Arriva il «no» del Mef al cumulo tra resti assunzionali e nuovi spazi
La Ragioneria generale dello Stato interviene fornendo alcuni importanti chiarimenti sulla nuova disciplina delle facoltà assunzionali. Come noto l'articolo 33, comma 2 del Dl 34/2019, consente ai Comuni di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione, sino a una spesa complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione. Il decreto attuativo interministeriale del 17/3/2020 previsto dalla citata norma, oltre a individuare le fasce demografiche, i valori soglia e le percentuali massime annuali di incremento del personale in servizio per i Comuni che si collocano al di sotto del predetto valore soglia, all'articolo 5, comma 2, ha stabilito che: «Per il periodo 2020-2024, i comuni possono utilizzare le facoltà assunzionali residue dei cinque anni precedenti al 2020 in deroga agli incrementi percentuali individuati dalla Tabella 2 del comma 1, fermo restando il limite di cui alla Tabella 1, dell'art. 4, comma 1 di ciascuna fascia demografica, i piani triennali dei fabbisogni del personale e il rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione».
Su questo punto è intervenuta la circolare esplicativa del 13 maggio 2020, precisando che per i Comuni che si collocano al di sotto del valore soglia definito dalla Tabella 1 dell'articolo 4, comma 1, la limitazione alla dinamica di crescita può essere derogata e, quindi superata nel caso di Comuni che abbiano a disposizione facoltà assunzionali residue degli ultimi 5 anni, derivanti dalla previgente normativa basata sul turnover. Ciò vuol dire che il Comune può utilizzare i propri resti assunzionali anche in deroga ai valori limite annuali di cui alla Tabella 2, ma entro i limiti massimi consentiti dal valore soglia di riferimento.
In questi primi mesi di applicazione della nuova disciplina, purtroppo sul punto sono state espresse interpretazioni molto diverse e contrapposte tra loro, che hanno condotto diversi Comuni a intraprendere percorsi non sempre in linea con il dettato normativo. Ma ora a chiarire definitivamente la questione interviene autorevolmente la RgS che nella risposta del 15 gennaio inviata al Comune di Roma, segnala che la possibilità di utilizzo delle facoltà assunzionali residue dei cinque anni antecedenti al 2020 prevista dall'articolo 5, comma 2 del decreto attuativo, in deroga agli incrementi percentuali individuati dalla Tabella 2, non può essere intesa come una sommatoria delle due distinte tipologie di incremento della spesa di personale. La previsione va ricondotta nell'ambito di una deroga alla specifica misura finalizzata a rendere, in ogni caso, graduale la dinamica della crescita della spesa di personale dei Comuni virtuosi, che si collocano al di sotto del valore soglia inferiore, consentendo per il primo quinquennio di applicazione della nuova norma (2020/2024) a tali enti la facoltà di superare gli incrementi percentuali annuali individuati dalla Tabella 2, qualora i resti assunzionali consentano un maggiore e più favorevole reclutamento di personale rispetto a quello previsto dalla nuova disciplina normativa. Ne consegue, pertanto, che l'utilizzo dei resti assunzionali dei cinque anni antecedenti al 2020, se più favorevoli, non può essere cumulato con gli spazi di spesa in applicazione delle nuove disposizioni normative, ma la possibilità costituisce una scelta alternativa alle nuove regole, fermo restando che tale opzione è consentita, in ogni caso, solamente entro i limiti massini previsti dal valore soglia di riferimento di cui Tabella 1 del decreto attuativo.
È evidente, come del resto anche evidenziato dai già numerosi orientamenti espressi da Corte Conti, che le nuove regole delle facoltà assunzionali basate su un sistema flessibile della spesa di personale rappresentano un cambio di rotta rispetto ai previgenti criteri basati sul turnover, e in tale ottica, la citata deroga non può che trovare applicazione unicamente in alternativa alla nuova norma.
La RgS ribadisce, dunque, che una diversa interpretazione e applicazione della deroga contenuta all'articolo 5, comma 2 del decreto attuativo che dovesse prevedere la cumulabilità, oltre a non avere alcuna ratio e senso economico, costituisce una somma algebrica di facoltà assunzionali definite con parametri e criteri completamente differenti e quindi, non omogenei e non comparabili, determinando un effetto distorsivo della volontà del legislatore che ha inteso consentire, per i Comuni che si collocano al di sotto del valore soglia inferiore, e quindi sono "virtuosi", solo una condizione di maggior favore tra utilizzo dei resti assunzionali e nuove regole di gradualità.
A oggi si annoverano non pochi Comuni che hanno approvato i nuovi Ptfp contemplando il cumulo tra resti e nuovi spazi, prevedendo quindi un ingiustificato aumento di spesa personale non conforme al nuovo ordinamento, e che ora saranno tenuti a mettere in atto azioni per porvi rimedio.
Infine si evidenzia come con i chiarimenti forniti dalla RgS, sia stata confermata la prudenza tracciata, suggerita ed auspicata nella guida di lavoro predisposta dal Gruppo Tecnico del Personale dell'Ancrel finalizzata alla predisposizione del parere dell'organo di revisione al Ptfp, messa a disposizione dei propri associati.
(*) Componente Comitato Esecutivo Ancrel