Standard urbanistici alla Consulta, Inzaghi: «nell'incertezza prevedere la duplice conformità dei piani attuativi»
Il suggerimento dell'esperto dopo la rimessione alla Corte Costituzionale da parte di Palazzo Spada: conformità alla legge regionale e al Dm 1444
«In una regione la cui legge urbanistica ha una determinazione dello standard diversa da quella statale del Dm 1444/68, sia crea evidentemente una incertezza. Incertezza nel comune che deve fare un nuovo piano regolatore; e incertezza per i piani attuativi in istruttoria in questo periodo». Guido Inzaghi, co-founder dello studio Belvedere Inzaghi & Partners, ha una lunga esperienza sia di diritto urbanistico e ambientale e conosce bene anche leggi e regolamenti del territorio lombardo. Proprio la legge sul governo del territorio della Lombardia è stata oggetto, nel 2020, di una pronuncia della Corte Costituzionale (n.13/2020). E ora la Consulta torna a occuparsi di una controversia in materia urbanistica nata nel comune lombardo di Villasanta (Monza e Brianza). Con una differenza importante, però. Diversamente dalla pronuncia del 2020, questa volta il vaglio di costituzionalità non riguarda una norma del legislatore regionale, bensì una norma statale - quella sulla deroga agli standard edilizi inserita nel 2013 nel Testo unico edilizia (articolo 2-bis) - che la Lombardia, come anche altre regioni, ha recepito e applicato. Il nodo è venuto al pettine quando il comune, avvalendosi della possibilità di deroga prevista dalla legge regionale, ha chiesto al privato uno standard urbanistico maggiore di quello minimo previsto nella norma statale. Il privato ha impugnato la deliberazione del Comune e ha aperto il contenzioso che sta mettendo in dubbio la legittimità dell'intera architettura normativa. Il Consiglio di Stato, nella riflessione contenuta nell'ordinanza pubblicata lo scorso 17 marzo (n.1949/2022), ha ritenuto non infondata la questione di incostituzionalità della norma del Tue. La rimessione alla Corte Costituzionale apre pertanto una fase di comprensibile incertezza per gli operatori privati che propongono - o che hanno al vaglio del comune - progetti di sviluppo e trasformazione immobiliare. Dall'altra parte, la stessa incertezza la vivono agli enti locali, sia nella attività di pianificazione urbanistica generale, sia nella valutazione dei piani attuativi proposti dai privati.
Avvocato, come valuta la situazione?
Ovviamente bisogna aspettare cosa dirà la Corte Costituzionale; per la decisione ci vorrà circa un anno. Questi sono i tempi. Sicuramente ora c'è incertezza.
Cosa può dire la Corte Costituzionale?
Dal mio punto di vista non può riconoscere l'incostituzionalità. La Corte se l'è presa con la modifica del Testo unico edilizia che ha introdotto la possibilità per le regioni di derogare al famoso Dm 1444. Se l'è presa con l'indeterminatezza della legge statale, che non mettendo un limite alla derogabilità della dotazione degli standard urbanistici comunali da parte delle Regioni, ha consentito il Comune di Villasanta potesse incrementare la dotazione di aree per servizi pubblici o di interesse pubblico in misura sensibilmente superiore alle previsioni statali.
E non se l'è presa con la regione Lombardia Assolutamente no, o almeno non in via diretta. La censura di incostituzionalità della legge regionale n.12/2005 è infatti solo una conseguenza della assunta illegittimità dell'articolo 2-bis del Dpr n. 380/2001, cioè il Testo unico dell'edilizia, che consente la derogabilità in oggetto. E la cosa non è banale, perché la Corte ha dimostrato di non vedere di buon occhio le leggi regionali su questi temi. Il giudizio riguarda esclusivamente la legge statale.
Le chiedo uno sforzo di immaginazione. Quale potrebbe essere il ragionamento della Consulta?
Il testo unico contiene i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attività edilizia, per cui quando con l'articolo 2-bis il legislatore ha voluto integrare una norma ritenuta di principio come il Dm del 1968 è ragionevole pensare che coscientemente abbia proprio voluto integrare il principio sugli standard, consentendo la derogabilità della quantificazione di questi ultimi da parte delle Regioni. In questo contesto, era obbligato il legislatore a mettere un limite alla facoltà riconosciuta alle Regioni? Alla luce della riforma del titolo V della Costituzione e della cosiddetta sussidiarietà verticale - specie nella materia del Governo del Territorio di competenza concorrente - direi di no. La Corte comunque si pronuncerà e lo farà anche alla luce della prospettazione del Consiglio di Stato per cui gli standard urbanistici incidono sulla qualità della vita e dunque sulla materia dell'ambiente, nonché sul livello minimo delle prestazioni che lo Stato deve assicurare, di competenza esclusiva statale.
