I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Le ultime pronunce in materia di edilizia

di Esper Tedeschi

Terzo condono – Sanatoria – Aree vincolate - Condizioni
Il legislatore – mediante il c.d. terzo condono - ha limitato le ipotesi in cui le opere edilizie, abusivamente realizzate, sono passibili di “condono”. In proposito, l'art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 326, ha, infatti, previsto – al comma 27, lett. d) – che non siano comunque suscettibili di sanatoria, le opere che “siano realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione delle opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”, fermo restando il rinvio, fra gli altri, all'art. 32 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 ove si prevede che “il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”. Nella interpretazione consolidata che ne ha offerto anche il Consiglio di Stato, tali disposizioni comportano che nelle aree sottoposte a vincoli posti dalle leggi statali o regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali o paesistici, la sanatoria è possibile soltanto se ricorrono “congiuntamente” tre condizioni: a) che “si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo; b) se pure realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria)” (in questo senso, cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, n. 2518 del 2015 e, inoltre, Sez. I, n.205 del 2022, ove si richiama anche Sez. IV. n.4007 del 2017, e Sez. I, n. 92 del 2022).
Tar Lazio, sede di Roma, sez. II, 21 giugno 2022, n. 8325

Contributo di costruzione – Imprenditore agricolo – Aree agricole – Nesso funzionale
L'àmbito di operatività dell'art. 17, comma 3, lett. a), del d.P.R. n. 380 del 2001 (che esonera dal contributo di costruzione) è delineato sulla base del concomitante concorso di due requisiti: sul piano soggettivo la qualità di imprenditore agricolo, sul piano oggettivo il nesso di preordinazione funzionale delle opere alla conduzione del fondo, dovendo, in primo luogo, la sussistenza di tale duplice condizione ricorrere al momento in cui l'interessato produce la relativa istanza, che deve essere corredata da una sufficiente prova documentale circa il possesso dei relativi presupposti, onde la sussistenza di una soltanto di esse non può ritenersi requisito sufficiente per la gratuità nell'intervento edilizio e, in secondo luogo, per quel che concerne, in particolare, il requisito oggettivo, dovendosi sottolineare come la mera indicazione dell'impiego del bene e della sua localizzazione non soddisfi la dimostrazione del nesso di strumentalità tra l'opera per cui è chiesto il titolo edilizio e l'attività agricola, atteso che non tutte le opere realizzate in zona agricola sono, per tale solo fatto, funzionali alla conduzione del fondo, sicché spetta al privato fornire un riscontro documentale di tale destinazione.
Tar Campania, sede di Salerno, sez. III, 4 luglio 2022, n. 1934
Varianti essenziali – Difformità dal titolo edilizio – Sanzione demolitoria
L'art. 37, T.U. Edilizia prevede che “la realizzazione di interventi edilizi di cui all'articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla denuncia di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro”. L'art. 22 a sua volta descrive gli interventi realizzabili mediante la segnalazione certificata di inizio di attività nei termini che seguono: “a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio o i prospetti; b) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell'articolo 10, comma 1, lettera c)”. Sicché, ove in luogo di un parcheggio oggetto di autorizzazione, sia stata realizzata un'area parcheggio di dimensioni inferiori, unitamente a una rampa sterrata, un'area scoperta recintata con muretto in tufo e collegata al parcheggio a mezzo varco nella muratura in cemento armato, uno sbancamento di un terrapieno finalizzato alla posa in opera di una vasca interrata per la raccolta delle acque reflue, le opere così realizzate non possono essere considerate come varianti non essenziali e “leggere” assoggettabili a Scia ex art. 22 comma 2 del d.P.R. n. 380/01, rientrando pienamente nella sfera di applicazione dell'art. 32 del citato T.U. ed in particolare nella previsione di cui al comma 1 lettera d), comportando il mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito attraverso la variazione della sagoma. Invero, la creazione di una rampa, di un muretto, di un varco e di una vasca a mezzo sbancamento del terreno, costituisce un intervento che, complessivamente considerato, è tale da determinare una significativa incidenza sull'assetto dei luoghi preesistente. Trattasi di un intervento che, complessivamente considerato, ha determinato una consistente modifica delle caratteristiche morfologiche dell'area preesistente così che esso si discosta in maniera tanto significativa da quanto autorizzato da assurgere al rango di variante essenziale, come tale meritevole della sanzione demolitoria.
Consiglio di Stato, sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5743

