di Luigi Conti

Appalti verdi – Opere pubbliche – Bando – Lex specialis – Criteri Ambientali Minimi – Codice Appalti – Clausola escludente – Immediata impugnazione

«La non conformità della legge di gara agli articoli 34 e 71 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in tema di criteri ambientali minimi (C.A.M.), non è vizio tale da imporre un’immediata e tempestiva impugnazione del bando di gara, non ricadendosi nei casi eccezionali di clausole escludenti o impeditive che, sole, consentono l’immediata impugnazione della lex specialis di gara…Conseguentemente, la partecipazione alla gara in un’ipotesi del genere non può considerarsi acquiescenza alle regole di gara, essendo l’impugnazione proponibile solo all’esito della procedura e avverso l’aggiudicazione, senza che ciò possa qualificarsi come un venire contra factum proprium»

Consiglio di Stato, Sez. III, 14 ottobre 2022, n. 8773, Pres. Greco, Rel. Tulumello

Massime

«Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale ai fini dell’ammissibilità dell’impugnativa nel processo amministrativo è in genere sufficiente l’interesse strumentale del partecipante ad una gara pubblica di appalto ad ottenere la riedizione della gara (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 22 giugno 2018, n. 3861; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 687; 22 marzo 2012, n. 1641; 20 febbraio 2012, n. 892)».

«e disposizioni in materia di C.A.M., lungi dal risolversi in mere norme programmatiche, costituiscono in realtà obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti, come si desume plasticamente dal terzo comma dell’art. 34, il quale sancisce che “L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell'ambito del citato Piano d’azione».

Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2021, n. 972, Pres. Saltelli, Rel. Prosperi

«La ratio dell’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi è rinvenibile nell’esigenza di garantire che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde”»

Consiglio di Stato, Sez. V, 5 agosto 2022, n. 6934, Pres. Caringella, Rel. Caminiti

Commento

Con la Sentenza in data 14 ottobre 2022, n. 8722, il Consiglio di Stato ha riformato la Sentenza del Tribunale amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Seconda), n. 1702/2021, con la quale il Giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile il ricorso promosso contro l’aggiudicazione di una procedura relativa al servizio di ristorazione collettiva in forma di “catering completo” a mezzo self-service presso una caserma della Guardia di Finanza.
Nello specifico, il Giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile il ricorso “perché la società ricorrente si è con esso doluta del fatto che la gara “si sia svolta in contrasto con le prescrizioni di cui all’art. 34 del decreto legislativo n. 50/2016, il quale richiede l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei CAM di cui al citato decreto ministeriale del 10.3.2020”: tuttavia tale doglianza non è stata tempestivamente rivolta contro la legge della gara, ma solo all’esito dell’aggiudicazione alla controinteressata, vale a dire “solo successivamente al momento in cui erano state espressamente accettate tutte le condizioni di partecipazione alla selezione in esame”.
La Sentenza, però, non afferma che la clausola contestata fosse escludente, né che impedisse di formulare l’offerta, uniche due categorie di clausole che devono essere immediatamente impugnate, mentre, il giudizio in esame concerne la non conformità della legge di gara agli articoli 34 e 71 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in tema di criteri ambientali minimi (C.A.M.), ossia un vizio che non impone un’immediata e tempestiva impugnazione del bando di gara, non ricadendosi nei casi eccezionali di clausole escludenti o impeditive che, sole, consentono l’immediata impugnazione della lex specialis di gara.

Pertanto, la partecipazione alla gara in un’ipotesi del genere non può considerarsi acquiescenza alle regole di gara.

Inoltre, sotto il profilo processuale, il Consiglio di Stato ha avuto modo di rilevare la circostanza che la stessa offerta dell’appellante non fosse rispettosa dei C.A.M. non configura vizio finché detta offerta era conforme alla lex specialis e che, in ogni caso, tale motivo di censura deve essere proposto attraverso l’impugnazione incidentale avverso l’ammissione in gara della stessa ricorrente e non con mera eccezione.

Conseguentemente, una volta chiarita l’ammissibilità del gravame rivolto contro un’aggiudicazione viziata dal mancato inserimento dei criteri ambientali minimi nella legge di gara, l’accoglimento della censura determina la caducazione dell’intera gara e l’integrale riedizione della stessa, emendata dal vizio in questione, dal momento che sussiste per la ricorrente l’interesse “strumentale” alla riedizione della procedura di gara.

Il Consiglio di Stato, infatti, ha ritenuto fondata l’eccezione dell’appellante che lamentava l’illegittimità del disciplinare nella parte in cui inserisce un contenuto necessario, ossia l’utilizzo di prodotti biologici, nell’alea delle offerte migliorative, il che comporta che, in assenza, ben avrebbe potuto la gara essere aggiudicata ad un’offerta del tutto non conforme alla disciplina dei C.A.M..

Com’è noto, invece, il disciplinare avrebbe dovuto prevedere la doverosità dell’inserimento del requisito ambientale già nel “momento della definizione dell’oggetto dell’appalto”, come rilevato dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato la quale rinviene la ratio dell’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi nell’esigenza di garantire “che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde”.

In questo modo, il contratto d’appalto pubblico si evolve da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare”.
Ne consegue che non possono ritenersi rispettate tali previsioni allegando il generico rinvio della legge di gara alle disposizioni vigenti, ovvero opponendo in memoria – in un’ottica di risultato – che l’aggiudicataria avesse comunque “offerto in gara prodotti biologici e possiede certificazioni idonee a minimizzare l’impatto ambientale nella fase esecutiva della commessa”.
Una simile affermazione non equivale a prospettare la conformità del risultato della gara allo scopo voluto dai parametri normativi evocati dalla ricorrente, perché – a tacer d’altro – esprime una rilevanza ambientale del contenuto dell’offerta che, oltre a non coincidere con lo schema normativo di riferimento, si connota per essere soltanto parziale, casuale ed occasionale: ma soprattutto, volontariamente “concessa” dall’offerente (che, in base alla legge di gara, a ciò non era tenuto).