L'Ue chiede una buona pubblica amministrazione locale
L'Ue ha segnalato all'Italia, più volte e in modo chiaro, che una pubblica amministrazione efficiente è cruciale per assicurare che le misure adottate per fronteggiare l'emergenza e la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione risultando, in definitiva, inefficaci. Il messaggio diviene più che mai attuale nel momento in cui ci si accinge a presentare un Recovery plan dal quale dipenderanno per buona parte le sorti del futuro del Paese e per l'attuazione del quale, quindi, tutte le pubbliche amministrazioni sono chiamate a operare e cooperare al meglio delle proprie possibilità.
Cosa significa, in concreto, il monito europeo dal punto di vista del sistema delle autonomie territoriali?
Si potrebbe rispondere, innanzitutto, che è necessario che il Governo riprenda e porti a termine seriamente una riforma (dalla legge 56/2014 al Tuel) rimasta notoriamente a metà del guado poiché, tra l'altro, pensata in vista di una revisione costituzionale che non ha avuto compimento. Come noto, la competenza a legiferare sulle componenti essenziali dell'intelaiatura dell'ordinamento degli enti locali è dello Stato. Tuttavia, considerata la situazione politica, è difficile pensare che si profili nel breve periodo un intervento legislativo statale dirimente.
Sul fronte delle Regioni, la normativa emergenziale e la giurisprudenza costituzionale le hanno fortemente condizionate nel disciplinare gli spazi loro dischiusi dalla legge 56/2014, ponendo una serie di vincoli sul piano dell'allocazione delle funzioni amministrative, delle forme associative, delle risorse finanziarie e delle dotazioni organiche degli enti locali. D'altro canto, è innegabile che non tutte le Regioni hanno dimostrato di saper esercitare in modo convincente il ruolo di perno di un sistema regionale integrato di governo, che pure sarebbero nelle condizioni di ritagliarsi (in relazione a molti e importanti profili ordinamentali nelle Regioni ordinarie, a tutti per quelle speciali). L'obiettivo che le Regioni dovrebbero porsi è quello di costruire, insieme agli enti locali, un sistema territoriale coeso e senza antagonismi. Un sistema composto da una Regione titolare delle sole scelte di governo e regolative e dagli enti locali, cui competono le attività amministrative e gestionali; cementato con strumenti di raccordo effettivi e incisivi sulla formazione e l'attuazione delle politiche pubbliche regionali; sorretto da una finanza pubblica autogestita sebbene coordinata con quella nazionale. Anche su questo versante, però, i tempi di maturazione dei risultati non si profilano brevi.
Per affrontare le sfide che incombono è quindi necessario che gli enti locali, adottando una prospettiva bottom-up, si facciano costruttori in prima linea di una buona amministrazione, utilizzando gli spazi di autonomia e gli strumenti operativi che già hanno a disposizione. Come?
Innanzitutto, mettendo a fuoco i principali problemi e individuando gli strumenti per risolverli, facendosi promotori di iniziative concrete, basate sull'esperienza maturata sul campo da coloro che quotidianamente operano nelle amministrazioni locali. A questo proposito uno spunto significativo, da portare ad esempio, è quello emerso dal congresso annuale dell'Ancrel svoltosi l'ottobre scorso, in cui si è evidenziato che il tema dei controlli è uno dei punti deboli della Pa e sarà sempre più cruciale nella prospettiva della gestione delle risorse per la ripresa. In quella sede sono stati individuati strumenti e modalità operative che consentirebbero agli enti locali di agire con celerità e nel rispetto delle norme vigenti e ai revisori, non condizionati al momento della nomina, di effettuare controlli tempestivi ed efficaci.
Partendo dal rafforzamento della collaborazione dei revisori con gli organi di governo nell'attività di programmazione e controllo economico-finanziario si possono sviluppare riflessioni interessanti in merito all'informatizzazione dei servizi, volta a garantire l'omogeneità delle metodologie di lavoro e l'aggiornamento costante delle procedure; all'attenzione alla crescita professionale del personale, spesso frustrata dal ricorso sistematico a gestioni appaltate; all'aumento delle esternalizzazioni, che determinano un cambiamento della tipologia di spesa, ma non del costo di gestione e pregiudicano l'efficacia dei controlli; all'aggiornamento dei regolamenti comunali sulle procedure di controllo interno, necessario per adeguare le fonti locali a un rafforzato ruolo di garanzia dei controlli.
In sintesi, una serie di analisi critiche e conseguenti proposte che fanno capire che a livello locale si può cominciare a impostare un nuovo corso dell'amministrazione, con uno sforzo che deve coinvolgere gli amministratori; i segretari comunali; i responsabili di uffici e servizi; i revisori. Un gioco di squadra di vari attori, con competenze specializzate e orientate verso l'obiettivo comune di una cultura amministrativa realmente europea, quella cioè che concepisce sì la buona amministrazione come principio dell'organizzazione e dell'azione della Pa, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale del cittadino.
(*) Professore ordinario di diritto pubblico comparato Università di Udine
(**) Vicepresidente Ancrel