I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Rifiuti, legittima la tariffa basata sugli svuotamenti

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di Stefano Baldoni (*) – Rubrica a cura di Anutel

La commisurazione della quota variabile del prelievo destinato a finanziare il servizio rifiuti effettuata sulla base del numero di svuotamenti del contenitore per la raccolta indifferenziata è perfettamente legittimo e rispondente ai criteri normativi interni e unionali.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17789 del 27/06/2024, ha confermato la piena legittimità del criterio basato sul conteggio del numero di svuotamenti dei rifiuti.

Diversi regolamenti comunali di disciplina sia della tariffa corrispettiva (e della vecchia Tia), sia delle tari puntuale, prevedono la determinazione della quota variabile del prelievo dovuta dall’utente sulla base del numero degli svuotamenti del contenitore per i rifiuti indifferenziati, in applicazione del principio del cosiddetto “vuoto per pieno”. Tale criterio consiste nel commisurare la parte variabile al quantitativo di rifiuti prodotti determinati convertendo il volume del contenitore in peso, dando per scontato che a ogni svuotamento lo stesso sia pieno di rifiuti.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che questo criterio sia rispondente al diritto vigente. Sia quello interno, sulla scorta di quanto previsto dal Dpr 158/1999, il decreto che disciplina il metodo normalizzato, nonché dell’articolo 49 del Dlgs 22/1997, norma che introdusse la tariffa per la gestione dei rifiuti (Tia). Le norme prevedono la possibilità per i Comuni di attribuire la parte variabile del prelievo all’utente sulla base della misurazione della quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze, ricorrendo a un sistema presuntivo laddove gli enti non siano ancora organizzati per la misurazione puntuale.

E sia alla disciplina unionale, poiché l’articolo 15, lettera a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che disponga la riscossione, per il finanziamento di un servizio di gestione e smaltimento dei rifiuti urbani, di una tassa calcolata sulla base di una stima del volume di rifiuti generato dagli utenti di questo servizio e non del quantitativo di rifiuti da essi effettivamente prodotto e conferito. Un criterio non perfettamente puntuale, pur sempre di ragionevole approssimazione, non viola di per sé il principio del “chi inquina paga”, salvo che esso comporti, nel caso concreto, un costo per l’utenza spropositato rispetto ai volumi ed alla natura dei rifiuti conferiti.

Un sistema basato sul conteggio degli svuotamenti risponde al criterio legale di determinazione della quantità di rifiuti effettivamente conferiti anche di più di quello basato sul rapporto tra superficie e kg, permettendo di determinare, sempre nell’ambito del metodo normalizzato, una tariffa più puntuale di quella presuntiva.

Peraltro, ha evidenziato la Corte come sul piano pratico l’utente potrebbe incidere direttamente sul numero degli svuotamenti e, quindi, sull’importo della quota variabile, esponendo il contenitore soltanto quando questo è colmo, in modo che sia sfruttata al massimo la volumetria disponibile.

Il criterio dello svuotamento non si discosta quindi dal parametro legale del conferimento effettivo, specie in un contesto operativo dove spesso la misurazione dei rifiuti risulta ancora oggi impraticabile per limiti tecnologici o di eccessività del costo.

Non va inoltre dimenticato che il Dm 20/04/2017, nel definire i criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di sistemi di misurazione/tariffazione puntuale commisurata al servizio reso, ai sensi dell’articolo 1, comma 667, della legge 14/7/2013, di disciplina della tariffa corrispettiva, prevede tra i sistemi ammessi proprio quello della registrazione del numero dei conferimenti, ammettendo per misurare i rifiuti conferiti sia criteri di peso che volumetrici.

(*) Vicepresidente Anutel

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