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Welfare integrativo, rebus limiti e applicabilità

Negli enti locali incontra i limiti imposti dal contratto collettivo all'utilizzo della quota variabile del fondo risorse decentrate

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di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

L'attivazione del welfare nelle amministrazioni locali incontra i limiti imposti dal contratto collettivo alle modalità di utilizzo della quota variabile del fondo risorse decentrate. Le somme che gli enti decidono di destinare agli istituti previsti dall'articolo 82, infatti, potranno ricevere un finanziamento specifico in fase di costituzione del fondo, ma il loro utilizzo dovrà essere contenuto al di sotto del 50 per cento della parte variabile disponibile del fondo stesso.

Il contratto del 16 novembre 2022, com'è noto, ha innovato la disciplina del welfare integrativo, prevedendo che le somme relative attingano al fondo per le risorse decentrate. Una novità di rilievo che comporta, come prima considerazione, la necessità di disporre di quote di fondo (siano esse di parte stabile o variabile) non altrimenti impegnate e perciò destinabili dalla contrattazione integrativa a quei fini.

Un'apertura di rilievo, dal punto di vista del finanziamento, è giunta con la deliberazione 61/2023 della Corte dei conti per la Liguria (Nt+ Enti locali & edilizia del 24 maggio), che, data la natura non retributiva del welfare, ha ritenuto che esso non sconti il limite al trattamento accessorio fissato dall'articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017. La posizione espressa dai giudici liguri, per ora l'unica registratasi sul punto, lascia quindi intravedere la possibilità per le amministrazioni di aggiungere somme alla parte variabile del fondo (ad esempio ex articolo 79, comma 2, lettera c) in deroga al limite, superando quella che in molti casi sarebbe un'oggettiva difficoltà di finanziamento del welfare a causa del tetto 2016 e della necessaria alternatività di quelle somme con altre voci di utilizzo. In attesa che tale posizione si rafforzi in giurisprudenza, va detto però che ciò non significa che non vi siano limiti all'impiego del fondo a quei fini.

Infatti, è innanzitutto il contratto collettivo a imporre, con l'articolo 80 comma 3, che la contrattazione integrativa destini la parte prevalente delle somme variabili disponibili, con eccezione di quelle che hanno una predestinazione d'uso (specifiche disposizioni di legge, compensi per messi e personale delle case da gioco) ad altre voci di utilizzo: alla performance, innanzitutto, e poi alle altre indennità elencate tra le lettere c) ed f) dell'articolo 80, comma 2. Ciò significa che (fatta salva la possibilità di attingere alla parte stabile) il welfare potrebbe essere finanziato utilizzando quote di parte variabile, anche inserite ad hoc ed eventualmente fuori limite 2016, ma che rispetto al totale della stessa parte variabile esso non potrà mai eccedere, in buona sostanza, il 49 per cento. Con un esempio banale, se la parte variabile disponibile del fondo annuale ammontasse a 10.000 euro, non oltre 4.900 euro circa potrebbero confluire in contrattazione integrativa a beneficio delle iniziative di welfare.

Un elemento di cui gli enti dovranno tenere conto a monte, nel costruire e alimentare il fondo, considerando anche che lo stesso comma 3 impone che almeno il 30 per cento della quota variabile anzidetta sia destinato specificamente alla performance individuale. Ancora con un esempio numerico, quindi, se la parte variabile stanziata fosse pari a 10.000 euro, l'ente dovrà garantire che almeno 3.000 di questi siano destinati a performance individuale e che almeno altri 2.100 euro siano destinati alle altre indennità elencate dal comma 3, per la performance organizzativa e altri istituti importanti e ricorrenti: turno, reperibilità, condizioni lavoro, specifiche responsabilità, nonché quelle specificamente indirizzate alla Polizia Locale. Una «gabbia finanziaria» intorno al welfare, insomma, da costruire con conti attenti e che di fatto limita la sua possibile crescita nel fondo, limite o non limite 2016.

Va inoltre considerato che il contratto delimita gli istituti che il contratto integrativo potrà finanziare, e che la materia è connotata da una rilevante complessità dal punto di vista fiscale e contributivo. L'agenzia delle Entrate e l'Inps, nei loro interventi esplicativi anche recentissimi, hanno chiarito che solo parte degli istituti del welfare beneficiano di esenzioni o riduzioni in quegli ambiti. Gli enti sono chiamati, pertanto, a valutare con attenzione anche questo profilo.

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