I temi di NT+L'ufficio del personale

Trattamento accessorio, concorsi, periodo di prova e mobbing

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di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.

Welfare integrativo e limite al trattamento accessorio

Alla Corte dei conti del Piemonte è stato chiesto se le somme destinate al finanziamento del welfare provenienti dal fondo risorse decentrate siano o meno da includere nel tetto del salario accessorio e se, in tale ambito, assuma un rilievo il fatto che le stesse erano già previste nello stesso oppure derivano da aumenti disposti in applicazione del Ccnl. I magistrati contabili con la deliberazione n. 14/2024/SRCPIE/PAR del 13 febbraio 2024 ha, preliminarmente, evidenziato la natura innovativa dell’articolo 82 del contratto 16 novembre 2023 nel consentire che gli oneri per il welfare integrativo siano sostenuti anche mediante l’utilizzo di quota parte del fondo risorse decentrate, nel limite definito in sede di contrattazione integrativa (e, dunque, senza possibilità di variazioni in sede applicativa) e nel rispetto dei vincoli di destinazione di cui all’articolo 80 del contratto. Rispetto al merito del quesito, la Sezione ha ricordato che le sezioni regionali di controllo della Corte hanno precisato che non rientrano nel limite al salario accessorio (tetto anno 2016) quelle erogazioni che sono prive di finalità retributiva e che assolvono ad una funzione contributivo-previdenziale o assistenziale.

Commissioni di concorso

Il Tar Campania-Napoli, sezione II, con la sentenza del 7 febbraio 2024 n. 926 ha ritenuto che il candidato di un pubblico concorso che non abbia superato la prova scritta non può far valere l’illegittimità della procedura sulla base:

  • di un procedimento penale pendente a carico del Presidente della commissione esaminatrice, dirigente di amministrazione diversa da quella titolare della procedura, cui sia stato fatto divieto di prendere parte a commissioni per procedure pubbliche bandite dal proprio ente, in ragione delle indagini in corso nei suoi confronti, trattandosi di un atto con efficacia limitata alle gare ed ai concorsi banditi dall’amministrazione datrice di lavoro e non suscettibile di essere riferito alle procedure avviate da altri enti;
  • della mancanza di autorizzazione, sempre per i componenti della commissione, dell’autorizzazione del proprio ente, dal momento che non si apprezza alcun interesse concreto a censurare detta mancanza.

Recesso datoriale nel periodo di prova

Il recesso dell’amministrazione per mancato superamento del periodo di prova (o nel corso) è connotato da discrezionalità datoriale nella valutazione dell’esperimento. Il principio è stato ribadito nella sentenza della Corte di cassazione, sezione Lavoro, 30 gennaio 2024 n. 2833 laddove si rinviene che, quindi, grava sul lavoratore l’onere di dimostrare il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite o la contraddizione tra recesso e funzione del periodo di prova. Il sindacato giurisdizionale in detta materia si limita alla verifica della coerenza delle ragioni del rispetto, da un lato, alla finalità della prova, dall’altro, all’effettivo andamento della prova stessa.

Mobbing e straining

Nell’accertamento del mobbing, «l’elemento qualificante va ricercato non nella legittimità o illegittimità dei singoli atti bensì nell’intento persecutorio che li unifica, che deve essere provato da chi assume di aver subito la condotta vessatoria e che spetta al giudice del merito accertare o escludere, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto …; a tal fine la legittimità dei provvedimenti può rilevare, ma solo indirettamente perché, ove facciano difetto elementi probatori di segno contrario, può essere sintomatica dell’assenza dell’elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata». La Corte di cassazione, sezione Lavoro, nell’ordinanza 12 febbraio 2024 n. 3822 ha altresì affermato che anche quando siano esclusi gli estremi del mobbing, «è illegittimo che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori …, lungo la falsariga della responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l’esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute, cioè nociva, ancora secondo il paradigma di cui all’art. 2087 cod. civ».