Ordine di demolizione – Decorso del tempo – Inottemperanza – Aspettativa
Sebbene in passato non siano mancate decisioni intese a ritenere che, in presenza di abusi risalenti, la demolizione del manufatto dovesse conseguire ad una ponderazione dei contrapposti interessi (ovvero l'aspettativa al mantenimento da parte del proprietario incolpevole, diverso dal soggetto autore degli abusi e l'esigenza generale di ripristino della legalità violata, cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II , 30/08/2017 , n. 9472 e Consiglio di Stato , sez. VI , 11/12/2018 , n. 6983), la giurisprudenza più recente è ormai pacifica nel ritenere che la repressione dell'abuso edilizio è atto sempre obbligato (cfr. da ultimo, T.A.R. , Roma , sez. II , 12/04/2021 , n. 4253, secondo cui “l'ordine di demolizione costituisce un'attività dovuta e vincolata nel contenuto, che non richiede motivazione in ordine all'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso, anche se esso è risalente nel tempo, e non richiede comunicazione di avvio del procedimento”). Nessun rilievo possiede dunque il decorso del tempo tra l'accertamento dell'inottemperanza e l'ordine di demolizione d'ufficio: la tolleranza che l'Ente ha mantenuto nel tempo è una condizione di mero fatto che, ancorché oggettivamente favorevole all'autore dell'abuso, non genera alcun tipo di aspettativa o di effetti tali da consentire al proprietario originario del bene inciso dall'edificazione abusiva di mantenerne il cespite, dal momento che quest'ultimo è transitato nella proprietà del Comune e non è prospettabile alcuna estinzione del diritto di proprietà (e tantomeno della proprietà demaniale) per inerzia.
Tar Lazio, sede di Roma, sez. II, 15 luglio 2022, n. 10111

Legittimazione – Permesso di costruire – Promissari acquirenti – Preliminare di acquisto
L'art. 11 d.P.R. n. 380/2001 prevede espressamente che “Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. Tale disposizione, invero, secondo la corrente interpretazione, estende il novero dei soggetti legittimati a chiedere il titolo edilizio a tutti coloro che hanno con l'immobile una relazione giuridica qualificata, comprendendo tra i legittimati all'istanza di concessione i detentori di un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria, tra cui il preliminare di acquisto, perché questo consente di ottenere la titolarità del bene con sentenza ex art. 2932 c.c. Tuttavia, il Comune, prima di rilasciare il titolo, ha sempre l'onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che questo sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria.
T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. I, 15 luglio 2022, n. 511
Terzo condono – Ristrutturazione edilizia – Illeciti – All. 1, d.l. n. 269/2003 – Aree vincolate
La ristrutturazione edilizia integra una fattispecie riconducibile alla tipologia di illecito 3 di cui all'Allegato 1 del d.l. n. 269/2003, sicché alla stessa non può trovare applicazione sia la previsione generale di cui all'art. 1, comma 2, della legge n. 31 del 2004, secondo cui sono ammesse alla sanatoria di cui al comma 1 anche le tipologie di illecito ai numeri 4, 5,6, dell'allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003, sia quella più specifica, applicabile alla fattispecie, di cui all'art. 1, comma 3, secondo cui”‘nelle aree demaniali, nelle aree a parco regionale, fatte salve le zone di rinvio alla pianificazione comunale, sono suscettibili di sanatoria le sole opere abusive riconducibili alla tipologia di illecito numero 6 di cui all'allegato 1 del d.l. n. 269/2003, convertito dalla l. n. 326/2003”. Secondo l'indirizzo ampiamente condiviso della giurisprudenza in materia, “in base alla legge n. 326/2003 il condono edilizio di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato; ciò anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Non possono, dunque, essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa (Cons. Stato, sez. VI, 1664/2016; id., 1898/2016; id., n. 3487/2016; sez. IV, n. 813/2017; id., n. 1935/2017; id., n. 4007/ 2017)”(Consiglio di Stato sez. VI, 07/02/2022, n.824).
Cons. Stato, sez. II, 18 luglio 2022, n. 6149
Accertamento di conformità – Sanatoria ordinaria – Art. 36, d.P.R. n. 380/20221 – Condizioni – Divieto di prescrizioni
Con riferimento all'accertamento di conformità o sanatoria ordinaria, per come oggi definita dall'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, la tesi ostativa alla apposizione di condizioni muove dall'assunto che il presupposto espressamente richiesto dalla norma è che l'intervento da sanare risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Il divieto di contenere prescrizioni è diretto corollario di tale cornice giuridica, poiché altrimenti si finirebbe per postulare non già la “doppia conformità” delle opere abusive richiesta dalla norma, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì – eventualmente – solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato alle stesse (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4176, secondo cui «alla luce del vigente ordinamento giuridico, non è ammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria subordinata alla esecuzione di opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell'alveo della legalità», atteso che «contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell'accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica»).
Cons. Stato, sez. II, 18 luglio 2022, n. 6180

