I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Le ultime pronunce dei giudici costituzionali in materia sanitaria

di Carmelo Battaglia

Sanità pubblica – Diritto provvidenza soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria o raccomandata – Azionabilità diritto indennizzo – Riferibilità causale vaccinazione – Conoscenza indennizzabilità danno – Decorrenza termine perentorio

La Corte ha evidenziato che nello specifico contesto dell’indennizzo, le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla legge n. 210 del 1992, portano a ritenere che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell’azionabilità del diritto all’indennizzo. L’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, ove dispone che il termine di tre anni per la presentazione della domanda, pur a fronte di una prestazione indennitaria “nuova”, ovvero di una “nuova” categoria di beneficiari, decorra comunque dal pregresso momento di conoscenza del danno, pone una limitazione temporale che collide con la garanzia costituzionale del diritto alla prestazione, ne vanifica l’esercizio e, in definitiva, impedisce il completamento del “patto di solidarietà” tra individuo e collettività in tema di tutela della salute, sotteso alle pronunce emesse, nel tempo, dalla Corte sulla materia de quo.
Nel dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 3, comma 1, della Legge n. 210/1992, la sentenza ha affermato che l’effettività del diritto alla provvidenza dei soggetti danneggiati da vaccinazioni impone di far decorrere il termine perentorio di tre anni per la presentazione della domanda dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza dell’indennizzabilità del danno. Prima di tale momento, infatti, non è possibile che il diritto venga fatto valere, ai sensi del principio desumibile dall’art. 2935 cod. civ..

Riferimenti giurisprudenziali
Corte Costituzionale, n. 107/2012

Riferimenti normativi
Art. 3, comma1, Legge n. 210/1992
Art. 2935 cod. civ.

Corte Costituzionale, Sentenza n. 35 del 06/03/2023

Sanità pubblica – Tutela della salute – Strutture sanitarie – Procedimento di autorizzazione – Procedimento di accreditamento istituzionale – Autonomia e differenze

La sentenza ha evidenziato che per l’autorizzazione delle strutture sanitarie gli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del D.lgs. n. 502/1992 stabiliscono ‘requisiti minimi’ di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie, e che per l’accreditamento istituzionale occorrono, invece, ‘requisiti ulteriori’, rispetto a quelli necessari all’autorizzazione, e l’accettazione del sistema di pagamento a prestazione, ai sensi dell’art. 8-quater del citato Decreto. La Corte ha, inoltre, chiarito che mentre nel procedimento di autorizzazione è richiesta una valutazione complessiva, che considera anche le prestazioni ulteriori rispetto a quelle rientranti nei livelli essenziali di assistenza (LEA) e le strutture private non accreditate, nel caso, invece, dell’accreditamento di strutture sanitarie, la valutazione ha ad oggetto unicamente i LEA e prevede il coinvolgimento, in base all’art. 8-bis, comma 1, del D.lgs. n. 502/1992, solo “dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell’articolo 8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies”, senza, quindi, considerare le strutture private non accreditate.

Riferimenti giurisprudenziali
Corte Costituzionale, n. 36/2021 e 7/2021

Riferimenti normativi
Artt. 8, 8-bis, 8-ter e 8-quater, D.lgs. n. 502/1992

Corte Costituzionale, Sentenza n. 32 del 28/02/2023

Sanità pubblica – Piani rientro deficit bilancio – Ambito potestà legislativa concorrente – Tutela della salute e coordinamento finanza pubblica – Divieto interferenze potenziali con piano rientro

La Corte ha ricordato che la disciplina dei piani di rientro dai deficit di bilancio in materia sanitaria è riconducibile a un duplice ambito di potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.: tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica. In particolare, costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191/2009, per cui sono vincolanti, per la regione che li abbia sottoscritti, i piani di rientro e i programmi operativi che – ai sensi dei commi 88 e 88-bis del medesimo art. 2 – ne costituiscono attuazione e aggiornamento; la regione interessata è, quindi, obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi, che siano di ostacolo alla piena realizzazione dei piani di rientro.
Altresì, ha evidenziato che l’illegittimità costituzionale di una legge regionale – per violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. – sussiste anche «quando l’interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro».

