I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Le ultime pronunce in materia di permessi di soggiorno

di Esper Tedeschi

Permesso di soggiorno – Livelli di reddito – Lavoratori stranieri extra UE – Assegno sociale – Ricongiungimento familiare
In caso di istanza di conversione del titolo di soggiorno, rilasciato per motivi umanitari, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, il livello di reddito necessario che deve essere preso in considerazione è quello previsto dall'art. 29 del Dlgs n. 286/98, consistente in un reddito minimo pari all'importo annuo dell'assegno sociale, proposto a livello normativo per il ricongiungimento familiare che è stato esteso, nella prassi, anche quale reddito soglia di garanzia per i permessi di lavoro subordinato. Lo stesso Dpr n. 394/99 ha ripreso questa tipologia di reddito per quelle attività, pur autonome, che non necessitano di specifici titoli abilitativi ed autorizzatori, evidentemente individuando, all'interno dell'insieme del lavoro autonomo, ben diversi livelli ed esigenze di organizzazione aziendale ed una ampia realtà economica di impresa individuali i cui livelli di reddito sono prossimi a quelli da un lavoro dipendente piuttosto che d'impresa. Sicché, il soggetto straniero che abbia già fatto ingresso sul territorio italiano e che abbia percepito un reddito da lavoro dipendente non deve dimostrare il requisito, più gravoso, fissato dall'art. 26 del Dlgs. n. 286/1998 corrispondente a un livello di reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.
Tar Piemonte, Torino, sez. I, 2 ottobre 2021, n. 875

Permesso di soggiorno – Straniero espulso – Autorizzazione ministeriale – Termine
L'art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286/1998 prevede che lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione “non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'Interno”, precisando, da un lato, che in caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera, dall'altro, che tale disciplina non si applica solo “nei confronti dello straniero già espulso ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e b), per il quale è stato autorizzato il ricongiungimento, ai sensi dell'articolo 29”. Pertanto è legittimo il diniego alla domanda di rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentata da un soggetto precedentemente espulso, seppure munito di regolare visto, che ha fatto rientro sul suolo nazionale prima del termine di tre anni dalla data di esecuzione del provvedimento di espulsione.
Tar Lombardia, Milano, sez. I, 5 ottobre 2021, n. 2127

Documentazione falsa – Permesso di soggiorno – Requisito dell'alloggio – Certificato di residenza
La certezza della situazione abitativa costituisce un presupposto indispensabile per ottenere il permesso di soggiorno, che non può essere rilasciato in situazioni di forte precarietà alloggiativa, connesse a sostanziale irreperibilità dello straniero, anche sulla base di dichiarazioni rese da soggetti dalla stessa indicati come ospitanti. Inoltre la falsa indicazione del luogo di residenza, non costituisce mera irregolarità formale ma è, anzi, da ritenersi circostanza assolutamente dirimente nel senso di imporre il rigetto dell'istanza di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno ai sensi degli artt. 5, co. 5, 4, co. 2 e 9, co. 7, d.lgs. n. 286/1998. Sicché, in caso di presentazione di un certificato di residenza falso è legittimo il diniego al rilascio del permesso di soggiorno (ovvero la reiezione della richiesta di rinnovo) in quanto, la conseguente carenza del requisito suindicato, derivante dalla stessa opzione dimostrativa adottata dall'interessato (ossia la falsa certificazione), non comporta un onere all'Amministrazione di verificare se l'istante disponga, comunque, di altro alloggio e/o residenza al fine di comprovare il possesso del requisito de quo.
Consiglio di Stato, Sez. III, 7 ottobre 2021, n. 6700

Permesso di soggiorno – Diniego – Preavviso di rigetto
L'introduzione nell'ordinamento, con legge 11 febbraio 2005 n. 15 del 2005, del preavviso di rigetto ha segnato l'ingresso di una modalità di partecipazione al procedimento, con la quale si è voluta “anticipare” l'esplicitazione delle ragioni del provvedimento sfavorevole alla fase endoprocedimentale, allo scopo di consentire una difesa ancora migliore all'interessato, mirata a rendere possibile il confronto con l'amministrazione sulle ragioni da essa ritenute ostative all'accoglimento della sua istanza, ancor prima della decisione finale. L'istituto del cd. “preavviso di rigetto” ha così lo scopo di far conoscere alle amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell'istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e giuridiche, dell'interessato, che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale, derivante, appunto, dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo e determinando una possibile riduzione del contenzioso fra le parti. Il mancato rispetto dell'obbligo di preventiva comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, imposto dall'art. 10-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, determina l'annullamento del provvedimento discrezionale – anche in caso di istanza per il rilascio del permesso di soggiorno – senza che sia consentito all'Amministrazione dimostrare in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello in concreto adottato, a seguito della novella introdotta con l'art. 12, comma 1, lettera i) del d.l. n. 76/2020, convertito in l. n. 120/2020.
Consiglio di Stato, Sez. III, 8 ottobre 2021, n. 6743