Art. 17, D.P.R. 380/2001 – Oneri concessori – Esenzione – Erogazione servizio pubblico – Rapporto strumentale tra le opere – Deroghe
Il pagamento degli oneri concessori connessi al rilascio del titolo edilizio costituisce la regola, con conseguente interpretazione restrittiva delle deroghe per l'ipotesi di costruzione di opere pubbliche o di interesse generale ex art. 17 del D.P.R. n. 380/2001. In particolare, per essere legittimata all'esenzione dal contributo di costruzione l'opera deve concorrere con vincolo indissolubile all'erogazione diretta del servizio, non essendo sufficiente un rapporto strumentale tra le opere e il servizio, non idoneo a soddisfare direttamente interessi pubblici né essendo sufficiente che le opere rendano più agevole la fruizione del servizio; in definitiva, il discrimine è nella diretta contribuzione delle opere alla erogazione del servizio pubblico. Sicché, con riferimento a manufatti adibiti al servizio di ristorazione dell'utenza automobilistica di passaggio sull'autostrada, non può desumersi la sussistenza del requisito oggettivo richiesto dall'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 (opera pubblica o di interesse generale) dal mero rapporto di strumentalità dell'edificio adibito a ristorazione rispetto alla viabilità autostradale; invero, tale strumentalità va intesa in senso restrittivo, ossia come funzionale alla realizzazione degli scopi propri (core business) dell'attività principale, non potendosi in esso anche inglobare attività di mera natura commerciale, che, seppure connesse ai servizi autostradali, non rappresentano il necessario strumento realizzativo dei compiti propri di Autostrade per l'Italia s.p.a.
T.A.R. Emilia-Romagna, sede di Bologna, sez. II, 25 luglio 2022, n. 603

Restauro – Risanamento conservativo – Presupposti – Ristrutturazione edilizia – Opere precarie
Con riferimento alle opere eseguite sui fabbricati preesistenti si osserva che gli interventi di restauro e risanamento conservativo, di cui all'art. 3, co. 1, lett. c), d.p.r. 380/2001, si caratterizzano per lasciare inalterata la struttura dell'edificio, sicché le opere che modificano l'originaria consistenza dell'immobile mediante l'inserimento di nuovi locali o l'ampliamento della superficie esorbitano dall'ambito della suddetta categoria edilizia, rientrando per converso nella ristrutturazione edilizia. Con riferimento alle installazioni in giardino si evidenzia che un'opera in tanto può qualificarsi precaria in quanto sia destinata a soddisfare esclusivamente esigenze temporanee, mentre i manufatti a destinazione permanente, quand'anche dotati di strutture amovibili, necessitano del permesso di costruire. Va inoltre considerato che gli interventi edilizi non possono essere considerati in via atomistica e parcellizzata, occorrendo invece recuperare una visione d'insieme che ne metta in risalto il collegamento funzionale e l'impatto complessivo sull'assetto urbanistico del territorio.
T.A.R. Piemonte, Torino, sez. II, 26 luglio 2022, n. 693

