Somministrazione di lavoro, concorsi, mansioni dirigenziali «di fatto» e polizia locale
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Le regole della somministrazione di lavoro a tempo determinato
In tutte le versioni dell'articolo 36 del Dlgs 165/2001, il ricorso al contratto a termine e, più in generale, ai contratti di lavoro flessibile – nella fattispecie la somministrazione di lavoro – è consentito solo a fronte di comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale, nel senso che non possono riferirsi ad un fabbisogno ordinario. Lo ha affermato la Corte di cassazione, sezione Lavoro, nella sentenza 4 settembre 2023 n. 25673 approfondendo che, se è vero che dal disposto normativo del Dlgs 81/2015 non si può ricavare un limite di tempo, in quanto non fissato dalla legge, di certo va valorizzato il fatto che con l'introduzione delle variegate forme flessibili di lavoro nelle pubbliche amministrazioni il legislatore ha sempre previsto la necessità di esigenze temporanee; così ha fatto sia con l'articolo 36, sia con gli articoli. 20 e 21 del previgente Dlgs 276/2003. Quindi, la somministrazione a tempo determinato è legittima anche nell'ambito della pubblica amministrazione, quando non sia tale da eludere la natura temporanea del lavoro tramite agenzia. La destinazione dei lavoratori somministrati all'attività ordinaria del datore di lavoro (consentita) è cosa ben diversa dall'utilizzazione di quei lavoratori per esigenze di lavoro ordinarie e – non temporanee, ma – continuative.
Non sempre è necessario il rispetto del principio dell'anonimato nella prova pratica di concorso
Nella sentenza n. 12565/2023, il Tar Lazio-Roma, sezione III-stralcio, ha ritenuto che nella redazione della prova pratica che consista (ad esempio) in un elaborato dove il candidato debba illustrare il personale processo ideativo ed esecutivo e le motivazioni delle scelte fatte (in relazione al tema, ai materiali, ed ai mezzi operativi usati, in funzione della finalità), oltre ad una relazione introduttiva, è possibile richiederne la sottoscrizione. In questo caso, il principio dell'anonimato – benché rispondente ad un'astratta «illegittimità da pericolo» – non può restare avulso dalle finalità cui lo stesso è preordinato (tutela dell'imparzialità del giudizio e della par condicio dei concorrenti) e, dunque, dalla concreta fattibilità di interventi manipolativi dei risultati.
Mansioni dirigenziali «di fatto» e richiesta di un maggior trattamento economico
In tema di impiego pubblico contrattualizzato, l'espletamento di fatto di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario, ai fini del riconoscimento del corrispondente trattamento economico, presuppone in ogni caso l'esistenza del corrispondente posto nella pianta organica dell'ufficio. Pertanto, va ribadito che un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un'espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macro-organizzazione adottati dalla pubblica amministrazione, in quanto alla stessa è stato riservato dal legislatore (con il Dlgs 165/2001, che, quanto agli enti territoriali, rinvia al Dlgs 267/2000) il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, individuando quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, provvedendo altresì alla individuazione delle piante organiche. Ne consegue che, dove manchi l'istituzione dell'ufficio dirigenziale, il giudice non può sostituirsi all'amministrazione e valutare la sostanza delle attribuzioni, per qualificare di natura dirigenziale l'attività svolta dal soggetto preposto alla direzione dell'ufficio che viene in rilievo. Sono le conclusioni della Corte di cassazione, sezione lavoro, contenute nell'ordinanza 26 luglio 2023, n. 22579.
Costituisce illecito effettuare indagini di polizia locale senza informarne l'Autorità
L'Agente di polizia locale che sulla base di «voci di piazza» secondo le quali il sindaco e un collega avrebbero utilizzato l'auto di servizio per fini non istituzionali, svolga, di propria iniziativa, attività di indagine di polizia giudiziaria, senza informarne né l'Autorità giudiziaria né il Comandante, non può sostenere di aver adempiuto ad un dovere d'ufficio (quale agente di polizia giudiziaria) in una situazione di necessità ed urgenza probatoria. Di conseguenza, come confermato dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 18 agosto 2023 n. 24813, siffatto comportamento risulta disciplinarmente illecito, consistendo in una falsa (dis)applicazione delle norme di diritto che impongono agli agenti di polizia giudiziaria l'adempimento delle loro funzioni nell'ambito del procedimento penale. Da ciò la legittimità della sanzione disciplinare che, nel caso oggetto di giudizio, è consistita nel licenziamento con preavviso, sostenuto da adeguato giudizio di congruità anche rispetto alle disposizioni contrattuali.