La «riforma» dei tributi locali attuativa della delega fiscale
L’attuazione della legge delega fiscale (Legge 111/2023) in materia di tributi locali comincia a prendere forma, con la prima bozza di decreto legislativo circolata alla fine di settembre.
La bozza di decreto, attuativa della norma dell’articolo 13 della legge sopra citata, prevede alcuni interventi in materia, peraltro complessivamente poco incisivi e non risolutivi di molte questioni sorte in questi anni.
In primo luogo sono previsti alcuni principi di carattere generale, che impongo agli enti locali di assicurare, nella disciplina dei propri tributi, la completa attuazione di quelli dettati dallo Statuto del contribuente (Legge 212/2000) - per la verità sussistenti in larga parte da oltre 20 anni - e di osservare le disposizioni di cui ai Dlgs 472/1997-471/1997 (articolo 13) in materia di sanzioni tributarie (peraltro coperta da riserva di legge il cui rispetto era già cogente). Principi che “invitano” gli enti territoriali ad adottare iniziative in materia di collaborazione con il contribuente (dall’assistenza e consulenza giuridica, alla diffusione di informazioni tributarie, alla semplificazione degli adempimenti, al potenziamento degli istituti premiali degli adempimenti spontanei, alla compensazione e il rimborso dei crediti, eccetera).
Proprio su quest’ultimo fronte, la bozza di decreto introduce la facoltà per gli enti di disciplinare definizioni agevolate dei propri tributi, prescindendo dalle previsioni statali. Nel prevedere questo apparentemente ampio potere locale derogatorio del principio della indisponibilità della pretesa tributaria, il legislatore introduce tuttavia alcuni paletti, limitando il ricorso alle definizioni solo ad esigenze straordinarie, al fine di evitare di compromettere l’ordinaria attività di riscossione, nonché in casi eccezionali e con riferimento a periodi temporali limitati. Inoltre, sarà possibile rinunciare o ridurre sanzioni e interessi, mentre la pretesa tributaria potrà essere solo ridotta ma non annullata (senza però porre limiti massimi a tale riduzione). Al tempo stesso gli enti avranno la possibilità di estendere automaticamente anche ai propri tributi le future forme di definizione previste dalla legge in materia di tributi statali, così come di stabilire definizioni agevolate delle controversie tributarie o di procedure in corso di accertamento. Le definizioni agevolate potranno riguardare anche le entrate patrimoniali.
La bozza di decreto perfeziona anche alcuni strumenti già a disposizione degli enti territoriali per contrastare l’evasione da versamento e quella volta a sottrarre base impositiva. Sul primo versante, viene puntualizzata la facoltà di negare il rilascio o il rinnovo di licenze, concessioni e autorizzazioni o di porre fine alle stesse nel caso di irregolarità relative al pagamento dei tributi, definitivamente accertate. Facoltà oggi prevista dall’articolo 15-ter del Dl 34/2019, seppure nella più ampia ipotesi di irregolarità nel pagamento dei tributi (a prescindere quindi dall’accertamento definitivo delle somme dovute). Sul secondo, invece, si cerca di incrementare la disponibilità e l’utilizzabilità delle informazioni necessarie anche per l’attività di controllo, mediante la creazione di un Comitato di coordinamento per la razionalizzazione del sistema di rilevazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione dei tributi degli enti territoriali (con rappresentanti del ministero, dell’agenzia delle Entrate, degli enti locali, dei concessionari privati e dell’AGID). Con la speranza che vengano così colmate le attuali deficienze, come quella relativa all’anagrafe dei conti, e migliorata la fruibilità dei dati per gli enti, specie più piccoli. Viene ridotto anche il termine di sospensione dell’accertamento esecutivo, prima dell’avvio delle procedure coattive.
Al fine di incentivare il versamento spontaneo dei tributi, la bozza di decreto disciplina la facoltà per gli enti locali di prevedere con regolamento una riduzione del 5% dell’entrate locali, fino ad un massimo di 1.000 euro, in favore dei debitori che autorizzano l’addebito diretto sul conto corrente per il pagamento. Restano escluse le entrate riscosse esclusivamente con il sistema dei versamenti unitari di cui all’articolo 17 del Dlgs 241/1997 (modello F24), come, ad esempio, l’Imu (comma 765 dell’articolo 1 della legge 160/2019, pur se anche per quest’ultima la norma già prevede la futura attivazione del pagamento con la piattaforma Pago.pa, non ancora possibile). Tale facoltà che in realtà non è una novità per gli enti locali, considerando che già oggi l’articolo 118-ter del Dl 34/2020 consente ai medesimi di prevedere nella stessa ipotesi di cui sopra una ben più ampia riduzione fino al 20% delle aliquote o delle tariffe. Vengono anche introdotte nuove misure per stimolare l’adempimento spontaneo, quali gli avvisi binari e le lettere di compliance.
