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Qualificazione Pa, si parte: senza requisiti niente Cig dal 1° luglio

Comunicato del presidente dell'Anac: dal 1° giugno le richieste di qualificazione. Il rischio impatto sugli investimenti Pnrr dei Comuni non capoluogo

di Mauro Salerno

Rimandata per anni, alla fine, l'«ora X» per la qualificazione delle stazioni appaltanti, forse la riforma più attesa e impattante per il settore degli appalti pubblici, è arrivata. A premere lo start è un comunicato del presidente dell'Anac, Giuseppe Busia, che individua nel primo giugno la data in cui le amministrazioni intenzionate a gestire in autonomia le procedure d'appalto oltre i 500mila euro per i lavori e oltre le soglie Ue per beni e servizi (ora 140mila euro) dovranno presentare richiesta di iscrizione all'albo gestito dall'Autorità Anticorruzione.

Soprattutto però è decisiva l'altra data individuata nel comunicato, che entra a gamba tesa su chi sperava di poter godere ancora di un periodo cuscinetto per adeguarsi ai requisiti necessari per entrare nel club delle Pa qualificate. La data da «dentro o fuori» sarà il primo luglio. Non ci saranno dunque slittamenti rispetto all'entrata in vigore delle norme del nuovo codice appalti (Dlgs 36/2023) a cui si deve la resurrezione del progetto di qualificazione della stazioni appaltanti, che il codice attuale (Dlgs 50) aveva già previsto fin dal 2016, salvo lasciarlo allo stadio di perenne incompiuta. Dal primo luglio, chiarisce il comunicato firmato da Busia, scatterà la tagliola del rifiuto del Codice identificativo di gara (il Cig) alle stazioni appaltanti non qualificate, che in questo modo non avranno altra scelta che cedere la gestione della procedura a soggetti in possesso dei requisiti.

Impossibile non pensare agli effetti che la scure della qualificazione rischia di avere sui progetti Pnrr ancora da bandire, soprattutto da parte dei Comuni. Anche se non è semplicissimo districarsi nell'intreccio di norme. È vero che gli investimenti Pnrr anche con il nuovo codice continueranno a viaggiare sulle corsie preferenziali disegnate dal decreto Semplificazioni (Dl 77/2021) e quello sulla governance del Recovery (Dl 13/2023). Ma è altrettanto vero che in quelle norme non compaiono deroghe specifiche sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, se si esclude la misura che permette ai comuni non capoluogo di servirsi di unioni di Comuni, province, città metropolitane e comuni capoluogo per bandire gli appalti del Pnrr e del Pnc (Dl 77/2021, articolo 52). Ma questo «nelle more» dell'attivazione del nuovo sistema, che - ora si sa- scatterà il primo luglio. E peraltro disegnando una via di fuga (servirsi di enti appaltanti qualificati) identica a quella che si viene a creare con il nuovo sistema di qualificazione obbligatorio.

Sul punto una parola chiara dal governo forse aiuterebbe. Non è un caso se si registrano già i primi allarmi sull'effetto imbuto che la necessità di qualificazione rischia di produrre sui 7.843 Comuni non capoluogo che saranno costretti a rivolgersi agli enti qualificati "di diritto" , tra cui rientrano (fino al 30 giugno 2024) anche i 107 Comuni di provincia e 130 unioni di comuni. Il problema riguarda in particolare le piccole opere, da 500 mila euro in su. Va detto infatti che le stazioni appaltanti di maggiori dimensioni hanno i numeri per essere qualificate e che il comunicato del presidente dell'Anac chiarisce da subito che i commissari straordinari (e ce ne sono parecchi nominati per l'accelerazione delle misure del Pnrr) non dovranno sottostare agli obblighi di qualificazione. Niente qualificazione anche per i soggetti che operano nei cosiddetti settori speciali (trasporti, acqua, gas) e poi per le altre stazioni appaltanti qualificate di diritto come il ministero delle Infrastrutture, Consip, Invitalia, Difesa servizi, Agenzia del demanio e soggetti aggregatori. Oltre ai comuni non capoluogo la qualificazione con riserva attiva fino al 30 giugno 2024 vale anche per città metropolitane e Regioni. Il comunicato precisa che anche le stazioni appaltanti qualificate con riserva devono presentare domanda dal primo giugno. Mentre la qualificazione non serve per effettuare ordini sugli strumenti di acquisto messi a disposizione da centrali di committenza e soggetti aggregatori.

La richiesta di qualificazione sarà gestita con un servizio on line dall'Anac e avrà durata biennale, mentre l'elenco sarà aggiornato ogni tre mesi.

La scrematura degli enti appaltanti è considerata la riforma-chiave per migliorare l'efficienza del sistema degli appalti, affidando la gestione dei progetti solo alle amministrazioni che dimostrano di avere le spalle abbastanza larghe per affrontarli in base a tre diverse fasce di importo (fino a un milione di euro per i lavori e 750mila euro per beni e servizi, da qui fino a 5 milioni per beni e servizi e 5,38 milioni per i lavori, poi importo illimitato). Secondo l'ultima relazione presentata l'Anac in Italia esistono 42.657 stazioni appaltanti e centrali di committenza (di cui operative circa 36.000, con oltre 100.000 centri di spesa). Nelle simulazioni fatte dalla stessa Autorità sulla base dei requisiti previsti per ottenere la qualificazione a regime il sistema avrebbe dovuto garantire la riduzione a circa 15mila stazioni appaltanti qualificate. Ma quelle valutazioni erano basate su un obbligo di qualificazione tarato sulla soglia di 150mila euro prevista nelle prime bozze del nuovo codice appalti. Ora che, per i lavori si è saliti a 500mila euro, la scure rischia di calare in modo molto meno pesante.