I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Principio di concorrenza negli appalti tra affidamenti sotto soglia e libertà di iniziativa imprenditoriale

di Giovanni F. Nicodemo

Il principio di rotazione è derogabile se la P.A. motiva l'invito al gestore uscente oppure affida la gara con procedura aperta
Appalti - Principio di rotazione - Principio di concorrenza - Art. 36, comma 2, d.lgs. 50 del 2016 - Derogabilità – Invito al gestore uscente – Ammesso

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il principio di rotazione non è regola preclusiva (all'invito del gestore uscente e al conseguente suo rinnovato affidamento del servizio) senza eccezione, potendo l'amministrazione derogarvi fornendo adeguata, puntuale e rigorosa motivazione delle ragioni che l'hanno a ciò indotta (nel caso in cui decida per l'affidamento mediante le procedure di cui all'art. 36, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 marzo 2021, n. 2292; V 31 marzo 2020, n. 2182, con l'ulteriore precisazione della necessità di far riferimento nella motivazione, in particolare, al numero eventualmente circoscritto e non adeguato di operatori presenti sul mercato, al particolare e difficilmente replicabile grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto e alle specifiche caratteristiche del mercato di riferimento; in tal senso: Cons. Stato, Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854; id., Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2079; id., Sez. VI, 31 agosto 2017, n. 4125; si veda anche a tale riguardo la Delib. 26 ottobre 2016, n. 1097 dell'Autorità nazionale anticorruzione, linee guida n.4), e comunque, è principio che non opera per il caso in cui l'amministrazione decida l'affidamento del servizio a mezzo di procedura aperta in quanto la sua applicazione è limitata alle procedure negoziate (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2022, n. 1421; V, 22 febbraio 2021, n. 1515; III, 25 aprile 2020, n. 2654; V, 5 novembre 2019, n. 7539; nello stesso senso, cfr. anche le Linee Guida n. 4 dell'Anac, approvate con Delib. n. 1097 del 26 ottobre 2016, da ultimo aggiornate con Delib. n. 636 del 10 luglio 2019, spec. 3.6).
Consiglio di Stato, sez. V - sent. 4 aprile 2022 n. 2525

Obbligo di concorrenza per gli affidamenti delle concessioni demaniali marittime
Appalti – Affidamento di concessioni demaniali – Procedura ad evidenza pubblica – parità di trattamento – Principio di imparzialità e di trasparenza – Proroga automatica delle concessioni demaniali marittime - Esclusione

Il rilascio delle concessioni demaniali marittime implica l'espletamento di una procedura comparativa ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi di parità di trattamento, imparzialità e trasparenza. Le predette concessioni hanno come oggetto beni economicamente contendibili, limitati nel numero e nell'estensione, che, pertanto, possono essere dati in concessione ai privati a scopi imprenditoriali solo attraverso un confronto concorrenziale governato dai principi generali relativi ai contratti pubblici… inoltre le norme italiane che prorogano in modo automatico le concessioni demaniali marittime sono in contrasto con il diritto europeo e, pertanto, vanno disapplicate” (Consiglio di Stato del 9 novembre 2021, sentenze nn. 17 e 18).
Si consideri, ancora, che recentemente la giurisprudenza è giunta ad un livello massimo di apertura, rilevando che “l'obbligo di espletare una procedura concorsuale sussiste anche nei casi in cui non siano state formulate preventivamente istanze per il conseguimento del bene della P.A., atteso che l'interesse alla utilità economica del rapporto concessorio potrebbe manifestarsi solo in seguito all'avvio di una procedura di evidenza pubblica” (ex multis, C.G.A. sentenza n. 302/09 del 27 aprile 2009).
Tar Campania – Salerno, sez. III – sent. 11 aprile 2022, n. 913

Sindacato del G.A. sull'offerta e libertà di auto-organizzazione imprenditoriale: prevale il principio del buon andamento
Appalti – Offerta tecnica ed economica del concorrente – Procedura ad evidenza pubblica – Sindacato del GA sull'offerta di gara – Principio di buon andamento – diritti sociali costituzionalmente tutelati - Esclusione - Libertà di iniziativa economica dell'imprenditore – Contemperamento di interessi

