I temi di NT+L'ufficio del personale

Concorsi, demansionamento e permanenza minima in ruolo

di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.

Legittimo partecipare al concorso anche se l'iscrizione all'albo professionale avviene in ritardo
Il Tar Lazio, sezione III-quater con la sentenza n. 7032/2022 ha affermato che se per la specificità di alcuni profili professionali è legittimo che la pubblica amministrazione richieda, quale requisito di ammissione al pubblico concorso, l'iscrizione ad un determinato e coerente albo professionale dei candidati, dall'altro non può essere disposta l'esclusione di coloro che, alla data di scadenza per la presentazione delle domande, hanno presentato la richiesta di iscrizione che non si sia poi perfezionata nei tempi, a causa di ridarti esclusivamente addebitabili all'Ordine professionale. Ciò anche quando il bando prescriva l'effettiva iscrizione (entro il termine di scadenza), dal momento che nella fattispecie in contesto risulta irragionevole negare la partecipazione a concorrenti cui non è imputabile alcuna responsabilità sul perfezionamento della procedura di iscrizione.

Punteggio finale nei concorsi per esami
La graduatoria di concorso formata senza l'osservanza delle norme sulla determinazione del punteggio finale (nei concorsi per esami: somma della media dei voti conseguiti nelle prove scritte o pratiche o teorico-pratiche e della votazione conseguita nel colloquio) deve essere annullata e rettificata.
È quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione II, nella sentenza n. 4611/2022, il quale ha evidenziato inoltre che da quanto sopra, però, non deriva sempre l'obbligo dell'amministrazione di risarcire i soggetti aventi diritto per il conseguente ritardo nell'assunzione, dal momento che occorre il configurarsi anche dell'elemento soggettivo dell'illecito aquiliano (dolo o colpa).
Così che norme regolamentari non chiare e univoche, quali la previsione che la graduatoria sia formata "sulla base dei singoli punteggi conseguiti nella valutazione dei titoli e delle varie prove d'esame", forniscono solo l'enunciazione del principio generale che nessun punteggio parziale può essere escluso dal risultato finale, tuttavia lasciando margini di dubbio sulla concreta modalità di procedere.

Demansionamento
Un dipendente comunale ha chiesto il risarcimento del danno da demansionamento per essere stato assegnato alle funzioni di responsabile di servizio anziché confermato nell'originaria posizione di comandante della polizia locale.
La Corte di cassazione, sezione lavoro, nell'ordinanza n. 17975/2022, ha ricordato che "… per quanto debba qualificarsi come inadempimento contrattuale la violazione degli obblighi di tutela della professionalità, della salute e della personalità morale dei lavoratori, non può dirsi derivare automaticamente da questo inadempimento datoriale l'esistenza di un danno. Dovendosi pertanto distinguere tra ‘inadempimento' e ‘danno risarcibile', quindi tra il momento della violazione degli obblighi e quello della produzione del pregiudizio, suscettibile di assumere differenti aspetti (danno professionale in senso patrimoniale, danno biologico, danno all'immagine o alla vita di relazione, s.d. danno esistenziale), così da indurre la necessità di specifica allegazione e prova da parte di chi assume di averlo subito. Prova che può essere data dal lavoratore anche ai sensi dell'articolo 2729 del codice civile attraverso l'allegazione di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, così che possano essere a tal fine valutati la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione o anche la sola componente patrimoniale del danno professionale di cui, tuttavia, va comprovato il consistere o nell'impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e nella mancata acquisizione di una maggiore capacità, ovvero nel pregiudizio subito per perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno".

Vincolo di permanenza minima di 5 anni negli enti locali
La Corte dei conti, sezione regionale Campania, con la delibera n. 46/2022/PAR ha dichiarato l'inammissibilità oggettiva del quesito formulato dal Comune di Caivano in merito al vincolo di permanenza minima di cinque anni presso le amministrazioni locali in caso di prima assegnazione, come previsto e regolamentato nella disciplina di cui all'articolo 3, comma 5-septies, del Dl 90/2014 (convertito in legge 114/2014) e quella di cui al comma 7-ter dell'articolo 3 del Dl 80/2021 (convertito in legge 113/2021).