Permesso di soggiorno – Diniego – Motivazione – Pericolosità sociale
Il diniego di rilascio del permesso di soggiorno deve essere sorretto da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione fondata anche sulla durata del soggiorno nel territorio nazionale e sul suo inserimento sociale, familiare e lavorativo, escludendo ogni automatismo in conseguenza di condanne penali riportate. È pertanto illegittimo il diniego di rinnovo di un permesso di soggiorno motivato unicamente in ragione di un reato commesso in data risalente nel tempo e di un altro reato, più recente, ma ancora sub iudice, ove sia dimostrato l'inserimento sociale e la continuità lavorativa.
Tar Toscana, Firenze, sez., II, 11 ottobre 2021, n. 1296

Permesso di soggiorno – Reddito – Giudizio prognostico – Occasioni lavorative favorevoli – Integrazione sociale
Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, la valutazione della pubblica amministrazione circa il possesso del requisito di un reddito minimo per il sostentamento, non può limitarsi ad una mera ricognizione della sussistenza di redditi adeguati nei periodi pregressi, ma deve risolversi in un giudizio prognostico, che tenga conto anche delle occasioni lavorative favorevoli sopravvenute nelle more dell'adozione del rigetto e delle prospettive di integrazione del lavoratore straniero nel tessuto socio economico dell'area in cui risiede. Difatti, l'istruttoria dell'Amministrazione non può limitarsi alla ricognizione dell'esistenza o meno di un reddito pari ad “una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all'assegno sociale”, prescritto dall'art. 13, comma 2, d.P.R. n. 394/1999 (Regolamento di attuazione del d.lgs. n. 286/1998).
Consiglio di Stato, Sez. III, 12 ottobre 2021, n. 6842

Permesso di soggiorno – Diniego – Motivazione – Pericolosità sociale – Istruttoria – Rapporti familiari
Anche in presenza di una sentenza di condanna, l'amministrazione deve verificare l'eventuale esistenza di rapporti familiari che possono incidere sulla valutazione complessiva della situazione del richiedente. La determinazione adottata dall'amministrazione non può limitarsi a prendere atto della esistenza di una sentenza di condanna penale senza considerare il possibile rilievo della situazione familiare del cittadino straniero, insieme agli ulteriori elementi rilevanti nella concreta vicenda, anche nel caso in cui si tratti di una condanna ad uno dei reati contemplati dall'art. 26, co. 7-bis, d.lgs. n. 286/1998.
Consiglio di Stato, Sez. III, 14 ottobre 2021, n. 6903

Permesso di soggiorno – Diniego – Automatismo del diniego – Pericolosità sociale – Spaccio di stupefacenti
Deve ritenersi legittimo il diniego alla richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato ove l'istante sia stato condannato per aver commesso il reato di cui all'art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/1990 – ossia spaccio di stupefacenti – in quanto, ai sensi dell'art. 5, d.lgs. n. 286/1998, la predetta condanna, anche se non definitiva, costituisce elemento caratterizzante dell'assenza di integrazione nel tessuto sociale italiano, senza che sia necessaria alcuna ulteriore specifica valutazione di pericolosità sociale del cittadino straniero, non ricorrendo, nel caso, i presupposti (tutela del coniuge e di figli minori o altri motivi di carattere umanitario o relativi ad obblighi dello Stato italiano) che richiedono tale ulteriore apparato motivazionale in ordine alla concreta pericolosità sociale del richiedente. Infatti, il legislatore ha espressamente attribuito un effetto preclusivo alla permanenza sul territorio italiano a seguito della condanna per specifici reati, considerandoli dimostrazione inequivoca della non integrazione sociale nel contesto nazionale e di non accettazione dei valori di legalità e tutela della persona posti a fondamento della Repubblica. Tra questi reati sono considerati espressamente i delitti riguardanti le sostanze stupefacenti.
Consiglio di Stato, Sez. III, 18 ottobre 2021, n. 6982

Permesso di soggiorno – Diniego – Motivazione – Pericolosità sociale – Reati inerenti la libertà sessuale – Patteggiamento – Elementi sopraggiunti
Il diniego di un permesso di soggiorno è legittimo se fondato sull'art. 4, co. 3 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, a tenore del quale “Non è ammesso in Italia lo straniero che […] risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti […] la libertà sessuale”. Il reo non può utilmente eccepire che i fatti contestati sarebbero lievi e che la pena patteggiata sarebbe modesta ovvero di aver comunque risarcito la vittima. Difatti, tali circostanze non possono essere considerate come elementi nuovi sopraggiunti che consentono il rilascio del permesso ai sensi dell'art. 5, co. 5 del TUI. Ciò in quanto il risarcimento del danno attiene all'esecuzione della pena o alle condizioni necessarie per addivenire al patteggiamento con la conseguenza che non possono essere valutate in modo autonomo.
Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 19 ottobre 2021, n. 2272

Permesso di soggiorno – Incompetenza – Dirigente ufficio immigrazione – Prefetto – Delega
È illegittimo per incompetenza il provvedimento di rigetto dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno sottoscritto dal Dirigente dell'ufficio Immigrazione e non dal Questore in assenza di un'idonea delega all'esercizio del potere di quest'ultimo in favore del primo.
Tar Campania, Napoli, Sez. VI, 21 ottobre 2021, n. 6632