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Esenzione Imu per gli alloggi sociali: ribadita la necessità di documentazione rigorosa dei requisiti

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di Francesco Foglia (*) - Rubrica a cura di Anutel

La decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, (sentenza n. 751/2024) che ha respinto l’appello proposto dall’ente regionale per l’abitazione pubblica (Erap), offre un interessante spunto di riflessione in merito all’interpretazione dei criteri per l’esenzione Imu in caso di immobili destinati all’edilizia residenziale pubblica con finalità sociali. L’Erap aveva impugnato un accertamento Imu emesso da un Comune marchigiano per gli anni 2018 e 2019, contestando l’imposizione sugli immobili destinati ad alloggi sociali. Al centro della questione, l’interpretazione dei requisiti definiti dal Dm 22 aprile 2008, che stabilisce appunto le condizioni affinché un immobile possa qualificarsi come “alloggio sociale” e quindi accedere all’esenzione Imu.

Nella sentenza, la Corte ha precisato che per beneficiare dell’esenzione non è sufficiente una dichiarazione che attesti la destinazione degli immobili a finalità sociali; vale il principio per cui l’agevolazione Imu per gli alloggi sociali presuppone una documentazione probatoria rigorosa e dettagliata. Secondo il Dm 22 aprile 2008, affinché gli immobili possano essere considerati “alloggi sociali”, essi devono non solo essere destinati a categorie socialmente svantaggiate, ma anche non avere scopo di lucro, requisito che deve essere dimostrato attraverso documenti verificabili. Questo principio, condiviso dai giudici di merito, è stato di recente ribadito anche dalla Cassazione con l’ordinanza n. 6380 del 2024.

La Corte marchigiana, nel confermare gli accertamenti Imu, ha ritenuto che l’Erap non avesse presentato documentazione sufficiente a provare il possesso dei requisiti di non commercialità e di uso esclusivamente sociale degli alloggi. L’esenzione non può quindi essere concessa in modo generico, ma richiede una dimostrazione chiara e oggettiva della conformità dell’immobile alla specifica normativa.

Un punto cruciale della sentenza riguarda il mancato riconoscimento della qualifica di “alloggio sociale” da parte della legge regionale delle Marche n. 36/2005. Mentre infatti alcune Regioni hanno disposto in modo esplicito l’attribuzione di questa qualifica agli immobili di edilizia pubblica, nella normativa della Regione Marche questa classificazione non è riconosciuta, lasciando al contribuente l’onere di dimostrare che i beni rispondano alla definizione normativa di “alloggio sociale”.

I giudici marchigiani hanno quindi ripreso il principio espresso dalla Suprema Corte, secondo cui l’esenzione è applicabile unicamente in presenza di una destinazione sociale documentata, in linea con l’articolo 14 delle preleggi, che impone una stretta interpretazione delle norme fiscali agevolative.

Questa impostazione tende a garantire un’applicazione più equa e uniforme del tributo, riducendo l’area di discrezionalità nella concessione dei benefici fiscali e richiedendo il ricorso a criteri di valutazione oggettivi e documentati.

Sulla scorta di questo orientamento, i giudici marchigiani hanno sottolineato come l’agevolazione Imu per gli alloggi sociali può essere riconosciuta solo se vi è una dimostrazione inequivocabile della conformità dell’immobile ai requisiti del Dm 22 aprile 2008, ponendo l’attenzione sull’importanza di una prova documentale esaustiva e verificabile per accedere a benefici fiscali.

La sentenza in commento si inserisce in un contesto di crescente rigore nell’applicazione dei benefici tributari; questa tendenza giurisprudenziale pone l’accento sulla necessità di garantire che il beneficio fiscale sia riservato solo agli immobili che rispondono effettivamente e in maniera comprovata alle finalità sociali stabilite dalla legge. Tale approccio, risponde all’esigenza di evitare disparità nell’applicazione dell’imposta, soprattutto in un panorama giurisprudenziale che, per questa fattispecie impositiva, è caratterizzato ancora da interpretazioni disomogenee, sia nei tribunali di merito che presso la stessa Corte di Cassazione.

(*) Docente Anutel

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