Il capo dedicato ai tributi degli enti locali invece di effettuare interventi strutturali e sostanziali, si è limitato ad aggiustamenti tutto sommato modesti. Vediamone alcuni. In materia di Imu, si registra un articolato intervento sul trattamento catastale degli allestimenti mobili in strutture ricettive all’aperto, sancendone l’irrilevanza, ricalcando il meccanismo utilizzato già nel 2016 per gli “imbullonati”, con tanto di trasferimento compensativo per gli enti interessati. Problematica che comunque non sembrava essere in cima alle criticità della fiscalità locale immobiliare, tale da meritare uno spazio specifico in un decreto di riforma. Sui terreni agricoli si prevede un nuovo intervento del Ministero dell’economia che, con circolare integrativa, potrà modificare l’elenco dei comuni montani, esenti dal tributo, oggi contenuto nella circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14/06/1993. Seppure la vigenza delle modifiche sarà condizionata allo stanziamento dei fondi necessari a ristorare i comuni coinvolti dalle eventuali future perdite di gettito.
Altre modifiche riguardano la dichiarazione Imu. La novità più rilevante è l’obbligo della sua presentazione esclusivamente in via telematica, non solo per gli enti non commerciali di cui al comma 759, lettera g), dell’articolo 1 della legge 160/2019, ma per tutti i contribuenti. Inoltre, si prevede che la dichiarazione di legge rappresenterà l’unica modalità di assolvimento dell’adempimento dichiarativo da parte dei contribuenti. Chiudendo la porta, almeno così pare, ad eventuali dichiarazioni introdotte dai regolamenti comunali per specifiche fattispecie agevolate. Il termine per la presentazione della dichiarazione resta il 30 giugno dell’anno successivo a quello di inizio del possesso o del verificarsi degli elementi incidenti sulla determinazione del tributo, pur se lo stesso potrà essere differito con decreto ministeriale (laddove oggi occorre invece una legge). Da rilevare che l’abrogazione dell’intero comma 769 della L. 160/2019 travolge le norme che imponevano in modo esplicito l’obbligo dichiarativo per le ipotesi di assimilazione degli alloggi sociali, delle abitazioni di militari, appartenenti alle Forze di Polizia, ecc. e per l’esenzione dei fabbricati invenduti delle imprese di costruzione. Si perde l’occasione per chiarire in via normativa l’obbligo dichiarativo in caso di esenzioni/agevolazioni, come invece ribadisce la recente giurisprudenza della Corte di cassazione e soprattutto se la mancata presentazione della stessa comporti la decadenza dal beneficio, oppure una mera violazione formale.
La norma puntualizza anche che, per usufruire della nuova esenzione nata nel 2023 in favore delle abitazioni occupate abusivamente, non occorre presentare una specifica comunicazione, secondo un modello che avrebbe dovuto essere approvato con apposito decreto, ma la dichiarazione del tributo.
In materia di Tari si operano due modifiche apparentemente solo formali. La variazione apportata all’articolo 238 del Dlgs 152/2006, articolo che viene interamente sostituito, ha il merito di eliminare il riferimento a un prelievo, la TIA2, cessato definitivamente nel 2013 e peraltro caratterizzato da una brevissima esistenza, in casi limitati, peraltro. La stessa specifica che per l’applicazione della tariffa rifiuti urbani si applica la disciplina dei prelievi di cui all’articolo 1, comma 639, della legge 147/2013 (la Tari) e al comma 668 del medesimo articolo (tariffa corrispettiva), gettando qualche ombra sulla natura giuridica della cosiddetta “tari puntuale”, ossia della variante della Tari basata sempre sull’applicazione del Dpr 158/1999, ma con determinazione della quota variabile in base ai rifiuti effettivamente conferiti. Prelievo che viene definito come “tariffa”. L’abrogazione integrale dell’articolo travolge anche il comma 10, norma introdotta dal Dlgs 116/2020, in attuazione della direttiva Ue 851/2018, che permette alle utenze non domestiche di non avvalersi del servizio pubblico per la gestione, ai fini del recupero, dei rifiuti urbani prodotti, beneficiando in tal modo dell’esclusione dal pagamento della quota variabile del prelievo (a condizione che comprovino l’avvenuto recupero dei rifiuti prodotti da parte di un soggetto abilitato). Scelta vincolante per 2 anni, senza possibilità di ripensamento. L’abrogazione ha come effetto non tanto di non consentire più alle utenze non domestiche di uscire dal servizio pubblico, per l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti, in quanto si tratta di una facoltà comunque prevista dall’articolo 198, comma 2-bis, del Dlgs 152/2006, quanto piuttosto la perdita del beneficio della cancellazione dell’intera quota variabile del tributo. Resta applicabile invece la riduzione proporzionale per l’avvio al riciclo dei rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, prevista dal comma 649 dell’articolo 1 della legge 147/2013. Tuttavia, quest’ultima è senza dubbio più restrittiva di quella dell’articolo 238, comma 10, in quanto è rimessa al recepimento da parte del regolamento comunale, è limitata ai rifiuti urbani riciclati e non a tutti quelli recuperati e, infine, non sempre può raggiungere il 100% della quota variabile, come capita nel caso degli enti che hanno posto un limite massimo di abbattimento della quota variabile inferiore al totale (pur se per la giurisprudenza del Consiglio di Stato ciò non sarebbe ammesso). Viene eliminato comunque qualunque vincolo minimo temporale al periodo di uscita, introdotto in precedenza per consentire al gestore pubblico l’opportuna programmazione e organizzazione del servizio.
