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Stipendi 2023, ecco tutte le cifre dell'aumento straordinario

L’emolumento straordinario vale un miliardo più ulteriori 800 milioni decentrati

di Gianni Trovati

Per i capi dipartimento, i segretari generali e i dirigenti di prima fascia l’una tantum assicurata dalla legge di bilancio sugli stipendi del 2023 vale il triplo di quella riconosciuta ai dipendenti con le qualifiche più basse. Chi occupa i gradini di vertice della gerarchia amministrativa riceverà 66,8 euro al mese per 13 mensilità, mentre il personale che si trova alla base si dovrà accontentare di 23,17. Su base annua, significa che per i primi la norma introdotta nell’ultima manovra vale 868,4 euro, per i secondi 301,21 euro.

I numeri sono stati diffusi ieri dalla Ragioneria generale dello Stato, che ha quantificato il nuovo “emolumento straordinario” per ogni qualifica in tutte le ramificazioni della Pubblica amministrazione centrale. Il suo tratto regressivo era evidente già dalla costruzione della norma, che invece di avviare lo stanziamento per il rinnovo contrattuale ha istituito appunto un’una tantum pari all’1,5% dello stipendio. Più alto è lo stipendio, quindi, maggiore è l’una tantum.

Lo stesso impianto determina lo scalone che separa dirigenti e dipendenti. Finché si rimane all’interno delle qualifiche non dirigenziali, cioè per l’amplissima maggioranza dei dipendenti pubblici, le variazioni da scalino a scalino sono minime: e partendo dai 23,17 euro riconosciuti al più basso si rimane sotto i 35 euro al mese fino alla fascia 3 della Terza Area, cioè 11 gradini sopra la base. Gli importi viaggiano poco sopra i 40 euro per ispettori generali e direttori di divisione, i funzionari appena sotto i dirigenti, e crescono appunto per le fasce dirigenziali. Dove i trattamenti economici complessivi sono molto più alti del triplo rispetto ai dipendenti di base, ma sono alimentati anche da voci accessorie che non entrano nella base di calcolo dell’una tantum.

L’aumento, che non è pensato come argine anti-inflazione perché offre cifre inferiori a chi è più colpito dal carovita ma è piuttosto un (problematico) sostitutivo di un incremento contrattuale che avrebbe chiesto molti più fondi, costa un miliardo per la Pa centrale. Ma va replicato, con una spesa aggiuntiva intorno agli 800 milioni, negli enti locali e nella sanità con lo stesso parallelismo che caratterizza i rinnovi dei contratti nazionali.