I temi di NT+L'ufficio del personale

Assunzioni, incentivi e concorsi

La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni

immagine non disponibile

di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni.

Legittima la non assunzione per omessa dichiarazione
È legittimo il diniego all'assunzione di un candidato qualora dalla verifica della documentazione emerga che il soggetto abbia omesso di dichiarare l'esistenza di vecchie condanne penali a suo carico al momento della presentazione della domanda di partecipazione. Lo ha stabilito il Tar Calabria, Reggio Calabria, con la sentenza 371/2020, con la quale ha respinto il ricorso contro il provvedimento con cui un ente aveva comunicato l'impossibilità di procedere all'assunzione, per avere omesso queste dichiarazio

ni al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso. In particolare, il Comune aveva deliberato di attingere da una graduatoria stilata da altro ente, per effettuare un'assunzione a tempo indeterminato. Tuttavia, a seguito della chiamata del candidato collocato nella prima posizione utile, era emerso che questi aveva omesso di dichiarare nella domanda di concorso di aver patteggiato una pena a 10 mesi di reclusione per il reato di cui all'articolo 646 del codice penale e dell'articolo 55, comma 9, del Dlgs 231/2007.

Compensi incentivanti, validi quelli previsti dal contratto
«Deve escludersi in radice il potere del datore di lavoro pubblico di introdurre deroghe, anche a favore dei dipendenti, all'assetto definito in sede di contrattazione collettiva». È questo il principio ribadito dalla Corte di cassazione, Sezione lavoro, con l'ordinanza n. 11361/2020 con la quale ha respinto la domanda di un lavoratore, assegnato all'ufficio

tributi, volta al pagamento delle differenze maturate sul compenso incentivante corrisposto dal Comune nel periodo 2003-2007, in relazione alla attività di definizione agevolata dei tributi comunali. Tuttavia, nel respingere il ricorso, la Cassazione ricorda che:
• i rapporti di lavoro sono regolati esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato;
• i contratti individuali possono incidere sui trattamenti economici definiti in sede collettiva solo se specificamente abilitati;
• persino il potere legislativo - salvo che non introduca esplicitamente una clausola di salvaguardia - deve cedere di fronte alle disposizioni dei contratti collettivi in ambito economico;
• sul trattamento economico, interamente definito dai contratti collettivi, non può incidere il datore di lavoro in violazione del principio di parità di trattamento contrattuale.

Mancata assunzione del vincitore di concorso per sopraggiunte norme impeditive
Non è così scontato che un ente possa rinunciare ad assumere i vincitori a seguito di situazioni di bilancio o di limiti assunzionali sopraggiunti. La Corte di cassazione, sezione lavoro, con l'ordinanza n. 12368/2020, ha respinto il ricorso di un Comune che, d

opo aver espletato un concorso, aveva omesso di assumere il vincitore per un paventato sopraggiunto «stato di necessità». La Cassazione rileva come, nel caso in esame, la norma richiamata dall'ente quale impedimento sopraggiunto (articolo 1, comma 562, della legge 296/2006) era entrata in vigore con decorrenza dal 1° gennaio 2007, quindi in un momento in cui, in ipotesi, il Comune avrebbe potuto procedere alla revoca del bando o della procedura del concorso de quo, in quanto ancora pendente. Invece, la Pa aveva discrezionalmente scelto di procedere all'approvazione della graduatoria finale del concorso, con delibera di aprile 2007, per cui tale scelta aveva determinato l'esaurimento dell'ambito riservato al procedimento amministrativo e all'attività autoritativa dell'amministrazione e il subentro, grazie alla pubblicazione della graduatoria, di una fase in cui i comportamenti della Pa vanno ricondotti nell'alveo privatistico, espressione del potere negoziale dell'amministrazione nella veste di datrice di lavoro. Pertanto, la pretesa azionata dal soggetto inerisce alla tutela di tale diritto che va configurato come vero e proprio diritto ad essere assunto, non essendo sufficiente il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.

Legittimo il recupero dei compensi incentivanti a seguito di norma di interpretazione autentica
La Corte di cassazione, sezione lavoro, con l'ordinanza n. 11362/2020, ha analizzato la domanda di un dirigente comunale, addetto al settore opere pubbliche, per la dichiarazione di illegittimità del provvedimento con cui l'ente aveva disposto il recupero parziale di incentivi per la progettazione (corrisposti negli anni dal 2000 al 2005), dovend

o detrarsi dai compensi maturati gli oneri riflessi (oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione). I giudici hanno precisato che «la L. 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 207 (secondo il quale la L. 11 febbraio 1994, n. 109, articolo 18, comma 1, e successive modificazioni, deve interpretarsi nel senso che la quota percentuale di ripartizione della incentivazione per la progettazione di opere pubbliche, «è comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione») — è norma di interpretazione autentica, con efficacia retroattiva, senza che rilevi la circostanza che il legislatore sia già intervenuto con la L. n. 350/2003, articolo 3, comma 29, essendo quest'ultima disposizione diretta a disciplinare la ripartizione dei compensi per gli enti locali senza rinnovare il testo dell'articolo 18, comma 1 citato ma, anzi, richiamandolo. Tali considerazioni non sono inficiate dalla circostanza che l' articolo 1, comma 207, della legge n. 266 del 2005, sia stato successivamente abrogato dal Dlgs n. 163 del 2006, articolo 256, posto che la disposizione, proprio perchè di interpretazione autentica di una precedente normativa, aveva già esplicato i propri effetti volti a chiarire l'effettiva valenza della norma interpretata».