Spese di giudizio a favore del legale della parte vittoriosa, compenso Ctu, fatturazione, ritenuta d’acconto e rivalsa dell’Iva
Al fine di analizzare gli aspetti fiscali in questione è necessario, innanzitutto, ricordare che, indipendentemente dal soggetto che effettua il pagamento, la prestazione professionale è sempre resa nei confronti del cliente, in base al principio basilare sancito dall’articolo 18 del Dpr n. 633/1972. In base a tale principio, nel caso in cui l’Ente sia risultato soccombente in giudizio e il giudice abbia disposto il pagamento delle spese legali in capo a quest’ultimo, l’avvocato dovrà fatturare esclusivamente al proprio cliente, il quale lo pagherà con il denaro “messo a disposizione” dalla parte soccombente. Ciò significa che non può essere emessa fattura nei confronti dell’Ente in quanto manca la fattispecie di prestazione: il titolo di pagamento è rappresentato dalla sentenza e non già dal documento fiscale, come ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 387/2020, richiamando la circolare del ministero dell’Economia e delle Finanze n. 203/1994.
Insieme alla normativa fiscale è necessario analizzare anche le disposizioni del codice di procedura civile, il quale, in merito al pagamento delle spese legali, prevede due casistiche. L’una definita dall’articolo 91 e concerne il rimborso delle spese legali da parte del soccombente al vittorioso; l’altra, dall’articolo 93 riferita al pagamento diretto da parte del soccombente al legale del vittorioso attraverso la distrazione delle spese.
A sua volta, l’articolo 91 del codice di procedura civile esplica effetti diversi in relazione alla soggettività passiva ai fini Iva, nonché alla possibilità della parte vittoriosa di detrarsi o meno l’imposta sul valore aggiunto. In particolare, nel caso in cui la parte vittoriosa sia soggetto titolare di partita iva e possa detrarsi l’Iva, quest’ultima rimane a suo carico in quanto, essendo applicata dal suo avvocato in fattura, genererà un credito nei confronti dello Stato. In conseguenza di ciò, l’Ente corrisponderà l’importo totale al netto dell’Iva. Al contrario, nel caso in cui la parte vittoriosa non si detragga l’Iva e quindi sia un soggetto privato o titolare di partita iva (ad esempio in regime forfettario). L’Iva diventa un costo ed in quanto tale verrà rimborsato dalla parte soccombente.
Nel caso di pagamento diretto al legale della parte vittoriosa (articolo 93 del codice di procedura civile) valgono le stesse regole indicate nel caso di applicazione dell’articolo 91 del codice di procedura civile con la peculiarità che l’avvocato andrà ad annotare nella fattura, emessa sempre nei confronti della parte vittoriosa, l’avvenuto pagamento da parte soccombente.
Sulla base di quanto sopra, la verifica in merito alla soggettività iva della parte vittoriosa risulta necessaria e opportuna al fine dell’individuazione puntuale della somma da corrispondere e, quindi, da determinare in sede di riconoscimento del debito fuori bilancio.
La questione dell’Iva è stata anche affrontata dalla Cassazione nell’ordinanza n. 2818 del 30.01.2024. La Suprema Corte, nel ribadire i concetti poc’anzi esposti, ha chiarito che incombe al soccombente dimostrare che la parte vittoriosa rientra tra i soggetti che si detraggono l’iva e, quindi, non deve sostenere il costo dell’imposta in questione. Pertanto, è opportuno che l’ente, ai fini dell’individuazione puntuale dell’importo da corrispondere e, quindi, da indicare in sede di riconoscimento del debito fuori bilancio, acquisisca un’apposita dichiarazione della parte vittoriosa.
Ulteriori aspetti fiscali riguardano l’obbligo della ritenuta d’acconto ai fini Irpef e il conseguente rilascio della certificazione unica. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 189/2023 ha chiarito che, laddove la parte soccombente provveda al pagamento delle spese di lite nei confronti dell’avvocato difensore della controparte vittoria, trattandosi di pubblica amministrazione obbligata all’applicazione delle ritenute (articolo 29, comma 5 del Dpr n. 600/1973), è tenuta ad assumere la veste di sostituto d’imposta, sia nel caso di avvocato antistatario che munito di delega all’incasso. Da ciò scaturisce l’obbligo per l’ente di operare le ritenute d’acconto sulle somme erogate al professionista e certificare i compensi, nonché le ritenute stesse, mediante emissione, rispettivamente, della certificazione unica e presentazione della dichiarazione fiscale modello 770. Va da sé che nel caso in cui il professionista sia in regime forfettario non vi è obbligo di ritenuta d’acconto ma solo quello dell’emissione della certificazione unica.
Infine, un ulteriore approfondimento meritano le prestazioni rese dal Ctu. La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E del 2018 ha chiarito che titolare del rapporto di debito è la parte esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, obbligata al pagamento delle prestazioni rese dal professionista a favore dell’amministrazione della giustizia, soggetto committente ma non esecutore materiale del pagamento.
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