I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Le ultime pronunce in materia di concorsi pubblici

di Luca Tamassia e Angelo Maria Savazzi

Reclutamento - Regioni - Stabilizzazione – Buon andamento e imparzialità – Pubblico concorso: eccezioni – Uffici di diretta collaborazione – ufficio stampa - Incostituzionalità
Il concorso pubblico costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione, al quale può derogarsi solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici aventi il proprio limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione e il cui controllo di costituzionalità implica un vaglio di ragionevolezza della scelta compiuta dal legislatore. Se, quindi, il legislatore ordinario può contemplare deroghe rispetto alla regola generale del pubblico concorso, ciò deve avvenire entro i limiti derivanti dalla stessa esigenza di garantire il buon andamento dell'amministrazione, fermo restando la rigorosa delimitazione dell'area delle eccezioni al concorso. L’esigenza di stabilizzare il personale precario dell'amministrazione, non può costituire di per sé fondamento sufficiente per una eccezione alla regola generale del concorso pubblico, in quanto non può assumere a tal fine rilevanza la sola tutela del pur legittimo affidamento dei lavoratori sulla continuità del rapporto. Tale finalità, infatti, non è di per sé funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione e non sottende straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificare le deroghe in questione.
Sebbene le modalità di instaurazione del rapporto di lavoro rientrino nella materia dell'organizzazione amministrativa, di competenza regionale residuale ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., nell'esercizio di tale competenza le Regioni devono rispettare la regola espressa dall'art. 97, quarto comma, Cost., che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso. È costituzionalmente illegittima una disposizione normativa regionale che preveda la stabilizzazione dei componenti dell’Ufficio stampa anche qualora potesse ricondursi il predetto ufficio nell'ambito di quelli di diretta collaborazione delle autorità politiche. La Corte ha più volte chiarito che una successiva stabilizzazione dei relativi addetti violerebbe, comunque, la regola del pubblico concorso, posta dall'art. 97, quarto comma, Cost.

Rif. giurisprudenziali
Corte Costituzionale, sentenza 477/1995, 245/2012, 7/2015, 248/2016, 110/2017 e 43/2019

Rif. normativi
Costituzione, artt. 3 e 97
Legge 150/2000, art. 9, comma 2
Lr Calabria 8/2005, art. 10 e 14/2019, art. 1

Corte Costituzionale, sentenza 6 luglio 2020, n. 133

Stabilizzazioni – Assenza di un diritto soggettivo – Posizione qualificata e differenziata– procedure concorsuali
Non sussiste alcun obbligo per le pubbliche amministrazioni, pur in presenza di soggetti stabilizzabili, di soddisfare il proprio bisogno assunzionale con procedure di stabilizzazione invece che con procedure concorsuali. Va dunque esclusa qualsiasi pretesa al riconoscimento di un diritto soggettivo alla stabilizzazione in linea con l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa e va conseguentemente rigettata la domanda con cui i ricorrenti chiedono che venga accertato il loro diritto ad essere stabilizzati.
Tuttavia, gli interessati, rispetto alla scelta dell’amministrazione di non stabilizzare, sono comunque titolari di situazione giuridica qualificata e differenziata. L’articolo 20, Dlgs 20/2017, difatti, nel contemplare la possibilità per le Amministrazioni di soddisfare le proprie esigenze assunzionali con procedure di stabilizzazione invece che tramite procedure concorsuali, al dichiarato fine di ridurre il precariato, si fa carico, all’evidenza, dell’interesse del personale precario alla stabilizzazione.  Ne consegue che la scelta di bandire una procedura concorsuale, al pari di qualsiasi altra scelta espressiva di potere amministrativo, dovrà essere frutto di un’adeguata istruttoria che tenga conto di tutti gli interessi coinvolti.
Vanno annullati, sotto il profilo di difetto di istruttoria e motivazione, gli atti quando l’Amministrazione abbia ritenuto ostativi al ricorso alla procedura di stabilizzazione elementi che invece in alcun modo potevano venire in rilievo a tal fine.

Rif. giurisprudenziali
Tar Molise, Campobasso, Sez. I, 335/2018

Rif. normativi
Dlgs 75/2017, art. 20
Dl 101/2013, art. 4
Legge 244/2015, art. 1, comma 3

Tar Molise, Sezione I, 1 giugno 2020, n. 159

Reclutamento - Selezione - Stabilizzazione – Buon andamento e imparzialità – Pubblico concorso - Incostituzionalità
Non è compatibile con la prescrizione dell’art. 97, comma 4, Cost., la previsione di legge regionale secondo la quale, senza pubblico concorso, dipendenti di un’associazione di natura privatistica transitino nei ruoli del personale regionale con il subentro della Regione nella posizione di amministrazione pubblica datrice di lavoro, solo formalmente in via temporanea, ma di fatto in via tendenzialmente definitiva in mancanza di un termine finale per la regolarizzazione di tale transito con l’indizione di procedure di selezione pubblica. Infatti, il pubblico concorso costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare efficienza, buon andamento e imparzialità e la facoltà del legislatore di introdurre deroghe a tale regola, con la previsione di un diverso meccanismo di selezione per il reclutamento del personale del pubblico impiego, deve essere delimitata in modo rigoroso alla sola ipotesi in cui esse siano strettamente funzionali al buon andamento dell’amministrazione e sempre che ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle.
Spetta al legislatore regionale porre rimedio alla situazione determinatasi per effetto della dichiarazione di incostituzionalità con la previsione di procedure di selezione pubblica da svolgersi entro un termine breve e certo, ferma restando la tutela residuale che comunque l’ordinamento giuridico già assicura alle prestazioni lavorative espletate di fatto, con violazione di legge (art. 2126 Cc).

