I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Definizione di «rifiuto» per la corretta qualificazione delle operazioni di gestione, smaltimento o «End of Waste»

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di Mauro Calabrese

Ambiente - Rifiuti - Definizione - Sottoprodotti - Obbligo o volontà di disfarsi - Riduzione delle conseguenze negative - Recupero - Smaltimento - Modalità oggettive - Onere della prova

La definizione di «rifiuto», ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), del Dlgs n. 152 del 2006, che definisce come rifiuti «le sostanze o gli oggetti che derivano da attività umane o da cicli naturali, di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi», va interpreta in modo ampio e non restrittivo, così da non pregiudicare gli obiettivi di riduzione dei rifiuti e del loro impatto sulla salute e sull’ambiente, come previsto dalla Direttiva 2008/98/Ce, così da ricomprendere anche le operazioni di recupero e smaltimento di una sostanza, dovendo la natura di rifiuto essere desunta dalle modalità oggettive di deposito dei materiali, a prescindere dalla prova dell’effettiva intenzione del detentore di disfarsi del materiale e persino dalla reale possibilità di reimpiego dei materiali nel ciclo produttivo.

Di conseguenza, ai fini dell’applicazione della disciplina dei «sottoprodotti», laddove l’articolo 184-bis del Tua prescrive specifiche condizioni tecniche, che devono essere adeguatamente documentate, riguardando le caratteristiche del ciclo di produzione, il successivo reimpiego, eventuali successivi trattamenti, la presenza delle caratteristiche necessarie a soddisfare, per l’uso specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e l’assenza di impatti complessivi negativi, grava sempre sull’interessato l’onere di fornire la prova della destinazione del materiale ad ulteriore utilizzo, con certezza e non come mera eventualità.

Corte di Cassazione, Sezione III Penale, sentenza 8 giugno 2023, n. 24680

 

Ambiente - Rifiuti - Definizione - Rifiuti Speciali - Attività industriale dolciaria - Smaltimento in proprio - Tassazione - Enti locali - Presupposto tributario - Esenzione - Onere della prova

Tenuto conto del fatto che il presupposto impositivo della tassa comunale sui rifiuti è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste per le aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione, come nel caso di attività industriale di produzione di dolci, ovvero che le stesse siano inidonee alla produzione di rifiuti o che vi si formino rifiuti speciali al cui smaltimento provveda il produttore a proprie spese, non rilevando l’effettivo smaltimento in proprio da parte, ma senza l’indicazione della loro natura, né la mancata assimilabilità dei rifiuti in quanto industriali fondata sulla mancata prova di tale natura da parte dell’ente impositore.

Fermo il principio secondo il quale è l’Amministrazione comunale a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale.

Corte di Cassazione, Sezione V Civile, Ordinanza 12 maggio 2023, n. 13137

 

 

Ambiente - Rifiuti - Definizione - Rifiuti Speciali - Deposito incontrollato - Fanghi di depurazione - Recupero e smaltimento - Fasi del processo - Natura

Ai fini dell’accertamento della sussistenza di un illecito deposito incontrollato di rifiuti, costituito da fanghi rinvenuti presso i luoghi di produzione all’interno di letti di essiccamento di depuratori, qualificati come rifiuti speciali ai sensi dell’articolo 184, lettera g), del Dlgs n. 152 del 2006, a mente del quale sono tali tutti i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie, tale natura non viene meno al momento del completamento di almeno una parte del processo di depurazione, rappresentando tali i fanghi comunque un residuato dello stesso, idoneo, come tale, a configurare rifiuti, ai fini della corretta gestione.

Corte di Cassazione, Sezione III Penale, sentenza 8 giugno 2023, n. 24679

 

Ambiente - Rifiuti - Definizione - Rifiuti Speciali - Acque di vegetazione - Uso Agronomico - Prescrizioni - Registri di carico e scarico - Deposito autorizzato - Scarico illecito

L’utilizzazione delle acque di vegetazione dei frantoi oleari a fini agronomici, tramite spandimento, è consentita soltanto nel rispetto delle specifiche prescrizioni e accortezze, nei casi e procedure previste dalla legge, compreso il rispetto degli obblighi di tenuta dei registri di carico e scarico e di corretta gestione degli scarti, configurandosi altrimenti la responsabilità per il trasporto illecito di rifiuti, l’abbandono di rifiuti all’interno delle vasche di decantazione o lo scarico di acque reflue industriali in difetto di autorizzazione, data la qualificazione delle acque di vegetazione come rifiuti speciali non pericolosi.

 

Corte di Cassazione, Sezione II Civile, ordinanza 13 giugno 2023, n. 16777

 

Ambiente - Rifiuti - Definizione - Rifiuti Speciali - Fanghi di dragaggio -End of Waste - Recupero - Soglie di concentrazione - Contaminanti

Alla cessazione della qualifica di rifiuto o «End o Waste» si perviene attraverso un processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso perde tale qualifica per acquisire quella di prodotto, dovendosi intendere per «End of Waste», quindi, non il risultato finale bensì il processo che, concretamente, permette ad un rifiuto di tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto.

Per poter sottrarre all’applicazione della normativa sui rifiuti i fanghi provenienti dal dragaggio di fondali marini portuali, ai sensi del regime «End of Waste» previsto dall’articolo 184-quater del Dlgs n. 152 del 2006, non è sufficiente la mera dichiarazione di conformità della sussistenza dei requisiti di legge, non costituendo condizione per la cessazione della qualità di rifiuto ma mera condizione di procedibilità per il recupero dei fanghi, quali materiali potenzialmente pericolosi per l'ambiente e la salute umana a causa del concentrazione di sostanze inquinanti pericolose.

Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione II Firenze, Sentenza 16 marzo 2023, n. 285