La delicata dialettica tra il potere della stazione appaltante di sindacare l'offerta tecnica ed economica del concorrente e, dall'altro lato, la libertà di auto-organizzazione imprenditoriale dell'impresa in gara, sottintende un'operazione di complesso bilanciamento tra due polarità costituzionali potenzialmente contrapposte, da un lato i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e tutela del lavoro (artt. 97, 4, 35 e 36 Cost.) e dall'altro lato la libertà di iniziativa economica dell'imprenditore (art. 41 Cost.).
L'elaborazione giurisprudenziale testimonia la presenza di numerosi filoni di controversie il cui tratto distintivo consiste proprio nella ricerca di un delicato punto di equilibrio tra gli opposti interessi in gioco.
In tale contesto devono essere inquadrati, infatti, i consolidati orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi sul potere della stazione appaltante di sindacare: (a) l'applicazione della clausola sociale inserita nel bando di gara (cfr. ex multis Consiglio di Stato 10 giugno 2019 n. 3885); (b) la scelta imprenditoriale di adottare uno specifico contratto collettivo piuttosto che un altro (cfr. ex multis Consiglio di Stato 13 ottobre 2015 n. 4699); (c) la scelta imprenditoriale di adottare contratti di lavoro a causa mista lavoro/formazione (cfr. ex multis Consiglio di Stato 18 gennaio 2016 n. 143); (d) la correttezza dell'inquadramento professionale della forza lavoro assunta con contratti di lavoro dipendente (cfr. ex multis Consiglio di Stato 15 novembre 2021 n. 7596); (e) gli scostamenti del costo del lavoro rispetto ai parametri medi delle tabelle ministeriali; (f) la correttezza della qualificazione autonoma o libero-professionale dei rapporti di lavoro dichiarati dal singolo concorrente (cfr. Consiglio di Stato 25 marzo 2019 n. 1979, TAR Puglia-Lecce 2 novembre 2021 n. 1584, TAR Sardegna 5 febbraio 2019 n. 94, TAR Lazio, Sezione Terza, 25 febbraio 2015 n. 3294).
Il fil rouge che unisce questi orientamenti può essere sinteticamente compendiato nell'assoluta centralità della libertà di iniziativa economica dell'imprenditore (intesa soprattutto nella sua accezione euro-unitaria di libertà di concorrenza), nel senso cioè che la stazione appaltante non può mai imporre al concorrente un particolare modello di organizzazione del lavoro, quale che sia il modo con cui tale imposizione viene esercitata (ad esempio attraverso la prescrizione di un particolare tipo di contratto di lavoro o di CCNL o di livello inquadramentale).
Come ogni diritto di rango costituzionale, tuttavia, anche quello sin qui tratteggiato incontra un limite estremo ed invalicabile, e cioè l'esigenza di evitare che esso sconfini abusivamente nella lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e nel pregiudizio dei diritti sociali costituzionalmente tutelati (artt. 4, 35 e 36 Cost.).
Tali opposti principi costituzionali prevalgono infatti sulla libertà di auto-organizzazione imprenditoriale (legittimando quindi un sindacato della stazione appaltante sull'organizzazione del lavoro del concorrente) ogniqualvolta le concrete modalità di svolgimento del servizio oggetto di affidamento pubblico, così come analiticamente declinate nella lex specialis di gara, appaiono ictu oculi inconciliabili con la specifica matrice organizzativa impressa dal singolo concorrente alla propria forza lavoro.
Ciò senza dimenticare che la scelta imprenditoriale di adottare un particolare tipo di contratto di lavoro (oggettivamente inconciliabile con la lex specialis) può talvolta consentire al singolo concorrente di eludere i maggiori costi retributivi, contributivi e fiscali che sono invece sottesi al diverso modello contrattuale reso necessario dalle specifiche tecniche di gara, così realizzando non soltanto un pregiudizio all'interesse pubblico della stazione appaltante, ma anche una forma di “dumping” ad un tempo lesiva del leale gioco concorrenziale e dei diritti sociali.
Tar Lazio - Roma, sez. II - Sent. 21 aprile 2022 n. 4840
È clausola escludente la base d'asta insufficiente a consentire l'offerta remunerativa
Appalti – Principio di concorrenza - Clausole immediatamente escludenti – Base d'asta insufficiente – Remunerazione del capitale – Onere probatorio – L'oggettiva e generalizzata impossibilità di una partecipazione remunerativa

