Urbanistica

Pergotenda o veranda? Palazzo Spada traccia il confine

Non rilevano i materiali utilizzati ma solo l'effetto prodotto dall'opera e il suo carattere permanente o meno

di Massimo Frontera

Una struttura composta di pannelli in vetro, senza profili verticali, ad ante scorrevoli richiudibili su se stesse, installate con viti di fissaggio su una guida in alluminio e senza l'utilizzo di telai in acciaio murati, plinti, saldature o strutture di fissaggio permanenti che occupa una superficie di 32 mq e per un'altezza di tre metri sul balcone dell'appartamento. Per il residente che ha promosso l'intervento si tratta di una pergotenda temporanea in edilizia libera. Per il Tar Puglia e per il Consiglio di Stato si tratta invece di una struttura permanente che aumenta significativamente la volumetria abitativa e, dunque, il carico urbanistico; e che configura una ristrutturazione edilizia e relativo titolo edilizio.

L'ordinanza di demolizione e ripristino dei luoghi del comune barese di Valenzano è stata impugnata di fronte al Tar Puglia (Bari). Il verdetto favorevole al Comune è stato quindi appellato al Consiglio di Stato. I giudici della Sesta sezione di Palazzo Spada (pronuncia n.7024/2022 pubblicata il 9 agosto) hanno colto l'occasione per ricordare il confine tra un intervento realizzabile in regime di edilizia libera e l'intervento che richiede invece un titolo edilizio in quanto appunto realizza un vero e proprio incremento di cubatura. Il principale elemento che caratterizza l'intervento non è tanto quello dei materiali utilizzati - argomento che viene valorizzato dai proponenti dell'intervento allo scopo di dimostrare il carattere temporaneo dell'opera e il suo basso impatto visivo e ambientale - quanto l'effetto prodotto dall'opera stessa: la chiusura o meno di uno spazio esterno in modo permanente.

L'analisi dei giudici parte dal caso specifico. L'opera al centro del contenzioso viene definita una veranda realizzata chiudendo una «ampia parte semicircolare del balcone, da pilastro a pilastro, con vetrate intelaiate apribili a libro e scorrevoli su una struttura ancorata sul pavimento e sul soffitto, nonché dei tratti laterali, da pilastro a muro, con infissi da pavimento a soffitto, in materiale plastico trasparente e impermeabile a tutt'altezza». Con il risultato di produrre una modifica del prospetto e la trasformazione di 32 mq di superficie «in un vano chiuso di 96 mc», in violazione del regolamento edilizio approvato dalla Regione. Tale struttura, inoltre, non è facilmente amovibile in quanto composta di «otto vetrate, ognuna delle quali alta circa tre metri e larga oltre un metro e mezzo (quasi 5 metri quadri di superficie ed oltre 30 kg di peso ciascuna), collegate l'una all'altra, in quanto impacchettate tra loro a libro» con le ante in vetro che scorrono «su guide in alluminio infisse nella parte inferiore del balcone e nell'intradosso del solaio sovrastante». Insomma, «emergeva la realizzazione di una veranda, non riconducibile all'attività edilizia libera».

Dalla descrizione dell'intervento i giudici concludono che «l'installazione delle tende e della vetrata è stata commissionata unitariamente e tendeva ad ottenere, attraverso l'azione integrata di differenti materiali (ante in vetro e tende in materiale plastico trasparente e impermeabile a tutt'altezza) l'integrale chiusura del balcone». Niente a che vedere d'unque con una tenda o pergotenda che, secondo quanto sostenuto dal proprietario è «priva di stabilità, fissità e permanenza, avente la specifica finalità di schermare il balcone dagli agenti atmosferici durante le stagioni piovose».

Come si diceva, secondo i giudici «è irrilevante il materiale concretamente impiegato (vetro, metallo, laminati di plastica, plastica, legno o altro materiale), rilevando soltanto l'idoneità dell'opera a comportare la trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio, apprezzabile (per quanto di maggiore interesse nell'odierno giudizio) sub specie di trasformazione di un balcone in veranda». E si arriva al punto: «le tende e le pergotende sono sottratte al rilascio del previo titolo edilizio soltanto quando costituiscano un elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, configurando un arredo funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all'unità a cui accedono, potendo in siffatte ipotesi essere effettivamente ricondotte agli interventi manutentivi liberi ai sensi dell'art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001». In tutti gli altri casi non si tratta di tende o pergotende ma di altro.

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