E se accertasse l'incostituzionalità?
I piani regolatori comunali e gli strumenti urbanistici attuativi determinano la dotazione di servizi pubblici applicando le previsioni della rispettiva legge regionale. Gli strumenti che avessero fatto applicazione delle leggi regionali che hanno derogato al Dm in materia di standard andrebbero dunque in crisi. Non ci sarebbe però alcuna illegittimità immediata di Prg e piani attuativi, perché il vizio derivante dall'aver applicato una norma contraria alla costituzione dovrebbe essere contestato al Tar nel termine di 60 giorni, o 120 in caso di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Solo il giudice potrebbe quindi annullare i piani. In verità anche il comune potrebbe fare giustizia da solo annullando, in autotutela, i suoi stessi provvedimenti colpevoli di aver applicato delle previsioni incostituzionali. Ma la possibilità è data dalla legge per un solo anno dalla entrata in vigore dei piani stessi ed è comunque difficile che un comune si spinga a tanto, dovendo considerare gli effetti che produrrebbe rispetto alla tutela delle aspettative indotte dai suoi provvedimenti. È più facile che i Comuni si risolvano nel fare nuovi strumenti urbanistici applicativi del Dm in materia di standard.
Questo per quanto riguarda la pianificazione generale. Poi ci sono i piani attuativi.
Questa è l'area di maggiore incertezza: i piani attualmente in istruttoria. Il comune per evitare il rischio di ricorsi futuri potrebbe prudenzialmente già oggi applicare le norme del Dm. Questa è una soluzione semplice nel caso in cui la legge regionale e lo strumento urbanistico generale fissassero la misura degli standard in misura inferiore a quella del Dm - la quantità di standard è sempre un minimo, per cui non è difficile aumentarne la quota. Più complicato quando la deroga al Dm abbia comportato una misura maggiore di aree per servizi pubblici. In questo caso, per non violare la legge o il regolamento comunale della cui costituzionalità si dubita, bisognerebbe pensare a complicati meccanismi di adeguamento al ribasso della dotazione di standard in caso di futuro accertamento dell'incostituzionalità dell'art. 2-bis. In alternativa si potrebbe ragionare sulla determinazione dello standard su base contrattuale, per evitare che il privato possa chiedere la restituzione delle aree cedute in più nel caso di futura sentenza della Corte Costituzionale nel senso prospettato dal Consiglio di Stato.
Resta l'incertezza.
Incertezza, sì. Questa situazione la crea, indubbiamente.
Allargando la prospettiva. Non le sembra che la vicenda possa rappresentare la spia della necessità - come ciclicamente viene proposto da operatori e mondo accademico - di revisionare la legge urbanistica del '42?
Abbiamo vissuto una stagione in cui le regioni - e la Lombardia tra queste - hanno dato risposta all'esigenza di norme più moderne ed elastiche rispetto all'impianto statale del 1942. La monetizzazione dello standard, per esempio. La legge urbanistica non la conosceva. La Lombardia - rischiando - l'ha introdotta, prima della riforma del titolo V. Dopo la riforma ci si è però resi conto che il sistema dava luogo a incertezze importanti, perché non si capiva mai se le norme regionali ledevano i principi - nemmeno elencati nelle norme sulla disciplina del governo del territorio - oppure erano nell'alveo dei principi. La Corte Costituzionale ha lavorato tantissimo, annullando tante previsioni di diverse leggi regionali.
E oggi?
Oggi sembra che il giudice amministrativo richiami all'ordine il legislatore nazionale chiedendogli di fare chiarezza. Sarà difficile, perché chiarezza andrebbe fatta a monte, nella Costituzione. Invece il legislatore dovrà comunque operare in quell'area grigia tra le norme di principio di competenza statale e le norme attuative di competenza regionale. Fare una legge urbanistica nazionale che rispetta la Costituzione - secondo cui lo Stato deve appunto dettare solo i principi - sarà difficile: sarà molto facile che il legislatore invada la competenza regionale.
Un consiglio pratico a chi deve prendere decisioni in questo periodo di incertezza?
Come dicevo, l'incertezza si crea soprattutto sui piani urbanistici attuativi. Noi di piani attuativi ne stiamo facendo tanti. E la domanda ce la poniamo. Ci inventeremo una duplice conformità: faremo in modo che la dotazione di standard rispetti sia la legge statale che quella regionale.