I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Danno all'immagine e confini dell'azione erariale, le ultime pronunce della Corte dei Conti

di Carmelo Battaglie e Domenico D'Agostino

Danno all'immagine – False attestazioni – Confini risarcibilità – Declaratoria incostituzionalità art. 55-quater, comma 3-quater, D.lgs. n. 165/2001 – Quantificazione equitativa
Il Collegio non ha condiviso la tesi difensiva finalizzata a limitare l’importo del danno risarcibile in applicazione del criterio indicato dall’art. 1, c. 1-sexies, della legge n. 20/1994, in quanto tale disposizione prevede unicamente una presunzione iuris tantum in ordine alla quantificazione del danno subito dall’erario e, dunque, un criterio meramente indicativo per il Giudice.
Il Collegio ha ritienuto di dover far ricorso a criteri valutativi di carattere generale di ispirazione equitativa, a norma degli articoli 1226 e 2056 del Codice civile, secondo quanto indicato nella decisione delle Sezioni Riunite n. 10/2003/QM, in base alla quale concorrono alla determinazione in concreto del danno all’immagine, fra le altre circostanze, l’eventuale reiterazione delle condotte criminose, la gravità dell’illecito, la sua modalità di perpetrazione, il disvalore sociale, il clamor seguito alla condotta delittuosa. Si tratta di criteri di natura oggettiva, soggettiva e sociale che sono, appunto, tarati sul pregiudizio subito dalla persona giuridica pubblica, per il vulnus che la condotta del dipendente infedele ingenera tra i colleghi e nell’opinione pubblica.
Ciò anche in considerazione dell’avvenuta declaratoria di incostituzionalità, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 61/2020, dell’automatismo recato dall’art. 55-quater, c. 3-quater, del D.lgs. n. 165/2001, che quantificava il danno all’immagine subito dal datore di lavoro pubblico, nelle fattispecie di falsa attestazione della presenza in servizio ex art. 55-quinquies, nella misura minima di 6 mensilità di stipendio.

Riferimenti giurisprudenziali
Corte dei conti, Appello, Sezione III, sentenza n. 161/2018
Corte dei conti, Appello, Sezione III, sentenza n. 210/2016
Corte dei conti, Appello, Sezione II, sentenza n. 489/2013
Corte dei conti, Sez. Riunite, sentenza n. 10/2003/QM
Corte dei conti, Appello, Sezione II, sentenza n. 178/2020
Corte dei conti, Sez. Giur. Trentino-Alto Adige sentenze nn. 31/2018, 4/2017, 30/2015 e 46/2012
Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzo, sentenza n. 61/2016
Corte dei conti, Sez. Giur. Friuli-Venezia Giulia, sentenza n. 92/2014
Corte dei conti, Appello, Sezione II, sentenza n. 647/2017
Corte Costituzionale sentenza n. 61/2020

Riferimenti normativi
Legge 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1-sexies
Codice civile artt. 1226 e 2056D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55-quater, comma 3-quater

Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Trentino-Alto Adige, Sentenza del 06/10/2020, n. 48

Danno all'immagine – Limiti azione erariale – Sentenza penale irrevocabile – Reati contro la Pubblica Amministrazione
Il Collegio, pur consapevole delle aperture di recente manifestate dalla giurisprudenza della Corte dei conti, in merito alla possibilità di addivenire ad una sentenza di condanna per danno all’immagine anche dopo l’accertamento di un reato diverso da quelli commessi in danno della pubblica amministrazione, ha ritenuto di non poter aderire all’orientamento prospettato dalla Procura.
È stato stabilito che il rinvio operato dall’art. 17, comma 30-ter, del DL n. 78/2009 all'art. 7 della legge n. 97/2001 è da intendersi come un rinvio rigido, circostanza facilmente desumibile dall’intento del legislatore medesimo, che ha voluto espressamente indicare nei reati contro la pubblica amministrazione le ipotesi delittuose dalle quali possa derivare un danno all’immagine. Pertanto, la successiva abrogazione dell’art. 7 della legge 27/2001, disposta dall'art. 4 del D.lgs. n. 174/2016 (Codice di giustizia contabile), ha, in ogni caso, lasciato immutati i casi ed i modi precedentemente previsti dalla legge.
Come suggerito dalla Corte Costituzionale e correttamente rilevato dalla giurisprudenza contabile, con l’art. 20 della legge n. 124/2015, il legislatore delegante ha voluto delegare al Governo soltanto il riordino della disciplina processuale applicabile ai giudizi innanzi alla Corte dei conti, senza voler procedere ad alcuna innovazione di natura sostanziale e, segnatamente, ad una riforma in senso ampliativo della disciplina del danno all’immagine.Deve, dunque, ritenersi pienamente confermata la volontà del legislatore di consentire alle Procure contabili di sanzionare le ipotesi di danno all’immagine unicamente nei casi di sentenze irrevocabili di condanna per un delitto contro la pubblica amministrazione previsto nel capo I, titolo II, libro II del Codice penale.