Riferimenti giurisprudenziali
Corte Costituzionale, n. 247/2019, n. 117/2018, n. 190/2017, n. 106/2017, n.14/2017, n. 266/2016, n. 227/2015, n. 278/2014 e n. 110/2014

Riferimenti normativi
Art. 2 (commi 80, 88, 88-bis e 95), Legge n. 191/2009
Artt. 117, comma 3, e 120, comma 2, Cost.

Corte Costituzionale, Sentenza n. 20 del 14/02/2023

Sanità pubblica – Emergenza epidemiologica – Condizione idoneità espletamento attività – Obbligo vaccinale selettivo – Misura non irragionevole e validata sul piano scientifico – Contemperamento diritto individuale e interessi collettività

Con riferimento all’obbligo vaccinale introdotto con il D.L. n. 44/2021, richiamando la sentenza n. 127/2022, la Corte ha affermato che la decisione del legislatore di introdurre l’obbligo vaccinale (nei limiti soggettivi e temporali fissati dalla legge) non può reputarsi irragionevole, in quanto è sorretta dalle indicazioni delle competenti Autorità nazionali e sovranazionali alla luce della gravità della situazione che tale vaccinazione era destinata ad affrontare. Altresì, ha evidenziato che l’imposizione di un obbligo vaccinale selettivo, come condizione di idoneità per l’espletamento di attività che espongono gli operatori ad un potenziale rischio di contagio, e dunque a tutela della salute dei terzi e della collettività, si connota quale misura sufficientemente validata sul piano scientifico. Secondo la Consulta, può affermarsi che le disposizioni censurate hanno operato un contemperamento del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività. E l’estensione dell’obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socioassistenziali e sociosanitarie ha costituito, in tale prospettiva, attuazione dell’art. 32 Cost., inteso quest’ultimo come comprensivo del dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, prevenendo il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2 in danno delle categorie più fragili.

Riferimenti giurisprudenziali
Corte Costituzionale, n. 127/2022

Riferimenti normativi
Artt. 4-bis (comma 1) e 4 (commi 1, 4 e 5), D.L. n. 44/2021

Corte Costituzionale, Sentenza n. 15 del 09/02/2023

Sanità pubblica –  Emergenza epidemiologica – Obbligo vaccinale – Durata predeterminata – Proporzionalità misura – Sospensione rapporto e assenza conseguenze disciplinari – Misura non sanzionatoria

In materia di obbligo vaccinale, nel valutare il rispetto del principio di proporzionalità della misura introdotta dal legislatore per contrastare l’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, la Corte ha affermato come vada rilevato che la conseguenza del mancato adempimento dell’obbligo fosse rappresentata dalla sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, con reintegro al venir meno dell’inadempimento dell’obbligo e, comunque, dello stato di crisi epidemiologica. La scelta – che non riveste natura sanzionatoria – si muove nell’ambito della responsabilità del legislatore di individuare una conseguenza calibrata, in termini di sacrificio dei diritti dell’operatore sanitario, che sia strettamente funzionale rispetto alla finalità perseguita di riduzione della circolazione del virus. E ciò tanto in termini di durata, posto che il legislatore ha introdotto, sin dall’inizio, una durata predeterminata dell’obbligo vaccinale, modificandola, costantemente, in base all’andamento della situazione sanitaria, giungendo ad anticiparla appena la situazione epidemiologica lo ha consentito; quanto in termini di intensità, trattandosi di una sospensione del rapporto lavorativo, senza alcuna conseguenza di tipo disciplinare, e non di una sua risoluzione.

Riferimenti normativi
D.L. n. 44/2021

Corte Costituzionale, Sentenza n. 14 del 09/02/2023