Rif. giurisprudenziali
Corte Costituzionale, sentenza 245/2012 e 248/2016

Rif. normativi
Lr Calabria 43/2016, Art. 33

Corte Costituzionale, sentenza 36/2020

Bando di concorso – Requisiti di ammissione – Conoscenza strumenti informatici – Infondatezza
Sono infondati i profili di censura volti a contestare la scelta del Comune di configurare nel bando di concorso la conoscenza degli strumenti informatici come requisito di ammissione.
Una previsione di esclusione del candidato dalla procedura selettiva è di fatto implicita (essendone in pratica coessenziale) nella qualificazione della conoscenza dell’informatica quale requisito di ammissione alla procedura stessa. E ciò oltre la previsione per cui tale conoscenza non avrebbe dato luogo a punteggio ma soltanto ad un “giudizio di idoneità”; fatto questo che equivale a dire che chi non fosse stato giudicato idoneo (per mancanza di quella conoscenza) per ciò solo sarebbe stato escluso dalla procedura di selezione.

Rif. normativi
Dlgs 165/2001, art. 37
Legge 124/2015, art. 17

Consiglio di Stato, Sezione II, 22 giugno 2020, n. 3975

Concorsi pubblici - Pubblico impiego locale - Dirigenti - Procedura esperita senza previo ricorso alla mobilità volontaria - Art. 30, Dlgs 165/2001-

Illegittimità
La distanza temporale tra la procedura di mobilità e l’indizione della procedura concorsuale, quando si colloca al di fuori della cornice temporale di efficacia dell’iniziale piano triennale di fabbisogno del personale, non garantisce la necessaria contestualità delle due procedure, implicitamente presupposta dalla normativa di riferimento, in virtù della ratio volta a favorire l’utilizzazione di personale con esperienza acquisita nell'esercizio dei compiti propri del posto da ricoprire, per aver già svolto la specifica funzione per un certo lasso di tempo, con conseguente risparmio anche di spesa conseguente alla migliore allocazione sul territorio dei pubblici dipendenti.
Ne discende che, prima di bandire un concorso pubblico, a seguito dell’approvazione di una nuova programmazione triennale, l’amministrazione deve verificare nell’attualità l’eventuale interesse al trasferimento di soggetti dipendenti da altri Enti, rinnovando l’avviso di mobilità.
Devono essere annullati gli atti di indizione di un concorso pubblico in assenza della rinnovazione della procedura di mobilità.

Rif. giurisprudenziali
Tar Campania, Salerno, Sez. I, 1196/2018
Tar Lazio, Roma, Sez. II bis, 4191/2019
Consiglio di Stato, Sez. V, 5078/2015

Rif. normativi
Dlgs 165/2001, artt 30 e 34 bis

Tar Campania, Sezione V, 2818/2020

Concorsi pubblici - Pubblico impiego locale – Requisiti di ammissione – laurea breve – Violazione regolamento sui concorsi - Illegittimità
Devono essere annullati gli atti di indizione di una procedura concorsuale che preveda tra i requisiti di ammissione per la partecipazione al concorso per la copertura di n. 1 posto di istruttore direttivo contabile cat. D, posizione economica D1, a tempo pieno e indeterminato, il titolo di studio “Laurea magistrale (o specialistica: vecchio ordinamento) in Economia e Commercio, Economia Aziendale, Scienze economiche (vecchio ordinamento) o titolo equipollente, ovvero lauree magistrali e specialistiche equiparate”, nell’ipotesi in cui il regolamento comunale, disciplinante le procedure concorsuali, preveda tra i titoli di studio richiesti per l’accesso alla categoria D, posizione economica D1, il “diploma di laurea o di laurea specialistica”.
La dizione “diploma di laurea” deve essere, infatti, intesa nel senso che il requisito minimo per l’accesso al profilo professionale oggetto del concorso sia il possesso della laurea triennale o c.d. laurea breve.

Rif. Giurisprudenziali
Tar Lazio, Roma, Sez. I, 10729/2009

Rif. Normativi
Dlgs 165/2001, art. 28
Dpr 70/2013

Tar Calabria, Catanzaro, Sezione II, 1 luglio 2020, n. 1187

Concorsi pubblici - Requisiti di ammissione – Titoli di studio - Illegittimità
Il potere discrezionale, in capo all'amministrazione indicente una procedura selettiva, nell'individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione, deve essere esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire.
Deve essere accolto il ricorso di un aspirante candidato ad un concorso pubblico, la cui partecipazione risultava preclusa per la mancanza dei titoli di studio previsti nel bando, in quanto nel caso in esame il Consiglio di Stato ha ritenuto che i criteri del bando impugnati non risultano in parte qua proporzionali rispetto all’oggetto della specifica procedura selettiva ed al posto da ricoprire tramite la stessa, risolvendosi pertanto in una immotivata ed eccessiva gravosità rispetto all’interesse pubblico perseguito. Non risulta, infatti, giustificata la pretesa titolarità di titoli ulteriori rispetto al diploma di laura, ed in particolare di un master di II livello della durata biennale, in relazione allo specifico profilo di funzionario in questione.

Consiglio di Stato, Sezione VI, 590/2020