Posizioni organizzative, licenziamento e esclusione del candidato
La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni
La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni.
Posizioni di responsabilità e aspetti organizzativi
È particolarmente interessante la decisione n. 128/2020 della Corte Costituzionale con la quale ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale di una legge regionale (recante disposizioni transitorie e urgenti in materia di incarichi di posizione organizzativa della Regione), nella parte in cui ha stabilito che gli incarichi di posizione organizzativa della Regione proseguono nella loro efficacia fino al completamento delle procedure di attribuzione attivate successivamente all'entrata in vigore del Dpcm previsto dall'articolo 23, comma 4, del Dlgs 75/2017 e, comunque, non oltre il 31 ottobre 2019.
La corte ha precisato che nel procedere all'assegnazione delle posizioni organizzative e nell'adibire il personale alle funzioni proprie, gli enti esprimono la propria discrezionalità nell'organizzazione amministrativa di uffici che impongono un alto livello di professionalità. Le posizioni che si rivelano speculari al conferimento dell'incarico di posizione organizzativa non sono equiparabili al più elevato profilo dei dirigenti, di cui non hanno né le funzioni né lo status. La proroga degli incarichi di posizione organizzativa già in essere è stata dettata da evidenti ragioni di natura organizzativa, volte ad assicurare la necessaria continuità dell'azione amministrativa. L'ente, nel prorogare le posizioni già attribuite, anche oltre il termine indicato dal Ccnl sottoscritto il 21 maggio 2018, ha quindi ritenuto di esercitare i poteri discrezionali di cui è titolare, premurandosi al contempo di consultare le parti sociali in vista dell'imminente riassetto delle posizioni organizzative.
Sopravvenuta inidoneità alla mansione, divieto licenziamento fino al 17 agosto
Con la nota n. 298/2020, l'Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) ha fornito alcuni chiarimenti in merito all'ambito di applicazione della sospensione delle procedure di licenziamento, prevista dall'articolo 46, del Dl 18/2020, sino al 17 agosto 2020.
In particolare, l'Ispettorato ha evidenziato come anche l'ipotesi del licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione debba ritenersi ricompresa tra le fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell'articolo 3 della legge 604/1966. Ciò in considerazione del fatto che l'inidoneità sopravvenuta alla mansione impone al datore di lavoro la verifica in ordine alla possibilità di ricollocare il lavoratore in attività diverse riconducibili a mansioni equivalenti o inferiori, anche attraverso un adeguamento dell'organizzazione aziendale.
I controlli investigativi in caso di assenze dei dipendenti
La Corte di cassazione, sezione lavoro con ordinanza n. 11697/2020, ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato nei confronti di un lavoratore che, assente dal lavoro per un presunto trauma subito, in realtà si era dedicato ad attività fisiche.
A fronte delle doglianze del soggetto, circa l'illegittimità dei controlli effettuati dal datore, la Cassazione ha confermato il licenziamento, illustrando che non si verteva su un'ipotesi di controllo datoriale circa l'esecuzione della prestazione ma, invece, di verifica e controllo di un comportamento extralavorativo illecito, fondata sul sospetto del mancato svolgimento illegittimo dell'attività lavorativa per l'insussistenza della incapacità lavorativa invece presente. Quindi l'accertamento effettuato anche mediante controlli di tipo investigativo è legittimo non attenendo gli stessi allo svolgimento dell'attività lavorativa stricto sensu, bensì, all'insussistenza di una situazione atta a ridurre la capacità lavorativa del dipendente.
Esclusione del candidato per inidoneità accertamento conoscenza informatica
«L'articolo 37, del Dlgs 165/2001, anche prima della sua novella a opera dell'articolo 17, legge 124/2015, che ne ha reso più esplicito il principio, ha autorizzato le pubbliche amministrazioni a qualificare nei propri concorsi la conoscenza dell'informatica (come pure quella della lingua straniera) indifferentemente come elemento di valutazione al pari delle altre materie di esame ovvero come requisito di partecipazione alla procedura concorsuale; ove l'amministrazione abbia optato per la seconda soluzione, la previsione di esclusione del candidato dalla procedura selettiva è di fatto implicita (essendone in pratica coessenziale) nella qualificazione della conoscenza dell'informatica quale requisito di ammissione alla procedura stessa, il cui accertamento non dà luogo a punteggio ma a giudizio di idoneità; ciò equivale a dire che chi non è giudicato idoneo, per mancanza di questa conoscenza, per ciò solo deve essere escluso dalla procedura di selezione».
È questo il principio espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3975/2020, con la quale ha affrontato il caso di una candidata a un concorso pubblico per esami, indetto da un Comune, esclusa per aver riportato il giudizio di inidoneità nella conoscenza delle più diffuse applicazioni informatiche.