I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Rassegna sulle emissioni inquinanti

di Mauro Calabrese

Inquinamento elettromagnetico - Elettrosmog - Limiti di emissioni - Antenne 5G - Nuove tecnologie - Sperimentazione - Principio di precauzione - Sindaco - Ordinanza contingibile e urgente - Incolumità pubblica - Pericolo concreto e attuale
Premesso che la competenza alla valutazione sui rischi connessi all’esposizione derivante dagli impianti di telecomunicazioni è di esclusiva pertinenza dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (Arpa), è illegittima l’ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco per imporre il divieto di sperimentazione o installazione delle antenne del 5G, adottata invocando il potere di intervenire al verificarsi di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, ai sensi dell’articolo 50, comma 5, del Dlgs 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico degli Enti Locali), nonché l’applicazione anticipata del «principio di precauzione». Invero, nei fatti non sussiste un effettivo pericolo grave ed attuale per l’incolumità pubblica, atteso che il pericolo derivante dalla diffusione della nuova tecnologia 5G appare, allo stato, non effettivo e scientificamente non accertato, mentre il principio di precauzione sancito dall’ordinamento comunitario come cardine della politica ambientale è sufficientemente assicurato dalla disciplina statale della Legge 22 febbraio 2001, n. 36 e nel successivo Dpcm 8 luglio 2003, che ha fissato i parametri relativi ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità, quali parametri considerati non modificabili, neppure in senso restrittivo, dalla normativa delle singole Regioni.

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione I Catania, sentenza 1° marzo 2021, n. 615

 
Inquinamento - Autorizzazione Integrata Ambientale - Migliori tecniche disponibili - Emissioni industriali - Prescrizioni - Limiti di emissione - Discrezionalità amministrativa - Merito tecnico

È legittima la previsione da parte dell’Autorità competente al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) per un impianto inquinante, come un impianto di produzione di coke destinato all’industria siderurgica, di condizioni di autorizzazione più rigide di quelle ottenibili utilizzando le «migliori tecniche disponibili» descritte nelle conclusioni sulle «Best Available Techniques» (Bat) adottate dalla Commissione Europea, potendo anche prevedere misure via via più afflittive in caso di eventuali violazioni e superamento dei limiti di emissione, come i relativi tempi di osservazione, quale espressione di merito tecnico insindacabile. Tale previsione, logica e razionale, laddove ispirata a criteri di progressività e proporzionalità, è coerente alla funzione precauzionale del sistema di limiti e controlli, oltre che alla generale previsione dell’articolo 8 della Direttiva 2010/75/Ue sulle emissioni industriali, nonché coerente con la disciplina nazionale ed europea volta a fare applicazione delle migliori tecnologie disponibili alle gestioni industriali, ma soprattutto a seguito dell’adesione dell’Italia ai cd «cleaner dialogue» che hanno lo scopo precipuo di chiudere le gravi procedure di infrazione pendenti a carico dell’Italia per la violazione della normativa europea in materia di qualità dell’aria, sin da Corte di Giustizia Ue, sezione VI, 31 marzo 2011, C-50/10 che ha condannato lo Stato italiano, come pure Corte di Giustizia Ue, Grande Sezione, 10 novembre 2020, C-644/18 sempre di condanna dell’Italia per la presenza eccessiva di PM10 nell’aria.

Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 1° marzo 2021, n. 1714

 

