I temi di NT+L'ufficio del personale

Tempo determinato, discriminazione di genere, segreterie convenzionate e contratti a termine

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di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.

Limite dei 36 mesi per il tempo determinato

In materia di abuso nel ricorso al lavoro a termine ovvero di superamento della durata massima di 36 mesi non rileva l’assunzione sulla base di distinte selezioni per calcolare il predetto limite (articolo 5, comma 4-bis, del Dlgs 368/2001). In continuità con la precedente sentenza della sezione lavoro 4 marzo 2021, n. 6089, in caso di successione di contratti a tempo determinato, trova applicazione il limite di trentasei mesi di durata complessiva, decorso il quale la reiterazione è da considerarsi abusiva, a nulla rilevando che l’assunzione a termine sia avvenuta, di volta in volta, all’esito di distinti concorsi pubblici. È quanto deciso dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza 18 aprile 2024, n. 10571.

Progressioni verticali, part-time e possibile discriminazione di genere

Il Tar Lombardia-Milano, sezione III, con la sentenza del 30 aprile 2024, n. 1314, ha ritenuto che la previsione della valutazione dei titoli di servizio in modo riproporzionato per il regime a tempo parziale, pur in sé legittima (corrispondente al criterio generale di riproporzionamento degli istituti economici e giuridici) e, di norma, neutra, può, di fatto, risultare discriminatoria e, quindi, in violazione delle norme sulla parità di genere (Dlgs 198/2006). Si può, infatti, verificare una discriminazione indiretta riscontrando, in primo luogo, i risvolti effettivi della clausola del bando sui partecipanti alla selezione. Quando i dati rilevino un’elevata percentuale di partecipazione di concorrenti di sesso femminile la predetta previsione produce un effetto di svantaggio molto più rilevante nei confronti delle stesse, rispetto a quello che genera nei confronti dei lavoratori uomini.

Segreterie convenzionate e vicesegretario

Per i Comuni convenzionati che si avvalgono di un unico segretario comunale titolare della convenzione, laddove la convenzione non preveda la figura del vicesegretario nell’ambito della segreteria convenzionata, non è possibile avvalersi di questa figura. Né tantomeno il singolo Comune convenzionato può avvalersi di un vicesegretario utilizzando, a tal fine, un proprio dipendente incardinato nella struttura amministrativa, non essendo lo stesso incardinato nell’ambito della convenzione del servizio di segreteria, in difetto di una tale previsione nella convenzione stipulata. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato, sezione III, nella sentenza 17 aprile 2024, n. 3480 che ha altresì affermato che, correttamente, l’agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari aveva segnalato che, in vigenza di una convenzione tra più Comuni, è a questa che ci deve riferire anche riguardo allo svolgimento della funzione vicaria su una singola sede, non essendo ammissibile che presso un Comune operi un soggetto non validamente incardinato nella sede convenzionale, in mancanza di un convenzionamento espressamente previsto nell’atto costitutivo dell’ufficio di vicesegretario. Inoltre, le funzioni di vicesegretario non possono essere esercitate da un funzionario apicale dell’ente non in possesso del titolo di studio richiesto per ricoprire l’incarico di segretario comunale ovvero il diploma di laurea in giurisprudenza, economia e commercio o scienze politiche.

Il pensionamento del personale non basta a giustificare l’uso di contratti a termine

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza 17 aprile 2024, n. 10407 ha concluso che non integra il presupposto previsto dall’articolo 36 del Dlgs 165/2001 che legittima l’assunzione di dipendenti a tempo determinato soltanto «per esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale» il pensionamento di personale a tempo indeterminato (espressamente riferibili al fabbisogno ordinario). Nemmeno l’impedimento derivante da un blocco normativo delle assunzioni legittima l’uso di contratti a termine, in quanto verrebbe così a rappresentare lo strumento per ovviare alla disciplina vincolistica normativamente imposta, frustrando, peraltro, la sottesa ratio di contenimento della spesa pubblica.