenti, prove di esame ed esperienze accademiche. È quanto affermato dal Tar Puglia-Bari, sezione I, nella sentenza 22 febbraio 2024, n. 211.
Commissioni di concorsi, incompatibilità dei titolari di cariche politiche
Il Consiglio di Stato, sezione VII, nella sentenza 25 gennaio 2024 n. 777 ha affermato che l’incompatibilità dei titolari di cariche politiche a far parte delle commissioni di concorso (ex art. 35, comma 3, lett. e, Dlgs 165/2001) deve essere ritenuta sussistente solo qualora la titolarità della carica politica interferisca direttamene con la sostanziale esigenza di imparzialità (o anche solo con la formale esigenza di apparente imparzialità) necessaria a garantire la parità fra tutti i partecipanti al concorso, secondo i principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione. Ciò significa che la circostanza non si verifica quando il componente della commissione non ricopre alcuna carica politica comunque collegata con l’amministrazione che indice il concorso e le sue competenze, né con la vicenda concorsuale.