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Anche in Province e Città addio ai vecchi vincoli del turn over - Il decreto in Gazzetta

Meccanismo di calcolo basato sul rapporto percentuale tra spesa di personale ed entrate correnti

di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

É approdato in Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale 11 gennaio 2022 attuativo dell'articolo 33, comma 1-bis, del Dl 34/2019 che completa la riforma delle regole assunzionali per le Province e le Città Metropolitane. Questi enti, quindi, affiancano Regioni e Comuni, aderendo a un meccanismo di calcolo basato sul rapporto percentuale tra spesa di personale ed entrate correnti e, soprattutto, alla possibilità, per chi ha un rapporto più basso di quello di riferimento, di aumentare il personale a tempo indeterminato superando le ristrettezze del vecchio turn over. Anche qui, necessario il collegamento con il rispetto pluriennale degli equilibri di bilancio, asseverati dall'organo di revisione.

Sostanzialmente identica, rispetto ai Comuni, la definizione della spesa di personale (riferita all'ultimo rendiconto, onnicomprensiva, lorda di oneri riflessi e al netto dell'Irap) e delle entrate correnti (per le quali va calcolata la media degli ultimi tre rendiconti, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità dell'ultimo bilancio previsionale).

Le due variabili messe a rapporto esprimono la sostenibilità finanziaria della spesa di personale dell'ente, collocandolo al di sopra o al di sotto di un valore di riferimento, variabile in funzione della fascia demografica. Come le Regioni, infatti, anche Province e Città Metropolitane devono rapportarsi a un solo parametro "soglia".

Questo varia per le Province dal 20,8 per cento per quelle con meno di 250.000 abitanti, fino al 13,9 per cento per quelle con popolazione uguale o superiore a 700.000 abitanti. Per le Città Metropolitane si va dal 25,3 per cento fissato per quelle con meno di 750.000 abitanti al 16,2 per cento per quelle dal milione e mezzo di abitanti in su. In totale, cinque possibili fasce per le prime, tre per le seconde.

Definita la propria posizione, gli enti con un rapporto percentuale inferiore a quello fissato dal decreto possono espandere la spesa di personale, solo per assunzioni a tempo indeterminato, fino a raggiungere la percentuale soglia, prestando sempre la massima attenzione, in quanto l'approvazione dei successivi rendiconti imporrà di aggiornare il calcolo, anche nelle annualità a venire.

Tale capacità di espansione della spesa di personale va però calmierata, in fase di prima applicazione: l'articolo 5 del Dm, infatti, consente di accrescere progressivamente la spesa di personale rendicontata nel 2019 rispettivamente del 22 per cento nell'anno corrente, del 24 per cento nel 2023 e del 25 per cento nel 2024. Se tale secondo conteggio restituisce un valore inferiore a quello dato dal computo principale, allora andrà preferito. Infine, se l'ente dispone di resti assunzionali antecedenti al 2022 (ovvero maturati fino al 2021) nel previgente regime assunzionale, e se questi risultano più favorevoli rispetto agli spazi assunzionali concessi dall'articolo 5, potrà utilizzarli in alternativa a questi ultimi.

Gli enti con un rapporto superiore alla soglia, invece, sono chiamati a programmare il rientro nel valore percentuale della loro fascia demografica entro il 2025, «anche applicando un turn over inferiore al 100 per cento». L'articolo 6, esprimendosi così, rammenta che l'intero meccanismo assunzionale, basato sul rapporto tra i dati contabili di spesa di personale ed entrate correnti, risente sia delle variazioni dell'una che delle altre. Gli enti non "virtuosi", allora, potranno certamente programmare il rientro nella soglia anche aumentando le entrate correnti, e non solo diminuendo la spesa di personale. Chi non riuscirà nell'obiettivo entro il 2025, da quell'anno sarà assoggettato a un regime di turnover ristretto al 30 per cento, fino al raggiungimento del valore soglia.

Fondamentale, anche in questo caso, l'articolo 7 comma 1, che dispone che la maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante dall'applicazione degli spazi assunzionali concessi dal decreto non rileva ai fini del rispetto del limite ex comma 557-quater, della legge 296/2006.

Anello di congiunzione tra il Dm assunzioni e la tradizionale norma contenitiva della spesa di personale, che non è affatto abrogata e resta computata come sempre, tale ultima previsione consente agli enti "virtuosi" di escludere dal comma 557 la quota di spesa di personale incrementale.

Altra importante conseguenza dell'arrivo in Gazzetta del decreto: anche le Province e le Città Metropolitane escono dal novero delle amministrazioni soggette a vincoli assunzionali. Pertanto, nessuna differenza, per loro, nelle modalità di reclutamento (per concorso o mobilità). Al contrario gli enti soggetti a limiti (ad esempio le Unioni) che vogliano assumere personale per mobilità da quelle, dovranno farlo utilizzando quote di turnover. Infine, il decollo del nuovo regime consentirà, all'aumentare effettivo del personale rispetto al 31 dicembre 2018, di dare applicazione anche all'ultimo periodo dell'articolo 33 comma 1-bis, relativo all'adeguamento del limite al trattamento accessorio del 2016.