I limiti all'applicazione dell'avanzo negli enti in disavanzo: un ostacolo da superare
La legge di bilancio 2019 (L 145/2018) ai commi 897 e 898 ha imposto limiti all'applicazione dell'avanzo per gli enti in disavanzo, impattando sulla loro capacità d'investimento queste restrizioni nell'attuale periodo emergenziale costituiscono ancora di più una penalizzazione, in quanto, di fatto, riducono notevolmente le capacità di manovra per fronteggiare l'epidemia da Covid-19.
Molti Comuni, che riscontrano difficoltà oggettive nella riscossione delle proprie entrate a causa del difficile contesto socio – economico in cui operano, hanno colto l'opportunità offerta dal riaccertamento straordinario dei residui, per iniziare un percorso virtuoso, svalutando significativamente i propri residui attivi, potendo beneficiare della norma che consentiva il recupero trentennale del disavanzo emerso. Questi enti che hanno applicato rigorosamente i principi contabili, si trovano nell'impossibilità di poter applicare l'avanzo vincolato derivante da mutui (ad esempio con la Cassa depositi e prestiti Spa e quindi non ancora riscossi) e sono costretti a contrarre nuovo debito, senza poter utilizzare i mutui già contratti (talvolta addirittura anche interamente restituiti), con un ingiustificato aggravio di interessi e di spese per il rimborso delle quote capitale, perché lo spazio di applicazione dell'avanzo non risulta sufficiente. Stesse criticità si riscontrano per l'utilizzo di avanzo vincolato per trasferimenti da parte di altre istituzioni (Regione, Unione europea, eccetera) che non si riescono a impiegare e quindi si rischia, decorsi i termini previsti per l'utilizzo, di dover restituire risorse preziose, ma anche la restituzione non è possibile perché presupporrebbe l'applicazione dell'avanzo. Ulteriori problemi sono rilevati dai Comuni capofila che si trovano a dover gestire ingenti fondi anche per altri Comuni.
La modifica al principio contabile attuata con il decreto del ministero delle Finanze del 1 marzo 2020 ha certamente facilitato la costituzione del fondo pluriennale vincolato (Fpv), in luogo di avanzo vincolato in un numero maggiori di fattispecie (ad esempio è sufficiente aver formalmente attivato le procedure di affidamento dei livelli di progettazione successivi al minimo per poter far confluire il valore dell'intera opera nel Fpv), ma ovviamente le risorse già confluite in avanzo negli esercizi precedenti non possono trarre vantaggio dalla nuova configurazione della norma e comunque ci possono essere casi in cui non si verificano i presupposti per la costituzione del Fondo pluriennale vincolato.
È inoltre importante sottolineare che il modello di certificazione dell'utilizzo del fondo per le funzioni fondamentali, assegnato agli enti per fronteggiare l'emergenza Covid-19, prevede espressamente che le risorse non utilizzate nel 2020 e imputate come esigibilità nell'esercizio 2021 - relative a contratti sottoscritti nel 2020 ma di competenza 2021- «costituiscono una quota vincolata del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2020 (compreso nel risultato di amministrazione presunto), per le finalità previste dall'articolo 106 del Dl 34/2020 e dall'articolo 39 del Dl 104/2020». Gli enti in disavanzo riscontreranno dunque difficoltà oggettive anche per riuscire a utilizzare questo avanzo, necessario per garantire i servizi essenziali in questa situazione di emergenza sanitaria.
Si evidenzia altresì che a seguito della nuova modalità di contabilizzazione dell'anticipazione di liquidità, come prevista dall'articolo 39-ter della legge 8/2019, così come il passaggio dal calcolo del fondo crediti di dubbia esigibilità dal metodo semplificato al metodo ordinario, molti Comuni si sono trovati per la prima volta a dover gestire il disavanzo, aumentando il novero degli enti penalizzati nella gestione dei propri avanzi.
Ulteriore criticità si è registrata per l'utilizzo dell'avanzo accantonato (ad esempio l'applicazione del fondo rischi qualora l'ente risulti soccombente nel giudizio per il quale lo aveva costituito) risulterebbe infatti decisamente penalizzante per un ente rischiare la procedura di dissesto perché non riesce a dare copertura al finanziamento di una sentenza sfavorevole di rilevante importo, quando invece ha prudentemente provveduto ad accantonare la relativa somma nell'avanzo accantonato, ma è impossibilitato dalla norma ad applicare questa tipologia di entrata. Appare invece ragionevole limitarne l'applicazione alla effettiva quota che risulti necessaria, qualora non possa provvedersi con altra modalità, per ripristinare gli equilibri di bilancio. Analogamente qualora l'ente, proceda correttamente in ciascun annualità ad accantonare la quota parte relativa agli arretrati contrattuali di competenza dell'esercizio, sembrerebbe poi incongruo non consentirne l'applicazione nell'anno in cui si sottoscrive il contratto con valenza retroattiva, perché sarebbe costretto a reperire l'intero importo nell'anno corrente.
Infine l'avanzo destinato dall'amministrazione, derivante da scelta discrezionale dell'ente e non da vincoli di legge, potrebbe essere semplicemente svincolato al fine di recuperare più velocemente il disavanzo complessivo, così come consentito nella fase di riaccertamento straordinario dei residui.
Al fine di garantire la ripresa degli investimenti e il funzionamento dei servizi indispensabili con l'utilizzo dei fondi emergenziali, sarebbe auspicabile consentire l'applicazione dell'avanzo, pur se limitatamente a alcune fattispecie, anche per gli enti meno virtuosi, ma che comunque hanno intrapreso un percorso di risanamento, che potrebbero beneficare di una deroga almeno temporanea al rigore della norma, contemplando l'esigenza di assicurare il recupero del disavanzo con la possibilità di poter impiegare tutte le risorse disponibili.
(*)Presidente del comitato regionale della Campania Anutel
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