Riferimenti giurisprudenziali
Corte dei conti, Sez. Giur. Toscana, sentenze nn. 393/2019 e 174/2018
Corte dei conti, Appello, Sezione III, sentenza n. 66/2020
Corte Costituzionale sentenza n. 191/2019

Riferimenti normativi
DL 1 luglio 2009, n. 78, art. 17, comma 30-ter
Legge 27 marzo 2001, n. 97, art. 7
D.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, artt. 4 e 51, comma 7
Legge 7 agosto 2015, n. 124, art. 20

Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Toscana, Sentenza del 30/09/2020, n. 272

Danno all'immagine False attestazioni Esercizio azione erariale Risarcibilità
In tema di danno all’immagine derivante da false attestazioni e/o certificazioni della presenza dei pubblici dipendenti sui luoghi di lavoro, con la sentenza n. 61/2020 della Corte Costituzionale, non è stata operata una abrogazione radicale della fattispecie, ma sono stati, unicamente, riportati i confini della stessa a quelli prospettati dal legislatore delegato del 2009 e precisati dalla giurisprudenza, che ha identificato un'ipotesi di danno all’immagine nuova, non riconducibile ad un danno commesso nei confronti della pubblica amministrazione, di cui al capo I, titolo II, libro II del Codice penale e non cristallizzata in una sentenza penale irrevocabile di condanna. In tal senso, si è espressa anche la recente giurisprudenza contabile, che ha ritenuto, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, non già radicalmente abrogata l’ipotesi di danno all’immagine nei confronti della pubblica amministrazione derivante da false attestazioni della presenza in servizio, ma sopravvissuta alla dichiarazione di incostituzionalità la previsione di cui all’art. 55-quinquies del D.lgs. n. 165/2001, secondo le indicazioni offerte dal legislatore delegato del 2009, che aveva previsto, accanto alla risarcibilità del danno patrimoniale subìto dall’amministrazione per le ipotesi di falsa attestazione in servizio del pubblico dipendente, la risarcibilità del danno all’immagine subito dalla pubblica amministrazione.

Riferimenti giurisprudenziali
Corte Costituzionale sentenza n. 61/2020
Corte dei conti, Appello, Sezione II, sentenze nn. 146/2020 e 140/2020 

Riferimenti normativi
Legge 4 marzo 2009, n. 15
D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165

Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Toscana, Sentenza del 04/09/2020, n. 267

Danno all'immagine Persone giuridiche Art. 97 Costituzione Spesa ripristino immagine
Risulta pacifico che le persone giuridiche sono titolari di diritti non patrimoniali, tra cui il diritto all’immagine, che è definibile come l’alterazione del prestigio e della personalità della Pubblica Amministrazione, generata da comportamenti tenuti in spregio delle funzioni e delle responsabilità dei funzionari pubblici. Tale fattispecie è stata identificata dalla Corte costituzionale come "danno derivante dalla lesione del diritto all’immagine della p.a. nel pregiudizio recato alla rappresentazione che essa ha di sé in conformità al modello delineato dall’art. 97 Cost.". È stato, quindi, affermato che la lesione non riguarda solo "l’immagine dell’amministrazione danneggiata, in quanto tale, ma anche - attraverso tale lesione - il buon andamento (art. 97 Cost.) della P.A. in senso più ampio. Con l’ulteriore conseguenza della disaffezione del cittadino verso le istituzioni pubbliche".
Secondo la giurisprudenza, costituzionale e contabile, pur controvertendosi della ricaduta, nella sfera patrimoniale della P.A. danneggiata, della lesione di un suo diritto personale, non è necessaria la dimostrazione della spesa sostenuta per il ripristino dell’immagine violata, in quanto "il danno all’immagine non si identifica o si verifica soltanto quando, per ripristinarlo, l’Amministrazione pubblica sostiene delle spese, sul rilievo che siffatto tipo di pregiudizio si configura e si concreta anche nel caso in cui la rottura di quella aspettativa di legalità, imparzialità e correttezza che il cittadino e gli appartenenti all’Ente pubblico si attendono dall’apparato, viene spezzata da illecito comportamento dei suoi agenti".

Riferimenti giurisprudenziali
Corte dei conti, Sez. Riunite, sentenza n. 10/2003/QM
Corte Costituzionale n. 355/2010
Corte dei conti, Appello, Sezione III, sentenza n. 66/2020

Corte dei conti, Seconda Sezione Centrale di Appello, Sentenza del 04/08/2020, n. 178

Danno all'immagine – Quantificazione – Misure punitivo-afflittive – Irretroattività
Occorre evidenziare, in punto di quantificazione di tale danno all’immagine, quale sia la portata applicativa del sopravvenuto art. 1, comma 1-sexies, della legge n. 20/1994 (introdotto dall’art 1, comma 62, della legge n. 190 del 2012), che prevede che "Nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità, illecitamente percepita dal dipendente".
Occorre, altresì, valutare la presunzione normativa del raddoppio, la cui portata sostanziale (e non processuale), innovativa e dunque operante ex nunc, è stata prevalentemente asserita dalla giurisprudenza contabile.
Atteso il tenore e la valenza afflittivi della norma, ad avviso del Collegio essa non può avere portata retroattiva, producendo effetti solo su fatti successivi alla sua entrata in vigore. E ciò alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale che, nell’operare un esplicito riferimento anche alle pronunce della Corte di Strasburgo e all’interpretazione da questa fornita degli artt. 6 e 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), ha statuito che ogni intervento sanzionatorio, il quale non abbia prevalentemente la funzione di prevenzione criminale è applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti già vigente al momento della commissione del fatto sanzionato, affermando il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto. Principio questo desumibile dall’art. 25, secondo comma, della Costituzione.

Riferimenti giurisprudenziali
Corte Costituzionale sentenze nn. 82/2012 e 196/2010  

Riferimenti normativi
Legge 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1-sexies
Legge 6 novembre 2012, n. 190, art. 1, comma 62
Costituzione art. 25, comma 2
CEDU artt. 6 e 7

Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Lazio, Sentenza del 22/07/2020, n. 294