Appalti

Urbanizzazioni a scomputo, nel nuovo codice appalti sono opere pubbliche al 100% (e per gestirle serve la qualificazione)

La bozza non considera queste opere in regime di convenzione urbanistica. Pa più coinvolte, sia in fase di gara che di esecuzione, salvo che il privato sia qualificato come stazione appaltante

di Antonio Belvedere (*) e Viviana Cavarra (*)

Lo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici non contiene una disciplina ad hoc sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione o, in generale, delle opere pubbliche realizzate in regime di convenzione urbanistica. Si tratta di opere pubbliche che l'operatore economico si assume di eseguire a proprie spese in relazione alla realizzazione di uno sviluppo immobiliare privato e poi, una volta ultimate, di consegnare al comune; vi rientrano, ad esempio, i lavori per la costruzione di strade residenziali, aree di sosta o di parcheggio, reti fognarie o idriche (c.d. opere di urbanizzazione primaria) oppure di asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere (c.d. opere di urbanizzazione secondaria). In questo contesto, se verrà confermata l'impostazione dello schema, ci potranno essere cambiamenti importanti sia per gli operatori privati, sia per i comuni; ma procediamo con ordine, partendo dalla disciplina attuale prevista dal Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

L'articolo 1, comma 2, lettera e), del vigente Codice dei contratti pubblici riconosce a questa categoria di opere la natura di lavori pubblici; pertanto, all'aggiudicazione dei relativi appalti si applicano le disposizioni del Codice a prescindere dal soggetto che svolgerà la gara (operatore privato o comune). Su un piano soggettivo, infatti, anche quando è il soggetto privato ad occuparsi di questi lavori, lo stesso non potrà eseguirli direttamente ma dovrà affidarli a terzi, selezionati nel rispetto del Codice; fa eccezione a tale regola il caso delle opere di urbanizzazione primarie che sono funzionali all'intervento immobiliare, qualora l'importo complessivo di tutte le opere pubbliche a carico del privato non superi la soglia di rilevanza europea. Pertanto, acquisendo il ruolo di stazione appaltante o, più precisamente, di «altro soggetto aggiudicatore», il privato si occuperà di: (i) progettare la gara tenendo conto del valore complessivo dell'insieme di opere pubbliche previste a proprio carico nell'ambito della medesima convenzione urbanistica oppure, a certe condizioni, della specifica opera da appaltare; (ii) svolgere direttamente e autonomamente la procedura di selezione dell'appaltatore; al privato, infatti, non si applicano le disposizioni sul sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti; (iii) procedere con tutte le verifiche e gli obblighi informativi verso Anac e le altre autorità competenti. In sostanza, non v'è niente di diverso da quello che farebbe una normale amministrazione aggiudicatrice. Le cose cambiano invece rispetto alla fase di esecuzione dei lavori; una volta stipulato il contratto di appalto, infatti, il Codice si applica esclusivamente con riguardo alle norme sul collaudo dell'opera. Di conseguenza, i rapporti negoziali tra committente privato e appaltatore restano regolati unicamente dalla disciplina di diritto civile, salvo che non sia diversamente previsto dallo specifico contratto. Fino a qui la regolamentazione attuale.

Vediamo adesso come cambierebbe la disciplina alla luce dello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici. Come accennato, lo schema non ha riproposto una norma specifica sulle opere in discorso. Questo non significa che le opere di urbanizzazione a scomputo rimarrebbero fuori dal perimetro di applicazione del Codice ma che, anzi, all'opposto, le stesse verrebbero sottoposte completamente al medesimo regime delle opere pubbliche. In effetti, da un esame complessivo della struttura dello schema, a ben vedere, si può notare che, sotto il profilo oggettivo, le opere di urbanizzazione a scomputo sono, a tutti gli effetti, opere pubbliche; si tratta, infatti, di lavori che il privato si fa carico di eseguire per conto del comune al fine di poter realizzare un determinato progetto immobiliare privato. Sotto il profilo soggettivo, lo schema (o meglio l'allegato I allo schema), nella definizione di «stazione appaltante», comprende «qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del Codice dei contratti pubblici». Pertanto, per l'affidamento di queste opere il soggetto privato, «stazione appaltante», sarebbe tenuto ad applicare il Codice, ma con alcuni aspetti di novità rispetto alla disciplina attuale.

Il primo riguarda proprio il profilo soggettivo. In particolare, ai sensi degli articoli 62 e 63 dello schema del nuovo Codice, gli obblighi di centralizzazione degli acquisti e di qualificazione delle stazioni appaltanti si applicherebbero a tutte le stazioni appaltanti che non siano imprese pubbliche o soggetti privati titolari di diritti speciali o esclusivi nell'ambito dei settori speciali. Quali conseguenze ne derivano? La prima si riferisce alla competenza per lo svolgimento della gara. In effetti, per l'affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo, il soggetto privato potrà svolgere la gara solo se risulterà iscritto all'elenco delle stazioni appaltanti qualificate; in assenza dell'iscrizione, si prospetterebbero due ipotesi: (i) per la gestione della gara il privato incarica una centrale di committenza; (ii) la gara viene svolta dal comune (sempre che possieda l'iscrizione al citato elenco delle stazioni appaltanti qualificate).

La seconda conseguenza è invece relativa all'individuazione del soggetto che si occuperà di gestire la fase di esecuzione dei lavori. Non c'è dubbio che, nel momento in cui la gara venga gestita dal soggetto privato, sarà quest'ultimo a stipulare il contratto e, dunque, ad occuparsi di vigilare sulla realizzazione dei lavori. Negli altri due casi sopra ipotizzati (centrale di committenza o comune), invece, non pare sia possibile giungere alla medesima conclusione considerato che, ai sensi dell'articolo 62, comma 6, dello schema anche per la fase di esecuzione del contratto è richiesto il possesso della qualificazione di stazione appaltante; pertanto, i soggetti privati potranno eseguire il contratto solo se risultano qualificati anche per l'esecuzione. Di conseguenza, viene da pensare che, in questi casi, anche la gestione del contratto spetterà alla centrale di committenza o al comune.

Sempre rispetto alla fase di esecuzione, è da segnalare un'altra novità: al contratto di appalto troverebbe applicazione l'insieme delle norme sull'esecuzione dei lavori previste dal Codice (e non solo, dunque, come accade oggi, la parte che disciplina il collaudo). Tale circostanza, se da un lato può risultare coerente con la natura pubblica delle opere di urbanizzazione a scomputo, d'altro lato, a ben vedere, andrebbe adeguata in relazione alla natura della stazione appaltante quando ad occuparsi della gara e della gestione del contratto sia l'operatore privato. Da ultimo, occorrerebbe introdurre una specificazione in merito all'ambito di applicazione temporale del nuovo Codice. Ricordiamo che dal passaggio dal Dlgs n.163/2006 al Codice vigente era stato individuato come momento di riferimento per stabilire l'applicabilità del Dlgs n.50/2016 quello della stipulazione della convenzione urbanistica. Pertanto, per evitare eventuali dubbi applicativi delle norme sarebbe opportuno, anche nel testo del nuovo Codice, chiarire il periodo transitorio in cui alle opere pubbliche in regime di convenzione urbanistica troverà ancora applicazione il Dlgs n.50/2016.

* Studio Bip - Belvedere Inzaghi & Partners

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