Stabilizzazione, concorsi, permessi 104 e incarichi extraistituzionali
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Revoca di una procedura di stabilizzazione
L’esercizio del potere di revoca da parte dell’amministrazione di una procedura di stabilizzazione deve sempre essere motivato poiché è necessario operare un bilanciamento tra le esigenze (ad esempio, finanziarie) dell’ente e l’interesse legittimo di chi ha titolo per partecipare non ad un mero concorso pubblico, bensì a una procedura specifica. La motivazione circa le preminenti esigenze finanziarie che avevano fatto distogliere la disponibilità in bilancio per la copertura del posto non possono essere genericamente enunciate, ma vanno descritte analiticamente altrimenti la motivazione è meramente apparente, soprattutto tenuto conto del parere negativo (nella fattispecie) del responsabile del servizio finanziario dell’ente.È quanto ha affermato il Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza 21 marzo 2024, n. 2781.
Servizio civile e valutazione dei titoli di servizio nei pubblici concorsi
Il Tar Calabria Catanzaro, sezione II, con la sentenza del 20 marzo 2024, n. 430 ha ritenuto che anche se l’articolo 8, comma 4, del Dlgs 40/2017 preveda che il periodo di servizio civile universale effettivamente prestato è valutato nei pubblici concorsi con le stesse modalità e lo stesso valore del servizio prestato presso amministrazioni pubbliche, ciò non esclude la legittimità e la prevalenza dell’eventuale clausola del bando che, per la valutazione dei titoli di servizio, circoscriva all’amministrazione che ha indetto la procedura (e/o ad altre specifiche tipologie di enti) la valutabilità (con punteggio) dei titoli di servizio.
Abuso nell’utilizzo dei permessi della legge 104/1992
Per pacifica giurisprudenza di legittimità, può costituire giusta causa di licenziamento l’utilizzo, da parte del lavoratore, di permessi previsti dalla legge 104/1992 in attività diverse dall’assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso. In coerenza con la ratio del beneficio, l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza al disabile; tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata. Lo ha ricordato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza 12 marzo 2024, n. 6468. La corte ha anche ribadito che, in detto contesto, è legittimo il controllo demandato ad un’agenzia investigativa ove non abbia a oggetto l’adempimento della prestazione lavorativa, ma sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente, come proprio nel caso di controllo finalizzato all’accertamento dell’utilizzo improprio, da parte di un dipendente, dei permessi previsti dalla legge 104/1992.
Autorizzazione per lo svolgimento di incarichi extraistituzionali
Per costante giurisprudenza, in tutti i casi di conferimento di incarichi retribuiti ai dipendenti pubblici, la pubblica amministrazione è tenuta a verificare necessariamente ex ante le situazioni, anche solo potenziali, di conflitto di interessi, al fine di assicurare il più efficace rispetto dell’obbligo di esclusività, funzionale al buon andamento, all’imparzialità e dalla trasparenza dell’azione amministrativa. Ne consegue che il privato conferente l’incarico e il dipendente pubblico, anche se in part-time, hanno entrambi, comunque, l’obbligo di comunicare al datore il conferimento dell’incarico, onde consentire all’ente di concedere la relativa autorizzazione, previa valutazione dell’assenza di una possibile situazione di conflitto di interessi del medesimo incarico con l’attività lavorativa. Vale a dire che l’autorizzazione all’espletamento di incarichi extraistituzionali deve sempre essere richiesta e ottenuta preventivamente; non può mai risultare legittimante e sanante se successiva. È quanto si legge nell’ordinanza 12 marzo 2024, n. 6525 della Corte di Cassazione, sezione lavoro.