In forza dell'autorevole pronunciamento dell'Adunanza Plenaria, 26 aprile 2018, n. 4, sono da considerare “clausole immediatamente escludenti” solo quelle che con assoluta e oggettiva certezza incidono direttamente sull'interesse delle imprese in quanto precludono, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, un'utile partecipazione alla gara a un operatore economico.
Sulla base di questa premessa, la Sezione ritiene di dare seguito alla giurisprudenza che considera immediatamente escludente la legge di una gara di appalto che preveda una base d'asta insufficiente alla copertura dei costi o alla remunerazione del capitale impegnato per l'esecuzione della commessa ovvero che escluda un sia pur minimo margine di utile ed, a maggior ragione, che comporti l'esecuzione in perdita (Cons. Stato, III, 21 febbraio 2019, n. 513; id., III, 26 febbraio 2019, n. 1331; id., V, 25 novembre 2019, n. 8033, e da ultimo Cons. Stato, III, Sez. V, 8 gennaio 2021, n. 284).
L'onere probatorio ovviamente muta ai fini del merito del giudizio, poiché l'illegittimità della legge di gara sussiste sole se l'impossibilità, che il ricorrente deduce sotto il profilo soggettivo, è comune a qualsiasi delle imprese operanti nel settore. La prova da fornire in tal caso concerne, dunque l'oggettiva e generalizzata impossibilità di una partecipazione remunerativa, qualunque sia il modello organizzativo adottato.
Consiglio di Stato, sez. III - sent. 26 aprile 2022 n. 3191

La commissione di gara può emendare l'errore c.d. ostativo dell'offerta se sia riconoscibile senza complesse indagini
Appalti – Principio di concorrenza – Principio di par condicio – Base errore c.d. ostativo– Emendabilità dell'errore – Riconoscimento dell'errore – Ammissione

La questione posta dal presente giudizio consiste, pertanto, nella individuazione delle condizioni in presenza delle quali l'operatore economico concorrente può (richiedere alla stazione appaltante di) emendare l'errore materiale contenuto nell'offerta tecnica presentata in una procedura di gara per l'affidamento di un contratto pubblico.
Si tratta di questione affrontata in più occasioni in giurisprudenza che ha ammesso la possibilità di emendare l'errore c.d. ostativo, vale a dire commesso nella formulazione della dichiarazione contenuta nell'offerta, a condizione che sia riconoscibile dalla stazione appaltante cui l'atto era diretto (nella sentenza di questa Sezione, 20 giugno 2019, n. 4198 ne sono esposte le ragioni: “la domanda di partecipazione ad una procedura di gara, cui si accompagna l'offerta dell'operatore economico, costituisce un atto unilaterale recettizio, che contiene la proposta contrattuale, in quanto l'operatore dichiara la propria volontà di stipulare il contratto con la pubblica amministrazione e, dunque, la disponibilità ad accettare le condizioni previste dal bando per la realizzazione dell'opera, del servizio o della fornitura, ma ha contenuto più ampio poiché l'operatore dichiara anche il possesso dei requisiti di partecipazione richiesti dalla procedura di gara (…). Ai sensi dell'art. 1324 cod. civ. sono applicabili agli atti unilaterali a contenuto patrimoniale, salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti, in quanto compatibili; tra queste indubbiamente sono applicabili gli artt. 1427 e ss. cod. civ. che disciplinano l'annullabilità del contratto per errore (…). L'art. 1428 cod. civ., in particolare, prevede che l'errore è causa di annullamento del contratto, se “essenziale” e “riconoscibile dall'altro contraente”. Per il caso di atto unilaterale recettizio l'errore deve essere riconoscibile dal soggetto cui l'atto è diretto”).
Si è poi specificato che l'errore è riconoscibile dalla stazione appaltante se ravvisabile ictu oculi dal contesto stesso dell'atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive (in tal senso, cfr. Cons. Stato, sez. III, 21 marzo 2022, n. 2003; V, 24 agosto 2021, n. 6025; V, 2 agosto 2021, n. 5638; V, 26 gennaio 2021, n. 796; III, 9 dicembre 2020, n. 7758; V, 9 dicembre 2020, n. 7752; III, 20 marzo 2020, n. 1998; V, 11 gennaio 2018, n. 113; VI, 2 marzo 2017, n. 978).
Consiglio di Stato, sez. V - Sent. 28 aprile 2022 n. 3378

Accesso agli atti di gara: l'interesse deve essere diretto, concreto ed attuale
Appalti – Accesso agli atti – Atti di gara – Accesso agli atti di gara – Emendabilità dell'errore – Riconoscimento dell'errore - Ammissione – Accesso difensivo – Dati coperti da riservatezza - art. 24, comma 7, della L. n. 241 del 1990 – Art. 116 c.p.a. - art. 53, comma 6, d.lgs. 50/2016 – Interesse diretto, concreto e attuale

Anche l'accesso documentale agli atti della procedura di gara va inquadrato nel generale istituto dell'accesso amministrativo, che trova la propria causa legittimante in un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso ex art. 22 comma 1 lett. b) l. 241/90, interesse questo senza dubbio sussistente in capo ad un partecipante ad una procedura ad evidenza pubblica rispetto agli atti della procedura medesima.
Consiglio di Stato, sez. V - sent. 29 aprile 2022 n. 3392