Valori delle tabelle comunali validi per gli accertamenti Imu
La recente sentenza della Corte di cassazione n. 24589 del 11 agosto 2023 ha ribadito che i valori venali delle aree fabbricabili ai fini Ici, stabiliti con delibera comunale, sono validi anche ai fini dell’attività di accertamento.
La questione affrontata dalla Corte attiene alla possibilità di utilizzare i valori venali che il Comune ha deliberato ai sensi delle disposizioni vigenti per la soppressa Ici, anche per l’attività di accertamento degli anni pregressi. La normativa dell’articolo 59 del Dlgs 446/1997 nell’Ici e oggi la norma del comma 777 dell’articolo 1 della legge 160/2019 nella nuova Imu, consentono ai Comuni di introdurre una disposizione regolamentare che prevede la fissazione periodica dei valori venali medi delle aree fabbricabili, con la funzione di autolimitazione del potere comunale di accertamento. Infatti, il contribuente che effettua il pagamento del tributo in base al valore comunale, non è esposto ad accertamento di maggior valore. I valori determinati periodicamente dal comune, di norma dalla giunta o dal consiglio in base alla previsione regolamentare, oltre alla predetta funzione, hanno anche una finalità di orientamento per il contribuente nella determinazione dell’importo dovuto annualmente e sono utilizzabili per l’attività di accertamento. La Corte evidenzia, infatti, che si tratta di fonti presuntive, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti. Ne deriva che possono utilizzarsi per le annualità pregresse, in quanto, data la natura presuntiva, il contribuente può, anzi è gravato dall’onere di fornire la prova contraria. Cioè, può presentare elementi oggettivi, come perizie di parte, capaci di dimostrare il minor valore dell’area edificabile di proprietà, rispetto a quello risultante dall’applicazione dei valori comunali. In sostanza, i valori comunali operano come gli studi di settore o altri strumenti presuntivi del reddito.
Tale facoltà, come detto, può essere esercitata anche nella nuova Imu, in virtù della norma del comma 777 della legge 160/2019. Dopo che tale potestà regolamentare non era stata confermata nell’originaria Imu, introdotta dall’articolo 13 del Dl 201/2011. Seppure diversi comuni, in virtù della potestà regolamentare generale in materia di entrate ex articolo 52 Dlgs 446/1997, avevano stabilito l’applicazione di valori venali medi, quantomeno come riferimento per i contribuenti.
Si tratta di uno strumento di semplificazione del rapporto con il contribuente, supportandolo nella determinazione del tributo, che al tempo stesso non muta il criterio legale di determinazione della base imponibile delle aree fabbricabili, che resta il valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, ovvero alla data della variante urbanistica che attribuisce o muta la destinazione edificatoria di un’area, come disciplinato dal comma 746 della legge 160/2019. Come a dire che, anche in presenza dei valori comunali presuntivi, il contribuente è tenuto a versare l’imposta sulla base del valore venale, determinato tenendo conto dei parametri di legge, ossia della zona territoriale di ubicazione, dell’indice di edificabilità, della destinazione d’uso consentita, degli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, dei prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche. Sia nel caso in cui lo stesso è più basso, circostanza che espone il contribuente a possibili rettifiche comunali, e sia in quello in cui è più alto. Nel primo caso, comunque, resta in capo all’ente impositore l’onere probatorio, in caso di rettifica per maggior valore, nella motivazione presente nell’avviso di accertamento. Motivazione che, pur se può basarsi sui valori venali tabellari, dovrebbe correttamente contenere anche elementi atti a comprovare l effettivo maggior valore dello specifico terreno, ricorrendo ad esempio, a valori riscontrati ufficialmente sul mercato. Il valore venale delineato dalla normativa non è comunque banalmente il valore di mercato, ma il frutto di una stima nata dalla combinazione di elementi tecnici (destinazione, lavori di adattamento, vincoli edificatori, eccetera) e di mercato.
La natura estremamente soggettiva del valore venale incentiva il contenzioso e l’incertezza applicativa, natura che può essere mitigata dall’adozione dei valori tabellari, ma che forse andrebbe più coraggiosamente affrontata mutando il criterio per determinare la base imponibile delle aree, adottando un parametro, magari di base catastale, capace di rendere più oggettivo il prelievo.
(*) Vice presidente Anutel
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17/10/2023: Il Pef Tari: la revisione biennale 2024-2025 e gli altri adempimenti Arera (9,00-11,00)
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29/11/2023: I controlli collaborativi della corte dei conti: tra preventivo, salvaguardia, consuntivo e consolidato (10,00-12,00)
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- IL CORSO si terrà dal 6 al 24 NOVEMBRE 2023.
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