Art. 1189 c.c. – Contributi urbanistici – Assegna bancario – Versamento in tesoreria comunale
L'art. 1189 cod. civ., che riconosce efficacia liberatoria al pagamento effettuato dal debitore in buona fede a chi appare legittimato a riceverlo, si applica, per identità di ratio sia all'ipotesi di pagamento effettuato al creditore apparente, sia all'ipotesi in cui il pagamento viene effettuato a persona che appaia autorizzata a riceverlo per conto del creditore effettivo, ove quest'ultimo abbia determinato o concorso a determinare l'errore del solvens, facendo sorgere nel soggetto in buona fede una ragionevole presunzione circa la rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell'accipiens. Tuttavia, in capo al debitore che ha pagato i contributi urbanistici direttamente al funzionario comunale, rivelatosi poi infedele, avendo quest'ultimo trattenuto per sé gli assegni bancari ricevuti dai richiedenti il titolo edilizio al Comune, non sussitono quelle circostanze univoche per ritenere il debitore liberato dai propri obblighi di pagamento nei confronti della civica amministrazione, con conseguente insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 1189 c.c. Infatti, nello specifico caso dei contributi urbanistici, la disciplina pubblicistica che li governa non consente, se non in casi eccezionali, che detti contributi siano pagati con modalità diverse dal versamento diretto in tesoreria, con la conseguenza che in alcun modo il debitore può invocare il legittimo convincimento di avere pagato detti contributi all'effettivo creditore, trattandosi di pagamenti effettuati a mezzo di assegni bancari e mai di versamenti di contributi urbanistici comprovati mediante rilascio di regolare attestazione di pagamento rilasciata dalla Tesoreria del Comune. La menzionata vigente disciplina pubblicistica in materia stabilisce infatti che l'attestazione dei pagamenti da effettuarsi alla Pubblica Amministrazione sia fatta esclusivamente tramite ricevuta rilasciata dal competente servizio di Tesoreria, con previsione avente valenza di principio generale, come dimostrato dal fatto che essa opera per i versamenti da effettuarsi sia all'amministrazione statale (art. 54 del R.D. n. 2440 del 1923; artt. 278 lett. d), 287 e 407 del R.D. n. 827 del 1924) sia alle amministrazioni comunali (art. 29 Regolamento comunale di contabilità).
T.A.R. Emilia-Romagna, sede di Bologna, sez. II, 27 luglio 2022, n. 614

Fascia di rispetto – Autorizzazione in deroga – Tutela patrimonio ferroviario - Art. 60, D.P.R. n. 753/1980
Il disposto dell'art. 60, d. P. R. 11 luglio 1980, n. 753 va interpretato nel senso che, in mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e particolari circostanze locali), l'Amministrazione sia non già obbligata a rilasciare l'autorizzazione in deroga alla riduzione della fascia di rispetto ferroviario bensì semplicemente facultata a valutare discrezionalmente l'opportunità di rilasciare o meno l'autorizzazione stessa; nel senso, cioè, che la mancanza di dette cause costituisca un presupposto necessario ma non sufficiente per il rilascio dell'autorizzazione; è pertanto legittimo il provvedimento con il quale si nega l'autorizzazione per ragioni di tutela del patrimonio ferroviario.
T.A.R. Campania, sede di Salerno, sez. III, 26 agosto 2022, n. 2226

Permesso in sanatoria – Art. 36, d.P.R. n. 380/2001 – Costruzione in senso unitario – Diniego dell'amministrazione
Costituisce principio consolidato quello in forza del quale tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto, non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa. Del resto, una volta che risulti l'inaccoglibilità di una istanza per come è stata proposta, l'Amministrazione legittimamente la respinge, senza porsi la questione se una diversa istanza - in ipotesi - avrebbe potuto avere un esito diverso.
T.A.R. Campania, sede di Salerno, sez. III, 29 agosto 2022, n. 2239