Urbanistica

Valutazione ambientale, ingorgo in commissione con 640 progetti

Nonostante un'accelerazione restano criticità gravi: serve una riforma che porti trasparenza sul lavoro svolto

di Giorgio Santilli

Alcuni numeri possono fotografare perfettamente il grande ingorgo che attraversa la commissione di Valutazione di impatto ambientale (Via), uno degli snodi nevralgici del Paese Italia sulle infrastrutture, soprattutto quelle per la mobilità ed energetiche. In un momento cruciale per due ragioni che in parte coincidono: la prima è che stanno arrivando i progetti del Recovery Plan e la commissione Ue ha fatto capire, anche con le linee guida pubblicate venerdì scorso, che gli esami e gli screening ambientali saranno fondamentali ai fini dell'ammissione dei progetti ai fondi europei; la seconda - ribadita mercoledì dal presidente del Consiglio, Mario Draghi nel suo intervento al Senato - è che la trasformazione verde della nostra economia richiede infrastrutture sostenibili. A maggior ragione, quindi, la Via - che è un procedimento di derivazione Ue e quindi non sopprimibile - sarà uno snodo decisivo, considerando che il Recovery ammette solo opere completabii entro il 2026.Vediamo i numeri, quindi. E colpisce che siano spaventosi, nonostante la nuova commissione Via, ora preceduta da un magistrato della Corte dei conti, Massimiliano Atelli, abbia deliberato nei primi 47 giorni dell'anno 47 dossier, media di una valutazione al giorno.
Di questi 47 i No sono stati cinque.In commissione ci sono attualmente da esaminare poco meno di 650 progetti. Vediamo l'andamento da maggio, quando si è insediata l'attuale commissione: in eredità c'erano 223 dossier. A questi se ne sono aggiunti ben 471 da giugno a fine anno, portando il totale a 694 progetti. Qui ci sono opere di ogni tipo e dimensione, dalle infrastrutture molto grandi alle piccole. I dossier su cui la nuova commissione si è pronunciata sono stati, fino al 31 dicembre, 192. Ma - qui c'è uno degli aspetti critici del lavoro della commissione - solo per 50 è stato approvato un pronunciamento finale. Per gli altri si è trattato di un rinvio o di un passaggio ancora intermedio. A fine anno c'erano quindi ancora da valutare 644 dossier. Un arretrato enorme. Dal 1° gennaio - da quando cioè il nuovo presidente, Massimiliano Atelli, è subentrato a Luigi Boeri, che si è dimesso per motivi di salute - sono arrivati 48 dossier e su 47 c'è stato un pronunciamento.

La situazione resta quindi immutata, nonostante l'accelerazione alla media di una pratica trattata al giorno. Ma cosa impedisce uno smaltimento più celere dei dossier? Come spiega lo stesso Atelli nell'intervento a fianco, oggi si possono individuare tre elementi di criticità "interna" principali. Il primo sta nel fatto che la qualità dei progetti in arrivo resta bassa e la commissione in molti casi si presta a una sorta di «soccorso istruttorio», sopperendo a buchi anche quando il progetto è molto carente o mancante di analisi pure previste dalla legge. Questo comporta un dispendio di energie e di tempo che penalizza tutti i progetti e in particolare i progetti fatti meglio. Il secondo sta nella carenza del supporto tecnico, che alla commissione è generalmente garantito dai tecnici dell'Ispra. La commissione ha lavorato fino a ottobre senza questo supporto e questo ha contribuito all'accumulo dei dossier. Ora il problema è risolto parzialmente, il supporto c'è ma non è ancora a regime.

E qui arriva la terza difficoltà. Il decreto semplificazioni dello scorso luglio ha previsto una seconda commissione, detta Pniec perché dovrebbe esaminare i progetti del Piano nazionale integrato del clima e l'energia. È una corsia parallela, accelerata secondo l'intenzione del legislatore, che però è ferma in attesa di nomina. Procedere in questa direzione o - come propone Atelli - sopprimerla e rafforzare la struttura di supporto all'attuale commissione Via che comunque, in attesa della nuova, deve valutare quei progetti? Stiamo per entrare nella fase decisiva del Recovery Plan - molti progetti coincideranno proprio con quelli della commissione Pniec - e l'eredità lasciata dal precedente governo è di assoluta confusione. Servono invece correzioni rapide per mettere la commissione in grado di funzionare al meglio e serve anche una riforma vera e propria, che imponga tempi certi e parta dal fatto che oggi non è previsto nessun obbligo di trasparenza sul lavoro della commissione. È l'unica struttura di questo tipo che non debba neanche presentare una relazione annuale al Parlamento. «Trasparenza e semplificazione», ha detto ieri Draghi alla Camera come ricetta per la Pa. La commissione Via è uno dei casi più urgenti da affrontare.

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