Inquinamento - Tutela dell’Ambiente - Diritto alla Salute - Diritto di Accesso - Informazioni Ambientali - Legittimazione - Controinteressati
Premessa la legittimazione del cittadino residente nel Comune di Roma a impugnare il diniego di accesso alle informazioni ambientali relative al progetto di potabilizzazione delle acque prese dal Fiume Tevere, dato lo stato di inquinamento del fiume e la potenziale possibilità di interferire o pregiudicare le condizioni di salute riguardo alla qualità dell’acqua destinata all’immissione nell’acquedotto servente la Città, di cui il ricorrente è utente, l’accesso alle informazioni ambientali, ai sensi dell’articolo 3 del Dlgs n. 195 del 2005 e dell’articolo 3-sexies del Dlgs n. 152 del 2006, spetta a chiunque, senza necessità di dimostrare un particolare e qualificato interesse, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi di cui alla Legge n. 241 del 1990, escluse solo le richieste manifestamente irragionevoli e formulate in termini eccessivamente generici. Ciò premesso, è illegittimo il diniego di accesso opposto dalla Regione Lazio sul presupposto della mancanza del consenso dei controinteressati, dovendo essere sempre l’Amministrazione a valutare la fondatezza della richiesta, anche in contrasto con l'opposizione eventualmente manifestata dai controinteressati, laddove il diritto di accesso alle informazioni ambientali, richieste al fine di tutelare il proprio diritto alla salute e alla tutela dell’ambiente, con regime facilitato di accesso di cui al richiamato Dlgs. n. 195 del 2005, rende prevalenti gli interessi di coloro che vogliono accedere ai documenti relativi ai diritti fondamentali della salute e dell’ambiente tutela dalla Costituzione, rispetto alla situazione di chi ha invece interesse a che i dati aziendali o personali non siano rivelati.

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I Quater, sentenza 4 marzo 2021, n. 2652

 

 Inquinamento - Emissioni nocive - Tutela della Salute - Bilanciamento di interessi - Ordinanza contingibile e urgente - Eliminazione del rischio
Fermo restando che il diritto alla salute costituzionalmente garantito ai sensi dell’articolo 32 Cost. sia logicamente prevalente su tutti gli altri, il bilanciamento dei diritti antagonisti deve essere rapportato anche alla entità del sacrificio imposto all’interesse soccombente rispetto al vantaggio correlativamente derivante all’interesse ritenuto prevalente, dovendo ritenersi ammissibile e compatibile con i principi costituzionali una compressione entro limiti ragionevoli del diritto alla salute in favore di un rilevante interesse economico, dovendo tale bilanciamento in concreto necessariamente incontrare, rispetto al diritto alla salute, un ragionevole limite; limite che nel caso del siderurgico ex-Iva di Taranto risulta invece macroscopicamente violato- Invero, lo stato di grave pericolo per la salute del contesto abitativo della città di Taranto, aggravato proprio dal sempre più frequente ripetersi di emissioni nocive ricollegabili direttamente all’attività del siderurgico, deve ritenersi permanente ed immanente, derivandone la legittimità dell’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco di eliminazione del rischio e, in via conseguente, di sospensione delle attività dell’impianto siderurgico, adottata ai sensi dell’articolo 50 Tuel, in quanto volta a prevenire il ripetersi, via via più frequente, di immissioni in atmosfera in grado di determinare grave danno alla salute della popolazione residente, oltre che in considerazione dell’elevato allarme sociale che siffatti episodi emissivi determinano in una popolazione già assolutamente provata.

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce Sezione I, Sentenza 13 febbraio 2021, n. 249

 

Inquinamento - Valutazione dell’Impatto Ambientale - Impianto trattamento rifiuti - Emissioni odorigene - Legittimazione - Tutela dell’Ambiente - Tutela della Salute - Vicinitas
Ai fini della legittimazione a impugnare i provvedimenti di Valutazione dell’Impatto Ambientale e di Autorizzazione ambientale, la personale «vicinitas» a una discarica di rifiuti in costruzione, come nel caso dei residenti nelle vicinanze dell’impianto controverso, costituisce titolo autonomamente legittimante la proposizione dell’impugnativa, trattandosi di impianto avente potenzialità inquinante, anche tenendo conto dell’impatto odorigeno dell’attività e dei materiali trattati, con elevato tasso d’invasività sulla vita quotidiana. Gli interessi fatti valere dai ricorrenti, infatti, si collocano nel quadro della tutela dell’ambiente, caratterizzata da una particolare qualificazione e rilevanza generale del bene protetto, come correlato anche al diritto alla salute di cui all’articolo 32 Cost.

Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 3 marzo 2021, n. 1814

 

Inquinamento - Emissioni Elettromagnetiche - Autorizzazione comunale - Radioprotezione - Principio di precauzione - Limiti di emissione - Inquinamento acustico e luminoso - Immissioni - Normale tollerabilità
In tema di autorizzazione comunale alla installazione di un impianto per le teleradiocomunicazioni, quale un’antenna per la telefonia cellulare, premesso che non si può pretendere di localizzare gli impianti radio base per la telefonia mobile ad una determinata distanza dal confine di proprietà, non sussiste violazione del principio generale di precauzione, nell’ottica della minimizzazione dell’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche anche in considerazione di quelle già prodotte da altri impianti, laddove risulti il rispetto dei limiti stabiliti dalla normativa statale, non residuando spazio alcuno che consenta all’Ente locale di stabilire livelli di esposizione diversi da quelli fissati dalla normativa nazionale e di perseguire finalità di radioprotezione sottratte alla sua competenza.
Qualora si lamenti, oltre all’inquinamento elettromagnetico, anche quello acustico e luminoso prodotto dall’impianto di telefonia mobile, la questione è estranea alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, dovendo trovare applicazione la disciplina civilistica delle immissioni oltre la normale tollerabilità di cose di cui all’articolo 844 del Codice Civile, laddove la giurisdizione a decidere su immissioni da attività industriale autorizzata, nocive alla salute, spetta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo sul presupposto che il diritto fondamentale alla salute limita l’esercizio dei pubblici poteri essendo la Pubblica amministrazione priva del cosiddetto potere di affievolimento.

Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza 5 febbraio 2021, n. 1069

 

Inquinamento elettromagnetico - Emissioni - Radioprotezione - Regolarità urbanistica - Abuso edilizio - Ordine di demolizione - Rispristino della regolarità
A fronte dell’emissione da parte del Comune di un ordine di demolizione di un antenna per la radiodiffusione abusiva perché realizzata in assenza di titolo, in ragione del suo carattere reale e ripristinatorio dell’ordine giuridico violato, non può invocarsi a giustificazione della permanenza dell’abuso il contrapposto interesse alla tutela della salute dei cittadini dall’inquinamento elettromagnetico, anche laddove sia necessario trasferire le parabole emittenti su di un traliccio più basso, quindi con maggiore impatto sui cittadini, in quanto la funzione amministrativa e la stessa causa del provvedimento demolitorio impugnato mirano al ripristino della regolarità edilizia del manufatto, mentre l’interesse pubblico alla continuazione delle radiodiffusioni è del tutto estraneo rispetto al dato normativo preso a riferimento.

Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 3 febbraio 2021, n. 995

 

Inquinamento elettromagnetico - Radioprotezione - Telefonia Mobile - Nuove tecnologie - Limiti di emissione - Regolamento comunale - Legge statale

Spettando allo Stato, ai sensi dell’articolo 3 della Legge n. 36 del 2001 («Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici»), la determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, i Comuni non possono, in nessun caso, introdurre limiti che vadano a sovrapporsi o a condizionare l’attuazione del piano nazionale di ripartizione delle frequenze e la transizione al 5G mediante l’assegnazione dei diritti d’uso delle relative frequenze, non avendo gli Enti Locali alcuna potestà normativa in ordine alla determinazione di criteri, maggiormente limitativi o rigidi, di valutazione della soglia di inquinamento elettromagnetico o alla introduzione di divieti generali o di misure generali interdittive a contenuto radio-protezionistico. Pertanto, non spettando al Regolamento comunale disciplinare le tecnologie applicate dai gestori né le frequenze di cui essi sono assegnatari al livello nazionale, laddove gli unici limiti da rispettare sono quelli determinati ai sensi della Legge n. 36/2001 e che la relativa verifica spetta esclusivamente all’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (Arpa), l’Amministrazione comunale non può vietare la riconfigurazione degli impianti esistenti a favore della nuova tecnologia 5G, seppure non prevista dal regolamento comunale vigente, a prescindere dal contributo all’inquinamento elettromagnetico che la nuova tecnologia possa recare.

Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, sentenza 25 febbraio 2021, n. 63

Inquinamento - Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) - Valutazione dell’Impatto Ambientale (Via) - Conferenza di Servizi - Istruttoria - Ponderazione degli interessi - Impatto complessivo - Approfondimento tecnico
Ai fini della completezza dell’istruttoria tecnica in sede di Conferenza di Servizi ai fini della Valutazione dell’Impatto Ambientale (Via) e del rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia), data l’essenziale finalità di consentire una contestuale ponderazione degli interessi in gioco, la valutazione di compatibilità ambientale del progetto di un impianto di trattamento dei rifiuti, tenendo conto della diffusione e ricaduta al suolo degli inquinanti e dell’impatto odorigeno conseguente alle emissioni in atmosfera, deve essere condotta seguendo i criteri, ispirati ai principi di precauzione e del «chi inquina paga», posti a garanzia della minimizzazione dell’impatto ambientale degli impianti e delle attività ed a garanzia dell’individuazione del responsabile di un eventuale fenomeno di inquinamento, al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, adattando gli approfondimenti e le valutazioni allo stato di compromissione e inquinamento già esistenti nel sito interessato.

Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza 9 febbraio 2021, n. 1191

 

Inquinamento ambientale - Responsabilità penale - Emissioni in atmosfera - Getto pericoloso di cose - Polveri - Fumi - Centrale Termoelettrica - Carbone
L’articolo 674 del Codice Penale punisce chiunque getta o versa, in luogo di pubblico transito o in luogo privato di uso comune o di uso altrui, cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone, ovvero punisce chiunque provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti ad offendere, imbrattare o molestare persone, distinguendo due fattispecie accomunate dallo stesso evento di pericolo, ma distinte per la condotta, che, nel primo caso, si configura come gettare o versare e, nel secondo caso, consiste nel provocare emissioni, nonché per l’oggetto materiale del reato, che, nel primo caso, può essere qualsiasi cosa e, nel secondo, coincide con gas, vapori o fumi, purché si tratti sempre di cose con attitudine offensiva. Ciò premesso, l’evento punito, quale versamento o emissione, può essere provocato da una condotta sia attiva che omissiva, rilevando il risultato da evitare, non la condotta in sé. Posto che nel linguaggio corrente s'intende per «polvere» un insieme incoerente di particelle molto minute e leggere di terra arida, detriti, sabbia ecc., che, sollevate e trasportate dal vento, si depositano ovunque, mentre si intende invece per «fumo» il residuo gassoso della combustione che trascina in sospensione particelle solide in forma di nuvola grigiastra o bianca, pur trattandosi sempre di minuscole particelle, il fumo si distingue dalla polvere perché è sempre un prodotto della combustione, sicché la polvere, essendo prodotto di frantumazione, ma non di combustione, non può essere ricompresa nella nozione di fumo. Ne discende, quindi, che la diffusione di polveri nell’atmosfera, come nel caso delle polveri provenienti dal bacino carbonifero di una centrale termoelettrica, va ricondotta al versamento di cose, ai sensi della prima ipotesi dell’articolo 674 c.p. e non all’emissione di fumo, con esclusione di ogni rilievo alla clausola « nei casi non consentiti dalla legge», che è propriamente riservata all’emissione di gas, vapori o fumi, prevista nella seconda parte della norma.

Corte di Cassazione, Sezione II Penale, sentenza 5 febbraio 2021, n. 4633


Inquinamento elettromagnetico - Limiti di esposizione - Elettrosmog - Regolamento comunale - Impianti di telefonia mobile - Siti sensibili - Opere di urbanizzazione primaria - Compatibilità urbanistica

Il legislatore statale ha inserito le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, quale principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6 della Legge 22 febbraio 2001, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete e, come tali, differenziate esigenze di armonioso governo del territorio, data la necessaria capillarità della localizzazione degli impianti. Pertanto, va dichiarato illegittimo l’articolo 4 del Regolamento di Roma Capitale per la localizzazione, l’installazione e la modifica degli impianti di telefonia mobile, nella parte in cui vieta di installare impianti di telefonia mobile a meno di 100 metri da siti sensibili, quali ospedali, case di cura e di riposo, scuole ed asili nido, oratori, orfanotrofi, parchi gioco, comprese le relative pertinenze, configurando la disposizione un divieto generalizzato potenzialmente in grado di impedire la concreta diffusione della rete sull’intero territorio comunale.

Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 7 gennaio 2021, n. 210