Titoli di servizio, Lsu-Lpu, commisione di concorso e progressione economica
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Titoli di servizio nelle selezioni per assunzioni a tempo determinato
Il Tar Lazio-Roma, sezione II, nella sentenza 3 maggio 2024, n. 8829 ha preso in esame una selezione per assunzioni a tempo determinato per supplenze negli asili nido indetta da Roma Capitale, nella quale una candidata ha impugnato gli atti della procedura relativi al punteggio assegnatole per titoli di servizio non avendo l’amministrazione considerato i giorni in cui la stessa si trovava in maternità. La dipendente ha lamentato la mancata applicazione, della disciplina prevista dall’articolo, 22, comma 3, del Dlgs 151/2001, secondo cui «i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie».
Il tribunale, però, ha rigettato il ricorso, in quanto:
- la ricorrente non si trovava in servizio alla data di inizio della maternità;
- se, diversamente, fosse stata in servizio avrebbe avuto diritto ad essere considerata, ex lege, in servizio per l’intero periodo di maternità dichiarato nella domanda di partecipazione, con la conseguente fondatezza della pretesa azionata;
- pertanto, l’assenza del rapporto di lavoro all’inizio della maternità fa sì che il periodo non possa essere considerato ai fini dell’anzianità;
- neppure si può giungere a diversa conclusione per il fatto che, correttamente, alla ricorrente sia stata riconosciuta, durante il periodo in questione, l’indennità di maternità, che l’articolo 24, comma 2, del Dlgs 151/2001 attribuisce anche nell’ipotesi in cui dalla data di cessazione del rapporto di lavoro alla maternità sia decorso un termine non superiore a sessanta giorni.
Lavoratori socialmente utili e lavoratori di pubblica utilità utilizzati in modo difforme dal progetto
Il soggetto formalmente impiegato in Lsu-Lpu, ma di fatto adibito a mansioni estranee al progetto e inserito nella stabile organizzazione dell’ente, pur non instaurandosi un rapporto di lavoro subordinato, ha diritto alle differenze retributive tra quanto percepito e il trattamento economico del personale dipendente, ai sensi dell’articolo 2126 del codice civile.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza 30 aprile 2024, n. 11628, nella quale è stato altresì sottolineato che anche in queste fattispecie la prescrizione dei crediti retributivi decorre dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che maturano alla cessazione, a partire da questa data.
Incompatibilità e conflitto di interessi per i componenti delle commissioni di concorso
Il Presidente dell’Anac\, con proprio provvedimento del 23 aprile 2024, , ha riepilogato la giurisprudenza in materia di incompatibilità, prevista dall’articolo 51 del codice di procedura civile, a far parte delle commissioni di concorso/selezione.
Lo stesso dicasi per le situazioni di conflitto di interessi fra commissario e candidato/i.
Da ultimo, tenuto conto che l’amministrazione deve verificare le autodichiarazioni di insussistenza di cause ostative alla nomina quale componente di commissione di concorso, da rilasciare dai commissari ai sensi degli articoli 46 e 47 del Dpr 445/2000, ha ritenuto opportuno che l’amministrazione integri i modelli anche con l’indicazione della tipologia di eventuali rapporti professionali e di collaborazione a qualsiasi titolo intercorsi o in essere con i candidati.
Ciò consentirebbe all’amministrazione di effettuare un più stringente controllo, alla luce delle ipotesi di applicazione concreta delle disposizioni in materia di conflitti di interesse.
Progressione economica, anzianità di servizio e personale somministrato
È stato riconosciuto il diritto di una lavoratrice, impiegata ininterrottamente dal 2002 al 2009, prima assunta a tempo determinato e, successivamente, utilizzata dalla pubblica amministrazione con contratto di somministrazione (reiterato e illegittimo) a concorrere alla progressione economica, applicando i principi di legge (statale e comunitaria) che vietano la discriminazione rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato. È quanto si rinviene nell’ordinanza 17 aprile 2024, n. 10399 della Corte di cassazione, sezione lavoro.