I temi di NT+L'ufficio del personale

Impugnazione del concorso, licenziamento e attività extraistituzionali

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa

immagine non disponibile

di Gianluca Bertagna

Impugnazione degli atti di concorso
«L'approvazione della graduatoria di merito definitiva del concorso pubblico indetto per la copertura di posti di pubblico impiego e la successiva nomina dei vincitori non sono atti meramente esecutivi della precedente determinazione di approvazione della graduatoria provvisoria di merito, ma atti dotati di una propria autonoma capacità lesiva, quanto meno per essere espressione di un nuovo, autonomo e indipendente potere di provvedere rispetto a quello esercitato in precedenza, con conseguente onere per l'interessato di impugnarli nei termini di decadenza (Consiglio di Stato sentenza n. 2948/2011)». Sono queste le conclusioni del Tar Sicilia, che con la sentenza n. 1400/2021, ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso avverso la graduatoria provvisoria di merito di un concorso con la motivazione che essa non costituisce l'atto lesivo per gli interessati, essendo di natura endoprocedimentale e ancora suscettibile di rettifiche o modifiche.

Licenziamento per persistente insufficiente rendimento
La Corte di cassazione lavoro, con la sentenza n. 11635/ 2021, ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato ad un pubblico dipendente per accertati e reiterati comportamenti, nel biennio, idonei a concretizzare una grave insufficienza produttiva, per presenza discontinua, comportamento negligente e inosservanza degli obblighi di servizio. Nella fattispecie è corretto procedere alla contestazione disciplinare quando i fatti (nello specifico, anche assenze dal servizio) arrivano a denotare una significativa compromissione del rapporto fiduciario, non trattandosi di valutare una sommatoria di singole infrazioni, ma piuttosto un comportamento complessivo incompatibile con il mantenimento del rapporto di lavoro.

Legittimità del licenziamento disciplinare per assenza dal servizio
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 11761/2021, ha confermato la piena legittimità del licenziamento disciplinare irrogato al pubblico dipendente per assenza ingiustificata dal servizio (nella fattispecie, mancata produzione di certificato di malattia), dal momento che la previsione legislativa dell'articolo 55-quater, comma 2, lettera b), prevale su qualsiasi previsione contrattuale di sanzione anche non espulsiva. Queste le indicazioni contenute nella sentenza: «il legislatore del 2009 (Dlgs 150/2009) ha tipizzato, con l'articolo 55 quater del Dlgs 165/2001, specifiche ipotesi di licenziamento disciplinare ha altresì affermato con chiarezza - con il precedente articolo 55, comma 1 - la preminenza della disciplina legale rispetto a quella di fonte contrattuale, sia essa anteriore o successiva al Dlgs 150/2009. Le previsioni del codice disciplinare contenuto nel contratto collettivo, quindi, non possono essere più invocate ove in contrasto con la norma inderogabile di legge, venendo in questo caso sostituite di diritto da quest'ultima, ai sensi degli articoli 1339 e 1419 del codice civile. In sostanza, restano prive di effetto le clausole della contrattazione collettiva che prevedano una sanzione conservativa per i fatti che l'articolo 55 quater (ovvero altre norme dello stesso capo) contempla(no) come sanzionati dal licenziamento».

Attività extraistituzionali svolte in assenza di autorizzazione
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3521/2021 ha precisato le regole e i passaggi per l'affidamento degli incarichi a propri dipendenti. Ecco i principi:
- quando l'ente datore di lavoro non ha provveduto a rilasciare o prorogare la prescritta autorizzazione ai sensi dell'articolo 53 del Dlgs 165/2001 l'incarico è illegittimo e l'amministrazione agisce per il recupero delle somme percepite o dovute al dipendente;
- nel caso in cui il dipendente interessato presti servizio presso altra pubblica amministrazione è necessario, ai fini del perfezionamento dell'autorizzazione, l'accordo tra l'ente datore di lavoro e quello utilizzatore;
- in ogni caso l'unica autorizzazione avente valore giuridico e con particolare riguardo alla scadenza è quella dell'amministrazione di appartenenza;
- non rileva il fatto che, ad esempio, l'amministrazione utilizzatrice non abbia apposto un termine al proprio assenso, da questa evenienza il dipendente non può trarre la convinzione che sia consentita la prosecuzione dell'attività, tanto più che lo stesso ha già piena conoscenza dell'iter procedurale e dei presupposti normativi;
- qualora l'ente committente l'incarico esterno non provveda a richiedere l'autorizzazione all'amministrazione datrice di lavoro il dipendente è tenuto, con la dovuta diligenza, a sopperire e, quindi, ad attivarsi per ottenere la prescritta autorizzazione.