Inoltre, vengono eliminati dalla legge 147/2013 i riferimenti ai rifiuti assimilati (non più esistenti dopo il Dlgs 116/2020, ma divenuti urbani), seppure non in tutti i commi (manca il comma 649). Importante è il differimento, a partire dal 2024, del termine per l’adozione della deliberazione tariffaria di TARI e della tariffa corrispettiva dal 30 aprile al 31 luglio dell’anno di riferimento. Termine che si trascina anche quello per la validazione dei piani finanziari da parte degli enti territorialmente competenti. La norma non dovrebbe ritardare l’invio degli avvisi di pagamento da parte dei comuni, tenuto conto che le rate scadenti fino al 1° dicembre sono da commisurare alle tariffe dell’anno precedente, anche se di fatto rende impossibile l’invio di un unico avviso di pagamento annuale, con aumento dei costi correlati (che confluiscono nei CARC del piano finanziario).
In tema di imposta di soggiorno si risolve il conflitto nato tra IFEL e Ministero, esplicitando che nei regolamenti comunali non è possibile prevedere ulteriori adempimenti dichiarativi rispetto alla dichiarazione prevista dalla legge in capo ai gestori delle strutture ricettive. Tuttavia, tale specifica elimina le dichiarazioni periodiche, indispensabili per la corretta contabilizzazione delle entrate e per la tempestività dei controlli, considerando che la dichiarazione di legge deve essere presentata il 30 giugno dell’anno successivo (oltre al problema della gestione delle diverse riduzioni e gradazioni tariffarie previste dai comuni). Si interviene anche sulla sanzione per omessa ed infedele dichiarazione, riducendola dall’attuale forbice dal 100% al 200% dell’importo dovuto, al 70% dello stesso. Modifica che ha perso l’occasione per precisare che per importo dovuto, a cui è commisurata la sanzione, deve intendersi quello dovuto e non versato (come già precisato ai tempi dell’ICI) e che porrà il problema dell’applicazione retroattiva della sanzione, per il principio del favor rei dettato dall’articolo 3 del Dlgs 472/1997. Stesse modifiche per il tributo dovuto nel caso di locazioni brevi.
(*) Vice presidente Anutel
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LE PROSSIME INIZIATIVE ANUTEL
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10/10/2023, Siracusa: Gli effetti della delibera Arera n. 15/2022/r/rif e della nuova definizione di rifiuto speciale sulla gestione della Tari (9,00-14,00)
11/10/2023, Novara: Novità normative in vista del bilancio 2024/2026 (9,00-14,00)
18/10/2023, Morciano di Romagna (Rn): Imu e nuova Imu - disciplina dell'abitazione principale nell'ambito dell'attività di controllo e di verifica (9,00-14,00)
18/10/2023: Arezzo: Novità normative in vista del bilancio 2024/2026 (9,00-14,00)
24/10/2023: Piacenza: Alcune agevolazioni nell'imu: esenzioni per enti ecclesiastici ed enti non commerciali, riduzioni per fabbricati di interesse storico o artistico (9,00-16,30)
25/10/2023, Vercelli: Aspetti di rilievo e novità nella gestione Tari (9,00-14,00)
7/11/2023, Massa: Aspetti di rilievo e novità nella gestione Tari (9,00-14,00)
14/11/2023, Parma: Le aree edificabili nell'imu: l'approccio nel caso di adozione di un nuovo strumento urbanistico (9,00-17,00)
16/11/2023, Asti: L'impatto contabile del nuovo codice dei contratti - i riflessi contabili del Pnrr (9,00-14,00)
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10-11/10/2023: Corso di formazione per messi notificatori legge finanziaria 2007 commi 158, 159, 160, 161 con esame di idoneità (9,00-11,00/15,00-17,00)
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