No all’esenzione Imu per gli enti non commerciali senza la dichiarazione
Secondo la Corte di cassazione, la dichiarazione Imu è indispensabile per poter beneficiare dell’esenzione prevista dall’articolo 7, comma 1, lettera i) del Dlgs 504/1992, da parte degli enti non commerciali.
La sentenza n. 24200/2024 ha ripreso la questione della perentorietà dell’obbligo dichiarativo al fine di poter beneficiare delle esenzioni in tema di imposta municipale propria, sulla scorta del principio generale di decadenza da un beneficio fiscale in assenza del compimento di un onere di comunicazione espressamente previsto dalla legge (Cassazione sentenze 21465/2020 – 5190/2022). Puntualizzando ancora di più la questione.
In primo luogo, la Corte ha evidenziato che nell’Imu l’articolo 9, comma 6, del Dlgs 23/2011 e l’articolo 2, comma 5-bis, del Dl 102/2013 hanno sancito l’obbligo dichiarativo da parte del contribuente, da effettuarsi tramite l’apposito modello ministeriale ed entro un determinato termine finale, ai fini del godimento dell’esenzione prevista dall’articolo 7, comma 1, lettera i, del Dlgs 504/1992 (esenzione in favore degli enti non commerciali che possiedono e utilizzano direttamente un bene immobile per lo svolgimento di una serie di attività agevolate, svolte con modalità non commerciali). A differenza di quanto accadeva nell’Ici, dove anzi la norma escludeva dagli immobili soggetti all’obbligo dichiarativo quelli esenti (articolo 10, comma 4, Dlgs 504/1992), nell’Imu vigente dal 2012, l’obbligo dichiarativo veniva ulteriormente confermato dall’articolo 91-bis del Dl 1/2012, che lo ha previsto nel caso di immobili a utilizzazione mista, rinviando a un decreto ministeriale il compito di definire, tra l’altro, le modalità e le procedure per la predetta dichiarazione. Il Dm 200/2012 ha ribadito la necessità dell’obbligo dichiarativo nel caso di immobili a utilizzazione mista e successivamente il Dm 26/06/2014, di approvazione del modello e delle istruzioni della dichiarazione Imu enti non commerciali, ha evidenziato che la dichiarazione doveva comprendere anche tutti gli immobili esenti ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera i, del Dlgs 504/1992.
Anche l’articolo 2, comma 5-bis, del Dl 102/2013 ha ulteriormente evidenziato la necessità della dichiarazione, a pena di decadenza, per poter usufruire di tutte le norme agevolative contenute nell’articolo 2 medesimo, ossia, per i “beni merce”, gli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, gli alloggi sociali, le abitazioni delle forze armate e per gli immobili esenti in base all’articolo 7, comma 1, lettera i, del Dlgs 504/1992, destinati ad attività di ricerca scientifica. La Corte ha evidenziato che la necessità della dichiarazione a pena di decadenza riguarda in realtà tutti gli immobili che beneficiano dell’esenzione prevista dalla lettera i) dell’articolo 7 e non solo di quelli destinati a ricerca scientifica. Ciò in quanto la norma del comma 5-bis richiede la presentazione della dichiarazione per fruire dei benefici previsti dall’articolo 2, il quale cita l’articolo 7, comma 1, lettera i, del Dlgs 504/1992, «risultando, invero, del tutto irragionevole – a parità di attività tutelate - limitare tale onere dichiarativo alla sola attività di ricerca scientifica per il sol fatto che la decadenza è stata prevista dalla stessa disposizione (articolo 2 Dl citato) che ha incluso le unità immobiliari in cui si svolge l’attività di ricerca scientifica tra quelle esenti dal pagamento dell’Imu. Ipotizzare un diverso trattamento, quanto all’obbligo dichiarativo, tra le medesime ipotesi di esenzione previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), Dlgs 30 dicembre 1992, n. 504 risulterebbe, invero, del tutto ingiustificata e non costituzionalmente compatibile ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione».
La norma dell’articolo 2, comma 5-bis, del Dl 102/2013 è perentoria, vista la funzione e lo scopo perseguito. Peraltro, si tratta di una disposizione che risulta ancora oggi vigente, pur dopo la riscrittura delle norme di disciplina dell’Imu, contenuta nella legge 160/2019 (Cassazione, n. 28806/2023).
L’obbligo dichiarativo perentorio, a pena di decadenza, assolve alla necessaria funzione, a giudizio della Corte, «di porre l’ente impositore nelle condizioni di poter controllare la veridicità dei dati esposti, evitando problematiche verifiche ex post, anche in sede giudiziaria» e di preservare gli equilibri di bilancio (principio peraltro costituzionale) al fine di «poter prevedere le risorse finanziarie su cui potrà contare per la gestione degli interessi comunali, esigenze queste poste a garanzia del buon funzionamento dell’amministrazione pubblica»
La Corte ha anche affrontato la questione della natura della dichiarazione, necessaria per comprendere se il contribuente ha la facoltà di presentare una dichiarazione anche successiva al termine di scadenza, rettificando quanto prima dichiarato o non dichiarato. La Corte ritiene che, a differenza di quanto accade nella dichiarazione dei redditi, che ha natura di scienza, nel caso di dichiarazioni per poter fruire di esenzioni tributarie si tratti di manifestazioni di volontà, con le quali il contribuente manifesta l’intendimento di avvalersi di un beneficio fiscale, in quanto orientate all’esercizio di un diritto soggettivo. Ciò impedisce al contribuente che ha omesso la dichiarazione di invocare il principio di emendabilità della stessa, in quanto non si tratta di una manifestazione di scienza e non è possibile superare il termine decadenziale previsto dalla legge.
Quindi, per poter beneficiare dell’esenzione, l’ente non commerciale deve presentare la dichiarazione entro il termine di legge (violazione che, secondo alcuni orientamenti, non può neppure essere oggetto di ravvedimento), peraltro ogni anno, tenuto conto di quanto stabilito dall’articolo 1, comma 770, della legge 160/2019.
Questo principio sembra del tutto adattabile anche alla disciplina vigente dal 2020 (legge 160/2019), poiché l’articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 160/2019 richiama espressamente tutte le disposizioni dell’articolo 7, comma 1, lettera i), del Dlgs 504/1992, dell’articolo 91-bis del Dl 1/2012 e del regolamento n. 200/2012. Peraltro, il Dm 24/04/2024 (modello dichiarazione Imu) prevede l’obbligo dichiarativo annuale per gli enti non commerciali. In più, come già accennato, secondo la Corte di cassazione, le norme dell’articolo 2, comma 5-bis, del Dl 102/2013 sono ancora vigenti, non essendo state abrogate.
(*) Vice presidente Anutel
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