Fisco e contabilità

Responsabilità erariale anche se non c'è danno effettivo per l'ente

Non ha alcuna rilevanza che il Comune abbia conseguito vantaggi dal comportamento illecito

di Corrado Mancini

Le norme di legge che impongono non generiche regole procedimentali o sostanziali della spesa pubblica, bensì limiti (divieti) riferiti a specifiche ipotesi e tipologie di spesa presuppongono iuris et de iure che quella tipologia di spese sia disutile per la pubblica amministrazione, ovvero hanno una ratio legis che le pone come norme speciali e derogatorie rispetto alle generali regole secondo cui le utilità arrecate a una pubblica amministrazione o alla comunità amministrata possono essere considerate un vantaggio o un lucro da portare in detrazione al danno. Con tale principale motivazione i giudici della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per Regione Lombardia, con la sentenza n. 219/2022, hanno condannato al risarcimento del danno i componenti della giunta comunale, il responsabile dell'ufficio tecnico e il segretario comunale. Nella fattispecie si trattava della violazione delle norme che vietano di avvalersi di dipendenti collocati in quiescenza. Innanzitutto i magistrati contabili, pur avendo rinvenuto negli accusati la buona fede, «convinti di agire legittimamente (sebbene per inescusabile errore)», ritengono che trattandosi di profili di illegittimità del provvedimento per violazione di chiare disposizioni di legge, la loro inosservanza, dimenticanza e/o sottovalutazione, ben può essere imputata alla condotta gravemente negligente.

Inoltre, quando lo specifico contesto normativo di riferimento imponga stringenti vincoli, inequivocabilmente preordinati a preservare il pubblico erario dall'abuso di strumenti operativi (altrimenti impiegabili secondo le comuni regole), eventuali violazioni di prescrizioni procedurali su profili nevralgici della disciplina, finiscono per integrare un nocumento per il patrimonio dell'Amministrazione.

Pertanto, quando, come nel caso di specie, il legislatore pone agli amministratori pubblici determinati vincoli di spesa, ritenendo implicitamente non utili tutte quelle spese che non rispettino i limiti da esso posti, è sufficiente che la spesa si effettui contra legem perché si realizzi il danno.

Non ha alcuna rilevanza che il Comune abbia conseguito vantaggi dal comportamento illecito, come nel caso di specie si sia avvantaggiato dagli incarichi illegittimi, perché secondo il Collegio giudicante non si può configurare un "vantaggio" apprezzabile ai fini della compensatio lucri cum damno, in presenza di limitazioni normative alla discrezionalità amministrativa, in quanto l'agire in contrasto con esse finisce per tradursi in una violazione dell'interesse pubblico sancito dal legislatore.

Tale orientamento si pone in contro tendenza con altri di diverso indirizzo, come la sentenza n. 36/2020 della sezione regionale per la Basilicata anch'essa concernente la violazione del divieto di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti che avevano raggiunto i limiti di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. In quel contesto, i giudici contabili, per il fatto che il requirente non avesse adeguatamente contestato l'effettiva utilità conseguita, tanto meno avesse esposto validi elementi in ordine alla disutilità della prestazione lavorativa ritenendo che il predetto disvalore fosse in realtà desumibile dalla sola (e invalicabile) presunzione iuris et de iure della violazione di legge e in quanto tale, bastevole per «radicare il pregiudizio di cui ha poi chiesto il risarcimento», ritennero che quest'ultimo non possa costituire elemento sufficiente per dimostrare l'esistenza di un danno erariale concreto ed effettivo, requisito indefettibile della responsabilità contabile.

Nella medesima direzione anche la Terza Sezione Giurisdizionale d'Appello della Corte dei conti, con la sentenza n. 411/2021, secondo la quale ai fini della sussistenza di un danno patrimoniale e della conseguente responsabilità deve aversi riguardo non solo alla illegittimità dell'atto (o degli atti), ma al fatto che dalla loro esecuzione si sia o meno realizzato un ingiustificato nocumento al patrimonio dell'ente pubblico.

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